Reati tributari: l’onere della prova processuale sui costi sostenuti dall’impresa costituenti elementi negativi del reddito della persona giuridica incombe sulla difesa dell’imputato.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza n. 230.2020, depositata l’08.01.2020, con la quale la Suprema Corte, scrutinando una ipotesi di omessa dichiarazione, ha fatto chiarezza sull’onere di allegazione del fatto e della prova relativa, allorché la difesa si trovi nella necessità di contestare l’ipotesi accusatoria connessa alla mancata presentazione delle dichiarazioni fiscali dovute per legge.

Dalla lettura della sentenza in commento si ricava che la Corte di Appello di Roma confermava integralmente la condanna inflitta all’imputato dal Tribunale di Velletri ritenendolo responsabile del reato di cui all’art. 5 d.Igs. n. 74/2000 per omessa presentazione, in qualità di legale rappresentante di una società di capitali, delle dichiarazioni dei redditi e sul valore aggiunto relative all’anno di imposta 2006 con un’evasione IRES di €576.166 ed IVA di € 349.192,00.

Contro la sentenza resa dalla Corte territoriale interponeva ricorso per cassazione la difesa del giudicabile articolando plurimi motivi di impugnazione, denunciando, tra l’altro, vizio di motivazione della sentenza gravata nella parte in cui aveva recepito la tesi accusatoria quanto all’ammontare delle imposte dirette ed indirette evase, ritenendolo superiore alla soglia di punibilità.

In particolare si contestava la ricostruzione operata dalla Polizia tributaria perché parziale ed inattendibile per aver preso in esame solo il volume di affari riscostruito partendo dall’elenco clienti e fornitori, senza considerare i costi sostenuti quali elementi negativi del reddito prodotto dall’impresa.

La Suprema Corte ha ritenuto l’impugnazione valida ad incardinare il rapporto processuale in sede di legittimità e, per l’effetto, ha dichiarato estinto il reato per intervenuta prescrizione.

Di seguito si riporta di seguito il passaggio estratto dal compendio motivazionale della sentenza in  commento che affronta il tema dell’onere di allegazione del fatto e della prova da assumere che grava sulla difesa quando viene contestata la ricostruzione della base imponibile Ires ed Iva non dichiarata:

“Ora è ben vero che alla ricostruzione del reddito dell’impresa nell’esercizio di competenza concorrono anche le spese e gli altri componenti negativi, ma questi devono essere certi o comunque determinabili in modo obiettivo (art. 109, comma 1, d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917), non potendo essere puramente e semplicemente presunti.

Sicché, ove a fronte dell’accertamento di ricavi non dichiarati l’imputato lamenti la mancata deduzione dei costi ad essi inerenti, deve provarne l’esistenza (artt. 187 e 190, cod. proc. pen.), o comunque allegare i dati dai quali l’esistenza di tali costi poteva essere desunta e dei quali il giudice non ha tenuto conto, non essendo legittimo, nemmeno in sede penale, presumere l’esistenza di costi deducibili in assenza quantomeno di allegazioni fattuali che rendano almeno legittimo il dubbio in ordine alla loro sussistenza (cfr., sul punto, Sez. 3, n. 37131 del 09/04/2013, Siracusa, Rv. 257678).

Di nessuna censura è perciò passibile la sentenza impugnata che, a fronte del silenzio serbato dall’imputato, ha quantificato l’imposta evasa contabilizzando i maggiori ricavi conseguiti senza detrarre i costi in ordine alla cui esistenza effettiva (o anche solo al ragionevole dubbio in ordine alla loro esistenza) manchino specifiche deduzioni o allegazioni”.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA