Morte seguita all’assunzione di psicofarmaci: la Cassazione applica le regole del giudizio contro i fatti e conferma l’assoluzione dei medici rinviati a giudizio per non aver praticato la lavanda gastrica.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza 2863, depositata il 24.01.2020, emessa dalla IV Sezione penale della Corte di Cassazione, con la quale il Collegio del diritto si esprime sull’adeguatezza della motivazione resa dai giudici di primo e secondo grado chiamati a dirimere una ipotesi di colpa medica omissiva facendo applicazione del “giudizio controfattuale”.

Nel caso di specie i sanitari erano stati tratti a giudizi a seguito del decesso di un paziente affetto da patologie psichiatriche: la morte era sopravvenuta dopo l’assunzione massiccia – con intento suicidario, di un rilevante numero di compresse di un farmaco antipsicotico.

Secondo la tesi accusatoria la colpa professionale contestata ai sanitari  sarebbe consistita nel non aver  tempestivamente sottoposto il paziente intossicato a gastrolusi e assunzione di carbonio attivo, quali presidi terapeutici potenzialmente salvifici secondo le conclusioni cui erano giunti i consulenti tecnici indotti dalla pubblica e dalla privata accusa.

Dalla lettura della sentenza si ricava che i periti nominati dal Tribunale avevano escluso la sussistenza del rapporto eziologico tra inazione ed evento.

Il giudizio di cassazione veniva incardinato ad iniziativa delle parti civili che censuravano la sentenza della Corte di appello di Catania di conferma della sentenza di assoluzione di primo grado, nella parte in cui era stato escluso il  nesso di causalità esistente tra condotta omissiva e l’exitus infausto.

La Suprema Corte, richiamando principi già sedimentati nella giurisprudenza di legittimità, ha precisato  che, in materia di accertamento della responsabilità penale del medico, il giudizio controfattuale si articola in due fasi:

(i) un primo accertamento sul piano generale, consistente nel verificare che l’evento hic et nunc considerato non sarebbe occorso se il medico avesse posto in essere la condotta giuridicamente doverosa, sulla base dell’applicazione delle regole della comune esperienza o leggi scientifiche;

(ii) un secondo giudizio volto ad accertare la dinamica causalistica nel caso concreto, tenendo conto di tutte le circostanze del fatto e di eventuali fattori alternativi tali da interrompere la catena causale.

Applicando tali principi nel caso di specie, la Suprema Corte di Cassazione, nel dichiarare la inammissibilità del ricorso, ha sottolineato l’adeguatezza della motivazione resa dalla Corte territoriale nella parte in cui ha escluso  di poter affermare con certezza processuale che la sottoposizione del paziente a lavanda gastrica e la somministrazione allo stesso di carbonio attivo (condotte omissive contestate), avrebbe evitato il suo decesso.

Sul punto di seguito si segnalano i seguenti passaggi estratti dalla parte motiva  della sentenza in commento:

<Considerato, altresì, che tale farmaco viene assorbito rapidamente, vanno condivise le conclusioni a cui sono pervenuti i periti del Tribunale che hanno affermato l’inutilità della gastrolusi rilevando che in letteratura “viene mostrato infatti come la lavanda gastrica non sia routinariamente raccomandata dopo un’ora dall’assunzione” del farmaco antipsicotico giacchè la predetta terapia di urgenza non avrebbe prodotto alcun effetto benefico sia al momento dell’intervento domiciliare della dott.ssa omissis, sia al momento in cui la dott.ssa omissis ha preso in cura il paziente in ospedale.

Alla stessa conclusione sono pervenuti i periti con riferimento alla mancata somministrazione di carbone attivo […].

In definitiva non è possibile affermare con alta probabilità che le contestate condotte omissive delle imputate, se ipotizzandosi come realizzate sulla base di un giudizio controfattuale, avrebbero evitato, al di là di ogni ragionevole dubbio il decesso di omissis>.

By Claudio Ramelli@RIPRODUZIONE RISERVATA.