Reati tributari e sequestro preventivo: per la Cassazione non sussiste alcun limite alla esecuzione del vincolo ablatorio sulla “prima casa” dell’indagato.
Si segnala ai lettori del blog la sentenza 8995.2020, depositata il 5 marzo 2020, resa dalla III Sezione penale della Corte di Cassazione, con la quale il Collegio del diritto, pronunciandosi in sede cautelare reale, ha affrontato la delicata questione della esecuzione del sequestro preventivo finalizzato alla confisca sulla “prima casa” di proprietà dell’indagato, nell’ipotesi scrutinata attinto dal provvedimento temporaneamente ablatorio nelle forme del sequestro per equivalente.
La fase cautelare reale di merito.
Nel caso di specie, il Tribunale di Varese in sede di riesame confermava l’ordinanza emessa dal Gip del Tribunale di Busto Arsizio che disponeva il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta delle giacenze attive sui conti della società (della quale l’indagato era il legale rappresentante) e della confisca per equivalente sui beni dell’indagato, quale profitto del reato di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti ex art. 2 D.lgs.74/2000.
Il ricorso in cassazione ed il principio di diritto
Avverso la predetta ordinanza, la difesa del giudicabile, proponeva ricorso per cassazione, denunciando, per quanto qui di interesse, vizio di legge e carenza assoluta di motivazione in ordine alla legittimità del provvedimento cautelare trascritto su un immobile da qualificare giuridicamente come “prima casa”, secondo quanto risultante dall’atto pubblico di acquisto.
I Giudici di legittimità, nel rigettare il ricorso, chiariscono la portata del limite alla pignorabilità stabilito dall’art. 52 comma 1, lett. g) del d.l. 69 del 2013 in sede processuale civile e la inapplicabilità in sede penale.
Di seguito si riportano i passaggi fondamentali della sentenza resa dal Collegio del diritto, esplicativi della nuova interpretazione della norma in esame e delle precedenti pronunce in materia:
<[…] Il limite posto dal legislatore all’espropriazione immobiliare non riguarda la “prima casa”, ma “l’unico immobile di proprietà del debitore”.
Si tratta di un concetto evidentemente diverso da quello di “prima casa”, perché ha a che vedere con la consistenza complessiva del patrimonio del debitore e non semplicemente con la qualificazione del singolo immobile oggetto di pignoramento.
Ne consegue che, per invocare l’applicazione della disposizione in tema di espropriazione immobiliare, il debitore non può limitarsi a prospettare che l’immobile pignorato è la sua “prima casa”, perché una tale prospettazione non esclude di per sé che lo stesso debitore sia proprietario di altri immobili.
Deve poi rilevarsi che – contrariamente a quanto ritenuto dal ricorrente – la disposizione in questione non fissa un principio generale di impignorabilità, perché si riferisce solo alle espropriazioni da parte del fisco per debiti tributari e non a quelle promosse da altre categorie di creditori per debiti di altro tipo.
Né, a ben vedere, la disposizione in questione può trovare applicazione in relazione alla confisca penale, sia essa diretta o per equivalente, perché l’oggetto della confisca è il profitto del reato e non il debito verso il fisco.
E i due concetti devono essere tenuti distinti, perché il profitto di delitti consistenti nell’evasione dell’imposta per mezzo di omessa, infedele o fraudolenta dichiarazione o di omesso versamento, che può essere oggetto di sequestro preventivo funzionale alla confisca, è costituito dal risparmio economico derivante dalla sottrazione degli importi evasi alla loro destinazione fiscale e non comprende né le sanzioni dovute a seguito dell’accertamento del debito, che rappresentano, invece, il costo del reato stesso, derivante dalla sua commissione (Sez. 3, n. 17535 del 06/02/2019, Rv. 275445; Sez. 3, n. 28047 del 20/01/2017, Rv. 270429), né gli interessi maturati in favore dello Stato (Sez. 3, n. 40358 del 05/07/2016, Rv. 268329); mentre il debito verso il fisco è sempre comprensivo dell’originario debito tributario, degli interessi e delle sanzioni (sostanzialmente in tal senso, Sez. 3, n. 7359 del 04/02/2014, Rv.
Tali conclusioni si pongono in consapevole parziale contrasto con quanto già affermato da questa Corte di cassazione, oltre che con la citata sentenza n. 22581 del 2019, anche con la sentenza Sez. 3, n. 3011 del 05/07/2016, dep. 20/01/2017, Rv. 268797. [… ]
Come anticipato, tali conclusioni non possono essere condivise, perché – pur non ponendosi in contrasto con il principio dell’inapplicabilità del limite dell’espropriazione nel procedimento penale per reati tributari – si basano sull’assunto che la disposizione limitativa dell’espropriazione esprima un principio generale applicabile alla “prima casa” del debitore tributario.
Bisogna, invece, ribadire che il limite alla pignorabilità fissato dal comma 1, lettera a), dell’art. 76 del d.P.R. n. 602 del 1973 – nel testo introdotto dall’art. 52, comma 1, lettera g), del d.l. n. 69 del 2013, convertito, con modificazioni dalla legge n. 98 del 2013: si riferisce solo alle espropriazioni da parte del fisco e non a quelle promosse da altre categorie di creditori; non riguarda la “prima casa”, ma “l’unico immobile di proprietà del debitore; non trova comunque applicazione alla confisca penale, sia essa diretta o per equivalente, né al sequestro preventivo ad essa preordinato >.
Quadro giurisprudenziale di riferimento:
Cassazione penale sez. III, 05/07/2016, n.3011
In tema di reati tributari, la disposizione di cui all’art. 52, comma primo, lettera g), del D.L. 21 giugno 2013, n. 69 (convertito, con modificazioni, in legge 9 agosto 2013, n. 98) – che vieta all’agente della riscossione, in specifiche ipotesi e condizioni, di procedere all’espropriazione della “prima casa” del debitore – preclude l’applicazione del sequestro preventivo, finalizzato alla confisca diretta, dell’abitazione di soggetto indagato per il delitto di cui all’art.11, comma primo, d. lgs. 10 marzo 2000, n.74, commesso mediante l’alienazione simulata del cespite immobiliare. (In motivazione, la S.C. ha osservato che il delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte è reato di pericolo concreto ed esige pertanto che la condotta sia idonea a rendere inefficace la procedura di riscossione coattiva, quivi già ” ex ante” non consentita per mancanza dei relativi presupposti normativi).
Cassazione penale sez. III, 04/02/2014, n.7359
La disposizione di cui all’art. 52 comma 1 lett. g) d.l. 21 giugno 2013 n. 69 (conv., con modificazioni, in l. 9 agosto 2013 n. 98), che preclude all’agente della riscossione, in specifiche ipotesi e condizioni, di procedere all’espropriazione della “prima casa” del debitore, non trova applicazione nell’ambito del processo penale e, pertanto, non impedisce il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca per equivalente, dell’abitazione dell’indagato.
By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA