Omicidio colposo e responsabilità penale dell’anestesista:La Cassazione riafferma la centralità del ruolo del giudice nella valutazione della prova tecnica.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza 4907.2020, resa il 28 gennaio 2020 dalla IV Sezione penale della Corte di Cassazione, con la quale il Collegio del diritto, pronunciandosi su un caso di responsabilità medica ascritta all’anestesista per il decesso della paziente, riafferma la centralità del ruolo del giudice rispetto alla prova tecnica (perizia o consulenza tecnica) dovendosi egli fare carico di  valorizzare l’intero materiale probatorio prima di assumere la decisione.

Il caso clinico, l’incolpazione penale ed i giudizi di merito.

Nel caso di specie, si è trattato di un caso di decesso di una paziente in ospedale cagionato da un errato tentativo di intubazione in anestesia generale (prima con laringoscopia, poi mediante tubo mandrinato sonda di Eschmann e da ultimo mediante fibrobroncoscopio) prodromico ad un intervento chirurgico di elezione, che ha provocato una lesione iatrogena del faringolaringe e della trachea, con sofferenza multiorgano, che ha condotto al decesso la paziente.

Il Tribunale di Taranto pronunciava sentenza di assoluzione con formula piena nei confronti dell’imputato – responsabile del reparto di anestesia presso il locale nosocomio, al quale era stato contestato il delitto di omicidio colposo, per aver cagionato con imprudenza ed imperizia la morte della paziente, segnatamente, per aver proceduto ad intubazione nonostante fosse in grado di prevederne le difficoltà di riuscita, date le condizioni in cui versava la paziente, risultanti dalla cartella clinica.

Secondo il Giudice monocratico che l’aveva assolto nessun rimprovero poteva essere mosso all’imputato, non essendo certo se egli fosse presente dall’inizio o se fosse intervenuto in un momento successivo (su richiesta di altro anestesista, il quale aveva già iniziato l’intubazione) senza poter essere portato a conoscenza dei fattori di rischio in cui si versava la paziente.

La Corte d’appello di Lecce, in accoglimento dell’appello interposto  dal PM, riformava la sentenza di primo grado affermando la responsabilità penale del sanitario sulla base di una diversa ricostruzione e valutazione del fatto, dalla quale si evinceva che il medico avrebbe dovuto riconoscere i fattori di rischio che rendevano sconsigliabile l’intubazione in anestesia, dando contezza nella motivazione della condotta antidoverosa.

La difesa dell’imputato proponeva ricorso per cassazione contro la sentenza dalla Corte territoriale, adducendo vizio di motivazione e travisamento della prova, denunziando sotto diversi profili la violazione dell’obbligo della motivazione “rinforzata” trattandosi di doppia difforme.

Il giudizio di legittimità ed il principio di diritto.

I Giudici di legittimità, aderendo alla tesi della Corte distrettuale trasfusa nella sentenza impugnata ritenuta adeguatamente motivata e come tale immune dai lamentati vizi di legittimità censurati con il ricorso per cassazione, hanno aderito alla critica mossa all’impianto della sentenza del Tribunale   nella quale il Giudice monocratico si era limitato a riportare le diverse ipotesi formulate dai periti di ufficio e ad aderire alla tesi difensiva, senza però esplicare le ragioni che hanno portato il magistrato giudicante a preferire una tesi ad un’altra, né ad approfondire adeguatamente il profilo della presenza del prevenuto in sala operatoria.

La Suprema Corte intervenendo sul centrale tema della valutazione della prova, nel rigettare il ricorso per cassazione,  ricorda che i giudici di secondo grado possono addivenire ad una decisione diversa da quella di primo grado, a condizione che forniscano una motivazione rinforzata che evidenzi le carenze nel ragionamento dei primi giudici.

In tale ottica, secondo gli ermellini,  la Corte territoriale leccese ha diversamente ricostruito il fatto, sulla base di una differente valutazione degli elementi di prova (la cartella clinica e le dichiarazioni dei testi), riconoscendo la colpa del giudicabile  nell’aver proceduto ad un primo tentativo di intubazione con tubo mandrinato e ad un successivo tentativo con fibrobroncoscopio in contrasto con le linee guida da applicare considerate le preesistenti patologie che affliggevano la paziente in guisa tale da cagionare  la lesione faringea causa dell’exitus infausto.

Sul punto si  segnala il seguente passaggio estratto dalla parte motiva della sentenza in commento:

< In particolare la Corte d’Appello ha evidenziato che dalla cartella clinica anestesiologica, a firma del Dott. [Omissis], Direttore Anestesia e Rianimazione del Presidio Ospedaliero Orientale di Manduria, risultava che il ricorrente procedette in rapida successione alla “laringoscopia seppure difficoltosa” e quindi al “tentativo di intubazione con tubo mandrinato, tramite guida con sonda di Eschmann e prova maschera laringea tipo Proseal e Ambu e infine ad un cauto tentativo con fibrobroncoscopio.

Tutti gli approcci risultano falliti, si procede pertanto al risveglio della paziente rinviando di almeno 15 gg il programma di intubazione da sveglia.” Fu proprio durante questi tentativi di intubazione che fu prodotta la lesione faringea che ha causato la morte della [omissis].

 La Corte territoriale è quindi addivenuta alla affermazione di responsabilità penale dell’imputato sulla base di una diversa valutazione dei fatti, rispetto a quella ricostruita dal Giudice di primo grado, ed in particolare ha valorizzato: – l’esame della cartella clinica, atto pubblico facente fede fino a querela di falso, nella quale risultava annotato: “nonostante la prevista difficoltà di intubazione non si procede come da linee guida ad intubazione della paziente da sveglia”, “il [Omissis]è presente in sala operatoria”, quando è stato chiamato “dal primo anestesista che si approccia alla laringoscopia e non riesce a inserire il laringoscopio in bocca”; – della documentazione acquisita dal Maresciallo dei Carabinieri presso la Direzione medica del presidio ospedaliero di Manduria, in base alla quale l’anestetista autore dell’intervento di intubazione era stato identificato nel [Omissis]; – della dichiarazione del teste [Omissis], medico chirurgo, che doveva svolgere l’intervento di colecistectomia laparoscopica alla [Omissis], che aveva dichiarato di ricordare la presenza del [Omissis]in sala operatoria.>

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA