Frode fiscale ed autoriciclaggio: consuma il reato contro il patrimonio il soggetto che reimpiega il profitto del reato tributario in attività economiche per mezzo di negozi giuridici fittizi.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza n. 6397.2020, depositata il 18.02.2020, resa dalla II Sezione penale della Corte di Cassazione, con la quale il Collegio del diritto, pronunciandosi in sede cautelare reale, ha confermato la corretta qualificazione giuridica  della condotta dell’agente nel delitto di autoriciclaggio ex art. 648 ter 1 in ragione del  reimpiego del denaro proveniente da reato tributario operato per mezzo di transazioni economiche simulate.

La fase cautelare reale di merito

Il  Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Rovigo emetteva decreto di sequestro preventivo nei confronti dell’indagato  sussistenza del fumus commissi delicti in ordine al delitto previsto e punito dall’art. 648, ter n.1 cod. pen.

La difesa dell’indagato proponeva istanza di riesame contro il provvedimento cautelare genetico che, tuttavia, veniva confermato dal Tribunale della Libertà.

Il ricorso in cassazione e il principio di diritto

La difesa del prevenuto interponeva ricorso ex art. 325 c.p.p. contro l’ordinanza di rigetto dell’impugnazione cautelare, deducendo  l’assenza del fumus commissi delicti, non rientrando la condotta dell’indagato nell’alveo di quella punita dalla norma incriminatrice in provvisoria contestazione.

La Suprema Corte nel rigettare il ricorso, dando continuità al più recente orientamento di legittimità, chiarisce che le condotte di impiego, sostituzione o trasferimento dei beni provento del reato presupposto rientrano nel raggio applicativo del delitto di autoriciclaggio se poste in essere in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, idonee ad impedire o rendere difficile l’identificazione della provenienza delittuosa.

Ciò premesso, la Suprema Corte, riconosce nel caso scrutinato gli estremi del delitto di autoriciclaggio e, per l’effetto, rigetta il ricorso.

Di seguito si riportano i passaggi estratti dal compendio motivazionale della sentenza in commento di maggiore interesse:

Nel caso in esame, invece, ricorrono tutti i presupposti del delitto di autoriciclaggio poiché il provento della frode fiscale realizzata anche dall’imputato in favore di terzi, attraverso la creazione di società filtro cartiere che si interponevano con operazioni fittizie per consentire l’emissione di false fatture, è stato trasferito attraverso bonifici ad una ditta olandese attiva nel settore della vendita dei fiori, simulando operazioni commerciali, con causali fittizie.

Il soggetto olandese ha restituito allo [omissis] gli importi in contante, così portando a compimento un’operazione che, mediante il trasferimento dei proventi illeciti in attività economiche, è all’evidenza diretta a “ripulire” il denaro in questione.

La circostanza che le operazioni commerciali cui erano destinati i bonifici fossero simulate e non effettive non inficia la gravità indiziaria ed anzi è la conferma del carattere illecito dell’operazione, poiché l’incriminazione di cui all’art. 648 ter.1 cod. pen. ha lo scopo di impedire qualsiasi forma di re-immissione delle disponibilità di provenienza delittuosa all’interno del circuito economico legale, finanziario ovvero imprenditoriale, al fine di ottenere un concreto effetto dissimulatorio che costituisce quel quid pluris che differenzia la semplice condotta di godimento personale (non punibile) da quella di nascondimento del profitto illecito (e perciò punibile)>.

La norma incriminatrice.

Art. 648 ter 1 cod. pen. – Autoriciclaggio

Si applica la pena della reclusione da due a otto anni e della multa da euro 5.000 a euro 25.000 a chiunque, avendo commesso o concorso a commettere un delitto non colposo, impiega, sostituisce, trasferisce, in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, il denaro, i beni o le altre utilità provenienti dalla commissione di tale delitto, in modo da ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa

Si applica la pena della reclusione da uno a quattro anni e della multa da euro 2.500 a euro 12.500 se il denaro, i beni o le altre utilità provengono dalla commissione di un delitto non colposo punito con la reclusione inferiore nel massimo a cinque anni.

Si applicano comunque le pene previste dal primo comma se il denaro, i beni o le altre utilità provengono da un delitto commesso con le condizioni o le finalità di cui all’articolo 7 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, e successive modificazioni.

Fuori dei casi di cui ai commi precedenti, non sono punibili le condotte per cui il denaro, i beni o le altre utilità vengono destinate alla mera utilizzazione o al godimento personale.

La pena è aumentata quando i fatti sono commessi nell’esercizio di un’attività bancaria o finanziaria o di altra attività professionale.

La pena è diminuita fino alla metà per chi si sia efficacemente adoperato per evitare che le condotte siano portate a conseguenze ulteriori o per assicurare le prove del reato e l’individuazione dei beni, del denaro e delle altre utilità provenienti dal delitto.

Si applica l’ultimo comma dell’articolo 648.

Quadro giurisprudenziale di riferimento.

Cassazione penale sez. II, 04/07/2019, n.44198

 

La realizzazione di un fatto di autoriciclaggio esige una condotta logicamente e cronologicamente differente rispetto a quella del reato presupposto, oltre che accorgimenti dissimulatori volti ad ostacolare concretamente l’identificazione della provenienza delittuosa dei beni. In caso contrario si assisterebbe ad un’ingiustificata sovrapposizione punitiva tra la condotta integrante reato presupposto e l’autoriciclaggio. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto che l’affitto d’azienda, considerato atto distrattivo di un’ipotesi di bancarotta fraudolenta, non possa da solo integrare un fatto di autoriciclaggio essendo necessaria una ulteriore condotta di dissimulazione tale da essere concretamente idonea ad occultare la provenienza delittuosa del bene).

Cassazione penale sez. II, 16/07/2019, n.36522

 

In tema di autoriciclaggio, l’ipotesi di non punibilità di cui all’art. 648-ter.1, comma 4, c.p. è integrata soltanto nel caso in cui l’agente utilizzi o goda dei beni provento del delitto presupposto in modo diretto e senza compiere su di essi alcuna operazione tesa all’impiego, alla sostituzione o al trasferimento dei proventi illeciti in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, atta ad ostacolare concretamente l’identificazione della provenienza delittuosa dei detti proventi illeciti. La non punibilità, infatti, trova una sua logica e coerente spiegazione nel divieto del ne bis in idem sostanziale (punizione di due volte per lo stesso fatto), ma solamente a condizione che l’agente si limiti al mero utilizzo o godimento dei beni provento del delitto presupposto senza che ponga in essere alcuna attività decettiva al fine di ostacolarne l’identificazione quand’anche la suddetta condotta fosse finalizzata ad utilizzare o meglio godere dei suddetti beni (nella specie, relativa a vicenda cautelare, la Corte ha ritenuto correttamente ravvisato il reato, in relazione al contestato investimento in attività imprenditoriali e speculative di una somma di denaro provento di truffa).

Cassazione penale sez. II, 04/07/2019, n.44198

 

L’art. 648-ter.1 c.p. integra una fattispecie di pericolo concreto e richiede che l’agente, dopo la consumazione del reato presupposto, ponga in essere condotte aventi la finalità di simulare la provenienza illecita del bene. Si tratta di un reato istantaneo, che si integra con la condotta decettiva.

Cassazione penale sez. II, 21/06/2019, n.37606

 

Integra il reato di autoriciclaggio (come anche quello di riciclaggio) il compimento di condotte volte non solo a impedire in modo definitivo, ma anche a rendere difficile l’accertamento della provenienza del denaro, dei beni o delle altre utilità, e ciò anche attraverso operazioni che risultino “tracciabili”, in quanto l’accertamento o l’astratta individuabilità dell’origine delittuosa del bene non costituiscono l’evento del reato (da ciò la Corte, nell’ambito di procedimento cautelare reale, ha ritenuto corretta la contestazione dell’autoriciclaggio rispetto a operazioni di acquisto di diamanti, che si ipotizzava essere provento del reato di truffa, benché queste fossero tracciabili, in quanto contenute nei bilanci di una società).

Cassazione penale sez. II, 05/07/2018, n.38422

 

In tema di autoriciclaggio, la condotta di impiego di denaro o beni provento da delitto non deve intendersi circoscritta al solo ambito di attività economicamente lecita, dovendosi fare riferimento non solamente all’attività produttiva in senso stretto, ossia a quella diretta a creare nuovi beni o servizi, ma a quella di scambio e di distribuzione dei beni nel mercato di consumo, nonché ogni altra attività economico-finanziaria desumibile dagli articoli 2082, 2135 e 2105 c.c. (Fattispecie cautelare relativa a reimpiego, mediante rivendita nel mercato illegale, di valori bollati fraudolentemente pretesi in eccedenza, da parte di pubblico ufficiale, in danno dell’utenza).

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA