L’adesione della società al regime fiscale semplificato non mitiga la responsabilità per bancarotta fraudolenta documentale.
Si segnala ai lettori del blog la sentenza n.1556.2020, depositata il 16 gennaio 2020, resa dalla V Sezione penale della Corte Suprema di Cassazione, con la quale, il Collegio del diritto, confermando l’orientamento giurisprudenziale corrente, ha dato continuità al principio della ininfluenza dell’adozione del regime fiscale semplificato rispetto agli obblighi civilistici che incombono sull’impresa di tenuta dei libri contabili e della conseguente responsabilità penale che discende dalla omessa tenuta delle scritture in caso di fallimento.
Nel giudizio di merito la Corte di Appello di Milano aveva confermato la sentenza di condanna resa dal Tribunale in sede in ordine ai reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale ascritti all’imputato.
La difesa dell’imputato interponeva ricorso per cassazione contro la sentenza della Corte distrettuale articolando plurimi di motivi di impugnazione, impingenti, per quanto di interesse per il presente commento, anche la qualificazione giuridica della condotta del giudicabile ritenuto con la “doppia conforme” responsabile anche del delitto di bancarotta fraudolenta documentale.
Invero, secondo la tesi del ricorrente, il suddetto reato fallimentare doveva ritenersi insussistente in quanto la società di persone aveva optato per il regime fiscale semplificato ex art. 18 D.P.R. n.600/73 di talché nessuna dolosa omissione poteva essere ravvisata nella condotta dell’amministratore per le carenze documentali stigmatizzate dal curatore fallimentare.
La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso ad eccezione del capo di sentenza relativo alle pene accessorie per la cui rideterminazione la sentenza è stata rimessa alla Corte di merito.
Di seguito si riportano i passaggi estratti dal compendio motivazionale di maggiore interesse per gli operatori di diritto che si occupano della materia fallimentare:
“I ricorrenti postulano l’inconducenza delle rilevate carenze documentali per aver legittimamente optato per l’adozione di un sistema di contabilità semplificata, trascurando di confrontarsi con il principio di diritto, reiteratamente riaffermato dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui, in tema di reati fallimentari, il regime tributario di contabilità semplificata, previsto per le cosiddette imprese minori, non comporta l’esonero dall’obbligo di tenuta dei libri e delle scritture contabili previsto dall’art. 2214 cod. civ., con la conseguenza che il suo inadempimento può integrare – ove preordinato a rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio dell’imprenditore – la fattispecie incriminatrice del reato di bancarotta fraudolenta documentale (Sez. 5, n.52219 del 30/10/2014, Ragosa, Rv. 262198, N. 656 del 2014 Rv. 257958).
Si è, in tal senso, anche di recente, precisato come, in materia di scritture contabili, sia necessario innanzitutto considerare la normativa civilistica, espressione del valore attribuito alla regolare e corretta tenuta della contabilità e della rilevazione periodica della situazione patrimoniale dell’ente societario. Tali adempimenti, infatti, consentirebbero non soltanto un controllo ab interno per l’imprenditore, il quale può avere contezza dell’andamento della propria impresa, ma anche ab extemo a garanzia dei soggetti terzi che con l’impresa stessa entrano in contatto.
Diversa è, invece, la ratio fondante la fissazione di peculiari regimi in sede tributaria, dove gli obblighi contabili imposti sono, invece, principalmente finalizzati a consentire all’amministrazione finanziaria di esercitare le verifiche sulla corretta determinazione del reddito d’impresa, in stretta relazione con le modalità tipiche con cui l’evasione può essere realizzata.
Tale differenza funzionale tra le due normative comporta la non derogabilità o modificabilità delle disposizioni civilistiche, dati i fini esclusivamente tributari della normativa fiscale.
Qualora si ritenesse che il regime di contabilità semplificata ex art. 18 D.P.R. n. 600/73 consenta all’imprenditore di tenere le scritture contabili solo in relazione a quelle previste dal medesimo testo normativo, si ammetterebbe, implicitamente, un’abrogazione degli artt. 2214 e ssgg. Cod. civ, tesi questa che, per i motivi sopra sinteticamente esposti, non può trovare accoglimento.
È bene inoltre evidenziare come la stessa lettera dell’art. 18 faccia salvi “gli obblighi di tenuta delle scritture previste da disposizioni diverse dal presente decreto”, con inclusione nell’eccezione anche dell’art. 2214 cod. civ. (Sez. 3, n.24152 del 08/04/2019, Bitetti, Rv. 276273).
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