Infortunio sul lavoro e lesioni colpose: va condannato il datore di lavoro che non redige un adeguato documento di valutazione dei rischi insiti nelle lavorazioni.
Si segnala ai lettori del blog la sentenza 5975.2020, resa dalla IV Sezione penale della Corte di Cassazione, con la quale il Collegio del diritto, pronunciandosi su un caso di lesioni colpose connesse alla violazione della disciplina dettata in materia di prevenzione antinfortunistica, conferma l’orientamento giurisprudenziale secondo il quale la generica ed insufficiente redazione del documento di valutazione dei rischi costituisce addebito di responsabilità per colpa in capo al datore di lavoro allorché si verifica l’evento infausto (lesioni o decesso) in danno dell’infortunato.
L’incidente sul lavoro, l’imputazione ed il doppio grado di merito.
Nel caso di specie, l’infortunio sul lavoro è stato determinato dal ribaltamento del serbatoio utilizzato come filtro industriale per la depurazione delle acque, che ha tranciato il piede del lavoratore che si accingeva ad entrare nel medesimo al fine di eliminarne dei difetti di saldatura.
La Corte di appello di Salerno confermava la sentenza con la quale il locale Tribunale aveva condannato l’imputato (l’amministratore delegato della società che aveva stipulato il contratto d’appalto per la realizzazione del serbatoio con la società presso la quale lavorava l’infortunato) per il reato di lesioni colpose ex art. 590 cod. pen., in relazione alla violazione degli artt. 26 comma 1 lett. b), 28 comma 2, 37 comma 7 e 71 comma 1 D.lgs. 81/2008, per non aver adeguatamente valutato i rischi inerenti all’attività, con connessa omessa redazione del documento di valutazione dei rischi, e per non aver conseguentemente formato, informato ed attrezzato il lavoratore.
Il giudizio di cassazione.
Avverso la sentenza resa dalla Corte territoriale, la difesa del prevenuto propone ricorso per cassazione, lamentando vizio di legge e di motivazione per travisamento della prova.
I Giudici di legittimità, ritendo il ricorso ammissibile annullano senza rinvio la sentenza risultando il reato prescritto, senza però omettere di dare continuità ai principi giurisprudenziali dettati in materia.
Si segnala il seguente passaggio della pronuncia in commento che ratifica la correttezza del ragionamento della Corte di appello in relazione all’addebito colposo elevato nei confronti dell’imputato:
<I Giudici del merito ritenevano accertata la colpa specifica dell’imputato che, nella sua qualità, aveva omesso di prevedere e valutare nel DUVRI il rischio specifico, connesso con il posizionamento e la stabilizzazione dei serbatoi, del peso di 6 tonnellate ciascuno, oggetto di lavorazione sui viratori Rotamatic ST 30.
La Corte territoriale argomentava, infatti, che solo successivamente all’incidente furono eseguite le prescrizioni e inserite le istruzioni di utilizzo e sicurezza per le attrezzature di lavoro, manufatti, impianti con diametro maggiore della lunghezza, prevedendo che laddove non fosse stato possibile equidistanziare i viratori si sarebbe dovuto procedere con il posizionamento del castelletto di ancoraggio (fol. 7) nonché informare e formare adeguatamente gli operai circa i rischi connessi all’operazione che doveva essere effettuata con la stabilizzazione del serbatoio mediante l’installazione di un trabattello, destinato ad equilibrare il carico.
Dette condotte omissive erano state causa dell’evento che non si sarebbe verificato ove la cisterna fosse stata adeguatamente stabilizzata (fol. 9)>.
Quadro giurisprudenziale di riferimento:
Cassazione penale sez. IV, 17/05/2019, n.30991
In tema di sicurezza sul lavoro, ai sensi dell’art. 73, commi 1 e 2, lett. b), d.lg. 9 aprile 2008, n. 81, il datore di lavoro è tenuto ad informare il lavoratore dei rischi propri dell’attività cui è preposto e di quelli che possono derivare dall’esecuzione di operazioni da parte di altri, ove interferenti, ed è obbligato a mettere a disposizione dei lavoratori, per ciascuna attrezzatura, ogni informazione e istruzione d’uso necessaria alla salvaguardia dell’incolumità, anche se relative a strumenti non usati normalmente. Il datore di lavoro, destinatario delle norme antinfortunistiche, è esonerato da responsabilità solo quando il comportamento del dipendente sia abnorme, dovendo definirsi tale il comportamento imprudente del lavoratore che sia stato posto in essere del tutto autonomamente e in un ambito estraneo alle mansioni affidategli – e, pertanto, al di fuori di ogni prevedibilità per il datore di lavoro – o rientri nelle mansioni che gli sono proprie ma sia consistito in qualcosa radicalmente, ontologicamente, lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nella esecuzione del lavoro.
Cassazione penale sez. IV, 08/02/2019, n.12876
In caso di affidamento di lavori in appalto o a lavoratori autonomi, l’obbligo di redazione del documento di valutazione dei rischi derivanti dalle possibili interferenze tra le diverse attività che si svolgono in successione o contemporaneamente, di cui all’art. 7 d.lg 19 settembre 1994, n. 626, grava sul datore di lavoro committente, cioè su colui che ha la disponibilità giuridica dei luoghi in cui si svolge l’appalto o la prestazione di lavoro autonomo. (Fattispecie relativa al decesso di lavoratori di un autolavaggio, durante le operazioni di pulizia di una cisterna, a causa dell’inalazione di residui di zolfo presenti al suo interno, in cui la Corte ha annullato la sentenza che aveva affermato la sola responsabilità del titolare dell’autolavaggio, escludendo quella del titolare della società trasportatrice, che conduceva in locazione finanziaria la cisterna di cui aveva commissionato le operazioni di bonifica a soggetto privo della necessaria idoneità tecnica e professionale, senza informarlo dei rischi connessi alla presenza dei residui di zolfo, e quella del titolare della società produttrice di acido solforico che per il trasporto dello stesso aveva pattuito con la società trasportatrice l’uso di tale cisterna, previa bonifica).
Cassazione penale sez. IV, 10/01/2019, n.27186
In tema di prevenzione di infortuni sul lavoro, nel caso in cui la lavorazione comporti un numero elevato di azioni ripetitive, è obbligo del datore di lavoro, quale titolare della posizione di garanzia, prevenire il concretizzarsi di rischi riguardanti la verificazione anche di un “evento raro” la cui realizzazione non sia però ignota all’esperienza e alla conoscenza della scienza tecnica e, una volta individuato il rischio, predisporre le misure precauzionali e procedimentali, ove necessarie, per impedire l’evento. (Fattispecie in tema di omessa valutazione del rischio di esplosione verificatasi per l’omessa adozione di procedimento da seguire durante l’operazione, svolta quotidianamente e sempre con le medesime modalità, di pulitura di una pressa ad iniezione, necessitata, nel caso di specie, dalla formazione di un grumo di materiale plastico all’interno che aveva occluso sia un ugello, sia il foro di ingresso del materiale, evenienza, quest’ultima, rara, ma non straordinaria in quanto verificatasi, altrove, sul medesimo macchinario, almeno altre due volte negli ultimi trent’anni).
Cassazione penale sez. IV, 14/06/2018, n.49593
Il datore di lavoro che non adempie agli obblighi di informazione e formazione gravanti su di lui e sui suoi delegati risponde, a titolo di colpa specifica, dell’infortunio dipeso dalla negligenza del lavoratore il quale, nell’espletamento delle proprie mansioni, pone in essere condotte imprudenti, trattandosi di conseguenza diretta e prevedibile della inadempienza degli obblighi formativi, e l’adempimento di tali obblighi non è escluso nè è surrogabile dal personale bagaglio di conoscenza del lavoratore, formatosi per effetto di una lunga esperienza operativa, o per il travaso di conoscenza che comunemente si realizza nella collaborazione tra lavoratori, anche posti in relazione gerarchica tra di loro. (Nella fattispecie, la S.C. ha riconosciuto la responsabilità del datore di lavoro per la morte di tre operai in un cantiere autostradale, precipitati nel vuoto da un’altezza di circa 40 metri a seguito dello sganciamento della pedana sulla quale si trovavano, causato dall’errato montaggio del sistema di ancoraggio, effettuato utilizzando, per il serraggio del cono, una vite di dimensioni inferiori, sia per lunghezza sia per diametro, a quelle prescritte, rilevando che, proprio perchè tale errore era frutto delle riscontrate suddette omissioni, esso non era idoneo ad escludere il nesso causale tra esse e l’evento).
By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA