Dichiarazione infedele: va annullata la sentenza di appello che non motiva sulla contemporanea sussistenza dei due requisiti previsti dall’art. 4, comma 1, lett. a) e b) D.lgs. 74/2000
Si segnala ai lettori del blog la sentenza 5424.2020, depositata l’11 febbraio 2020, resa dalla III Sezione penale della Corte di Cassazione, con la quale il Collegio del diritto pronunciandosi su una ipotesi di reato di dichiarazione infedele, prevista e punita dall’art. 4 D.lgs. 74/2000, chiarisce il l’estensione della prova della quale il Giudice di merito deve dare conto in motivazione in ordine alla duplice condizione da soddisfare per ritenere consumato il delitto di dichiarazione infedele ex art. 4 D.lgs. 74/2000.
Nel caso di specie, la Corte di appello di Roma, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Roma, assolveva con formula piena l’imputato dal reato di dichiarazione infedele relativamente all’anno di imposta 2010, condannandolo invece per il medesimo delitto con riguardo all’anno di imposta 2009.
La difesa del prevenuto proponeva ricorso per cassazione articolando plurimi motivi di ricorso lamentando, per quel che qui maggiormente interessa, vizio di legge e di motivazione circa la sussistenza dell’elemento oggettivo del reato tributario in contestazione con riferimento all’anno di imposta 2009.
I Giudici di legittimità, pronunciandosi sul ricorso, annullano la sentenza impugnata per intervenuta estinzione del reato per prescrizione, non prima di soffermarsi sulla duplice condizione necessaria per la configurazione del delitto, ex art. 4 comma 1 lett. a) e b) D.lgs. 74/2000 non dimostrata nel caso scrutinato, come indicato nei passaggi di seguito indicati:
“Per espressa previsione contenuta nella stessa norma incriminatrice, l’indicazione nelle dichiarazioni di elementi attivi inferiori a quelli effettivi o di elementi passivi inesistenti è penalmente rilevante alla duplice congiunta condizione che:
- a) l’imposta evasa sia superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, a euro centocinquantamila;
- b) l’ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all’imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi fittizi, sia superiore al dieci per cento dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o, comunque, è superiore a euro tre milioni. >
“Nel caso di specie, anche ammettendo che, sulla base di quanto ritenuto in sentenza, la soglia di punibilità sia stata superata di circa 14.000 euro con riferimento all’IRES, si osserva che la Corte territoriale in nessun punto della motivazione affronta la questione relativa al soddisfacimento dell’ulteriore condizione prevista dal comma 1, lett. b) dell’art. 4 d.lgs. n. 74 del 2000 per la sussistenza del reato. In altri termini, dalla motivazione della sentenza impugnata – che si sofferma in maniera analitica sulla quantificazione dei costi (p. 8-9) – non emerge – nemmeno indirettamente – alcuna indicazione per poter affermare che, oltre al superamento della soglia con riguardo all’IRES, l’ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all’imposizione è superiore al dieci per cento dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o, comunque, è superiore a euro tre milioni”.
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La norma incriminatrice.
- Fuori dei casi previsti dagli articoli 2 e 3, è punito con la reclusione da due anni a quattro anni e sei mesi chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, indica in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi inesistenti, quando, congiuntamente:
- a) l’imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, a euro centomila;
- b) l’ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all’imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi inesistenti, è superiore al dieci per cento dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione o, comunque, è superiore a euro due milioni.
1-bis. Ai fini dell’applicazione della disposizione del comma 1, non si tiene conto della non corretta classificazione, della valutazione di elementi attivi o passivi oggettivamente esistenti, rispetto ai quali i criteri concretamente applicati sono stati comunque indicati nel bilancio ovvero in altra documentazione rilevante ai fini fiscali, della violazione dei criteri di determinazione dell’esercizio di competenza, della non inerenza, della non deducibilità di elementi passivi reali.
1-ter. Fuori dei casi di cui al comma 1-bis, non danno luogo a fatti punibili le valutazioni che complessivamente considerate, differiscono in misura inferiore al 10 per cento da quelle corrette. Degli importi compresi in tale percentuale non si tiene conto nella verifica del superamento delle soglie di punibilità previste dal comma 1, lettere a) e b).
Gli elementi costitutivi della fattispecie.
Bene giuridico: interesse dell’Erario all’integrale e tempestiva percezione dei tributi
Soggetti attivi: reato proprio, realizzabile dal titolare dell’obbligo di presentare la dichiarazione annuale dei redditi o sull’Iva
Elemento oggettivo: reato di mera condotta, consistente nella dichiarazione di elementi attivi di ammontare inferiore a quello effettivo, ovvero di elementi passivi inesistenti nelle dichiarazioni annuali dei redditi o sull’Iva.
Consumazione: reato istantaneo, si consuma al momento della presentazione delle dichiarazioni annuali dei redditi o sull’Iva
Elemento soggettivo: dolo specifico, consistente nel fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto
Soglie di punibilità: evasione di imposta superiore ad € 100.000; ammontare degli elementi attivi sottratti ad imposizione superiore al 10% dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione o comunque maggiore di € 2.000.000.
Clausola di sussidiarietà: fattispecie residuale rispetto alla dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici.
Quadro giurisprudenziale di riferimento:
Cassazione penale sez. III, 08/04/2019, n.23810
La presentazione della dichiarazione integrativa non elide la responsabilità del contribuente per il reato di cui all’art. 4 d.lg. n. 74/2000. Le dichiarazioni prese in considerazione dalla norma sono solo la dichiarazione annuale in tema di imposta sul reddito delle persone fisiche e delle persone giuridiche che i soggetti sono obbligati a presentare ai sensi degli artt. 1-6 d.P.R. n. 600/1973, e la dichiarazione annuale relativa all’imposta sul valore aggiunto disciplinata dall’art. 8 d.P.R. n. 322/1998.
Cassazione penale sez. III, 08/04/2019, n.23810
Ai fini dell’integrazione del reato di dichiarazione infedele, previsto dall’art. 4 d.lg. 74 del 2000, la mancata conoscenza, da parte dell’operatore professionale, della norma tributaria posta alla base della violazione penale contestata, costituisce errore sul precetto che non esclude il dolo ai sensi dell’art. 5 c.p., salvo che sussista una obiettiva situazione di incertezza sulla portata applicativa o sul contenuto della norma fiscale extrapenale, tale da far ritenere l’ignoranza inevitabile. (In applicazione del principio, la Corte ha considerato inapplicabile anche l’art. 47 c.p. nel caso di errore sulla efficacia sanante della dichiarazione integrativa rispetto a quanto riportato falsamente nella dichiarazione originaria annuale).
Cassazione penale sez. III, 08/04/2019, n.23810
Il delitto di dichiarazione infedele, previsto dall’art. 4 d.lg. 10 marzo 2000, n. 74, integra un reato istantaneo che si perfeziona al momento della presentazione della dichiarazione annuale, non rilevando l’eventuale presentazione di una successiva dichiarazione integrativa.
Cassazione penale sez. III, 17/01/2018, n.41260
In materia di reati tributari, il carattere residuale del reato di dichiarazione infedele, di cui all’art. 4 del d.lgs n. 74 del 2000, ne esclude il concorso con il delitto di frode fiscale, previsto dall’art. 2 del citato d.lgs., quando la condotta materiale abbia ad oggetto la medesima dichiarazione, esclusa l’ipotesi di una iniziale contestazione dell’art. 4, d.lgs. 74/2000, relativamente alla sola condotta di omissione di elementi attivi, e, successivamente, con una incriminazione relativa all’art. 2, d.lgs. 74/2000 per l’indicazione di elementi passivi per operazioni relative a fatture oggettivamente inesistenti; in quanto l’art. 4, d.lgs. 74/2000 mira ad evitare la doppia incriminazione per la stessa condotta (anche se diversamente strutturata, una con frode e l’altra senza frode) ma non può essere invocato per l’incriminazione di condotte diverse, una per le omissioni di elementi attivi del reddito e l’altra per elementi passivi inesistenti (da fatture per operazioni inesistenti).
Cassazione penale sez. III, 22/03/2017, n.30686
Il fatto tipico, precisato nel modello legale del reato di dichiarazione infedele dei redditi di cui all’art. 4 del D. Lgs. n. 74/2000, come delineato a seguito delle modifiche introdotte dall’art. 4, comma 1, lett. a), del D.Lgs. n. 158/2015, deve ritenersi integrato dalla presenza alternativa di elementi positivi della condotta punibile – quali: l’annotazione di componenti positivi del reddito per ammontare inferiore a quello reale; l’indebita riduzione dell’imponibile tramite l’indicazione nella dichiarazione di costi inesistenti (non più fittizi); la sottofatturazione, ovvero l’indicazione in fattura di un importo inferiore a quello reale – oltre che dalla presenza di elementi negativi, nel senso che la divergenza tra gli importi indicati in dichiarazione e quelli effettivamente percepiti non sia il frutto della violazione della regola cronologica relativa all’esercizio di competenza o della non inerenza.
Cassazione penale sez. VII, 13/07/2017, n.44293
Ai fini dell’integrazione del reato di dichiarazione infedele, previsto dall’art. 4 d.lg. 74 del 2000, la mancata conoscenza, da parte dell’operatore professionale, della norma tributaria posta alla base della violazione penale contestata, costituisce errore sul precetto che non esclude il dolo ai sensi dell’art. 5 cod. pen., salvo che sussista una obiettiva situazione di incertezza sulla portata applicativa o sul contenuto della norma fiscale extrapenale, tale da far ritenere l’ignoranza inevitabile. (In applicazione del principio, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto avverso la condanna dall’imputato imprenditore, ritenendo non scusabile l’invocata mancata conoscenza delle prescrizioni contenute nell’art. 8 d.P.R. n. 633 del 1972 riguardanti le cessioni all’esportazione non imponibili).
Cassazione penale sez. V, 23/05/2013, n.36894
Il reato tributario di dichiarazione infedele può essere integrato anche da condotte elusive ai fini fiscali purché riconducibili a quelle previste dagli art. 37, comma 3 e 37 bis, d.P.R. n. 600 del 1973, considerato che la fattispecie di cui all’art. 4 d.lg. n. 74 del 2000 non richiede la sussistenza di una dichiarazione fraudolenta ma soltanto la presentazione di una dichiarazione infedele e, pertanto, la mera indicazione, anche senza l’uso di mezzi fraudolenti, di elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo ed elementi passivi fittizi, quando ricorrano le altre condizioni ivi previste in relazione all’ammontare dell’imposta evasa e degli elementi attivi sottratti alla imposizione e, quindi, quando si superino le relative soglie di punibilità. (In applicazione del principio di cui in massima la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione del tribunale del riesame che ha ritenuto sussistente il fumus del reato di dichiarazione infedele nella esposizione di elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo, attraverso il meccanismo di “retrocessione dei dividendi”).
By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA