Va annullata la misura cautelare reale disposta per il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte in caso di intervenuto ‘sgravio’ Dell’imposta dovuta da parte dell’Amministrazione finanziaria.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza n. 2299/2020, resa dalla III Sezione penale della Corte di Cassazione, depositata il 22.01.2020, con la quale il Collegio del diritto si è espresso sulla legittimità della permanenza del vincolo ablatorio sul profitto del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte ex art. 11 D.lgs. 74/2000, laddove sia intervenuto un provvedimento di sgravio fiscale emesso dall’Amministrazione finanziaria a seguito dell’esito vittorioso dei giudizi incardinati davanti alla commissione tributaria.

Nel caso di specie la difesa del giudicabile aveva proposto ricorso per cassazione ex art. 325 c.p.p. contro l’ordinanza del Tribunale della Libertà di Napoli, con la quale era stata rigettata la richiesta di revoca del sequestro preventivo dei beni della società di l’imputato era legale rappresentante, malgrado l’allegata e documentata estinzione della pretesa tributaria da parte dell’Erario.

La suprema Corte ha accolto il ricorso annullando, per l’effetto, l’ordinanza impugnata.

Sul principio di diritto di interesse si segnala il seguente passaggio estratto dalla parte motiva della sentenza in commento:

<Il profitto, confiscabile anche per equivalente, del delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, va individuato nel valore dei beni idonei a fungere da garanzia nei confronti dell’Amministrazione finanziaria che agisce per il recupero delle somme evase, con la conseguenza che lo stesso non è configurabile, e non è quindi possibile disporre o mantenere il sequestro funzionale all’ablazione, in caso di annullamento della cartella esattoriale da parte della commissione tributaria, con sentenza anche non definitiva, e di correlato provvedimento di “sgravio” da parte dell’Amministrazione finanziaria>.

Normativa di riferimento:

Art. 11 D.lgs. 74/2000: Sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte

  1. E’ punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto ovvero di interessi o sanzioni amministrative relativi a dette imposte di ammontare complessivo superiore ad euro cinquantamila, aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti sui propri o su altrui beni idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva. Se l’ammontare delle imposte, sanzioni ed interessi è superiore ad euro duecentomila si applica la reclusione da un anno a sei anni.
  2. E’ punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, al fine di ottenere per se’ o per altri un pagamento parziale dei tributi e relativi accessori, indica nella documentazione presentata ai fini della procedura di transazione fiscale elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi fittizi per un ammontare complessivo superiore ad euro cinquantamila. Se l’ammontare di cui al periodo precedente è superiore ad euro duecentomila si applica la reclusione da un anno a sei anni.”. 

Art. 12 bis D.lgs. 74/2000: Confisca

  1. Nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale per uno dei delitti previsti dal presente decreto, è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo o profitto.
  2. La confisca non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all’erario anche in presenza di sequestro. Nel caso di mancato versamento la confisca è sempre disposta. 

Giurisprudenza di riferimento:

Cassazione penale sez. III, 23/10/2019, n.47837

La confisca diretta o di valore dei beni costituenti il profitto o il prodotto del reato non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all’erario anche in presenza di sequestro, quando viene assunto un impegno formale con le modalità previste per legge, permanendo, invece, per le parti residue.

Cassazione penale sez. III, 21/09/2016, n.19994

In tema di reati tributari, il profitto del reato oggetto del sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente è costituito dal risparmio economico derivante dalla sottrazione degli importi evasi alla loro destinazione fiscale, e rimane inalterato anche nella ipotesi di sospensione della esecutività dell’atto impugnato disposto dalla commissione tributaria, venendo meno solo a seguito dello sgravio da parte della Agenzia delle Entrate o dell’annullamento della pretesa fiscale con decisione, anche non definitiva, del giudice tributario. (Fattispecie di sequestro preventivo per equivalente finalizzato alla confisca del profitto del reato di cui all’art. 4 del D.Lgs. n. 74 del 2000, nella quale la Corte ha escluso l’incidenza sui presupposti del vincolo cautelare dell’intervenuta sospensione, in sede di giustizia tributaria, dell’esecutività dell’avviso di accertamento, evidenziandone la natura di provvedimento ad efficacia limitata e a cognizione sommaria).

Cassazione penale sez. III, 23/03/2016, n.26450

In tema di reati tributari, non è possibile disporre o mantenere il sequestro funzionale alla confisca del profitto in caso di annullamento della cartella esattoriale da parte della commissione tributaria, ancorché con sentenza non definitiva, perché ciò comporta il venir meno della pretesa tributaria e, dunque, la stessa esistenza del profitto del reato, atteso l’intervenuto “sgravio” delle somme di cui all’avviso di accertamento della amministrazione finanziaria.

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