La Corte di Cassazione fa il punto sul tema della abnormità della condotta del lavoratore quale causa di interruzione del nesso di causalità.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza 8168.2020, depositata il 02.03.2020, resa dalla IV Sezione penale della Corte di Cassazione, con la quale il Collegio del diritto, esprimendosi in merito ad un caso di lesioni colpose cagionate per violazione della normativa sulla sicurezza sul lavoro, riporta gli orientamenti consolidati nella giurisprudenza di legittimità in materia di accertamento del nesso di causalità tra la condotta colposa del garante della sicurezza e l’evento lesivo, precisando quali caratteristiche deve assumere il comportamento del lavoratore per poter rappresentare un fattore alternativo ed eccezionale volto ad interrompere il nesso causale.

L’incidente sul lavoro, l’imputazione ed il doppio grado di merito.

Nel caso di specie, al datore di lavoro (presidente del C.D.A. e legale rappresentante dell’impresa collettiva) ed al direttore di stabilimento era contestato il reato di lesioni personali colpose ai danni del dipendente, con colpa consistita in imperizia ed imprudenza e violazione delle norme contenute nel D.lgs. 81/2008.

Segnatamente, il lavoratore, intento a svolgere un test di resistenza all’abrasione di un campione di materiale, utilizzando l’abrasimetro, inavvertitamente poggiava la mano nel carrellino del macchinario, schiacchiandosi il dito e riportando lesioni.

La Corte di appello di Bologna confermava la sentenza emessa dal Tribunale di Ravenna di condanna degli imputati per il reato loro ascritto.

Il ricorso in cassazione ed il principio di diritto

Contro la sentenza della Corte territoriale, le difese dei prevenuti interponevano ricorso in cassazione, articolando plurimi motivi di impugnazione.

Particolare interesse riveste il motivo di doglianza della violazione di legge e del vizio di motivazione circa il giudizio controfattuale e la valutazione del comportamento del lavoratore ai fini dell’accertamento del nesso di causalità.

A tal proposito, i Giudici di merito avevano rilevato, dandone evidenza nella motivazione, che la condotta del dipendente infortunato non poteva considerarsi esorbitante rispetto alle ordinarie mansioni in basi alla prassi osservata nel laboratorio e che il macchinario utilizzato risultava privo del carter protettivo, volto ad impedire contatti con le parti meccaniche.

I Giudici di legittimità, nel dichiarare inammissibile il ricorso, fanno il punto sui consolidati indirizzi formatisi in seno alla Suprema Corte. Di seguito se ne riportano i passaggi più significativi:

<[… ] La Corte del merito ha debitamente svolto, attraverso il richiamo alla prova orale assunta, la verifica demandatale, sulla scorta di un giudizio meramente ipotetico, per verificare se il comportamento omesso avrebbe, con un alto grado di probabilità logica, impedito o significativamente ritardato il verificarsi dell’evento o comunque ridotto l’intensità lesiva dello stesso (sui connotati del quale pare sufficiente, in questa sede, un rinvio ai principi consolidatisi dalla sentenza delle Sezioni Unite del 2002, Franzese in avanti e più di recente con la sentenza delle Sezioni Unite Espenhahn e altri del 2014, citata).

Con riferimento, poi, alla rilevanza – sotto il profilo causale – della condotta imprudente o negligente del lavoratore, le doglianze difensive sono infondate anche alla stregua dell’orientamento (cfr., sul punto, sez. 4 n. 8883 del 10/02/2016, Santini e altro, Rv. 266073) secondo cui, in materia di prevenzione antinfortunistica, si è passati da un modello “iperprotettivo”, interamente incentrato sulla figura del datore di lavoro investito di un obbligo di vigilanza assoluta sui lavoratori (non soltanto fornendo i dispositivi di sicurezza idonei, ma anche controllando che di questi i lavoratori facessero un corretto uso, imponendosi contro la loro volontà), ad un modello “collaborativo” in cui gli obblighi sono ripartiti tra più soggetti, compresi i lavoratori, in tal senso valorizzando il testo normativo di riferimento, il quale impone anche ai lavoratori di attenersi alle specifiche disposizioni cautelari e agire con diligenza, prudenza e perizia (cfr. art. 20 d.lgs. 81/2008).

Orbene, pur dandosi atto che si è da tempo individuato il principio di auto responsabilità del lavoratore, una volta abbandonato il criterio esterno delle mansioni, sostituito con il parametro della prevedibilità, intesa come dominabilità umana del fattore causale (cfr., in motivazione, sez. 4 n. 41486 del 2015, Viotto), passandosi, a seguito dell’introduzione del d.lgs 626/94 e, poi, del T.U. 81/2008, dal principio “dell’ontologica irrilevanza della condotta colposa del lavoratore” al concetto di “area di rischio” (sez. 4, n. 21587 del 23.3.2007, Pelosi, Rv. 236721) che il datore di lavoro è chiamato a valutare in via preventiva, tuttavia, deve pure osservarsi come resti in ogni caso fermo il principio che non può esservi alcun esonero di responsabilità all’interno dell’area di rischio, nella quale si colloca l’obbligo datoriale di assicurare condizioni di sicurezza appropriate anche in rapporto a possibili comportamenti trascurati del lavoratore (cfr. sez. 4 n. 21587 del 2007, Pelosi, cit.).

All’interno dell’area di rischio considerata, quindi, deve ribadirsi il principio per il quale la condotta del lavoratore può ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l’evento lesivo, non tanto ove sia imprevedibile, quanto, piuttosto, ove sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia (cfr. sez. 4 n. 15124 del 13712/2016, dep. 2017, Gerosa e altri, Rv. 269603; cfr. sez. 4 n. 5007 del 28/11/2018, dep. 2019, PMT c/ Musso Paolo, rv. 275017); oppure ove sia stata posta in essere del tutto autonomamente e in un ambito estraneo alle mansioni affidategli e, come tale, al di fuori di ogni prevedibilità da parte del datore di lavoro, oppure vi rientri, ma si sia tradotta in qualcosa che, radicalmente quanto ontologicamente, sia lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nella esecuzione del lavoro (cfr. sez. 4 n. 7188 del 10/01/2018, Bozzi, Rv. 272222).

Quadro giurisprudenziale di riferimento:

Cassazione penale sez. IV, 16/04/2019, n.32507

In tema di infortuni sul lavoro, l’agire imprudente del lavoratore può rilevare, per escludere la responsabilità del datore di lavoro titolare della posizione di garanzia, o nell’ottica dell’elemento oggettivo del reato, sotto il profilo del nesso causale, oppure nell’ottica dell’elemento soggettivo, sotto il profilo dell’esclusione della colpa del datore di lavoro. Con riferimento al primo aspetto, al comportamento del lavoratore imprudente può attribuirsi efficacia interruttiva del nesso causale solo ove tale comportamento possa essere ritenuto abnorme, e sia cioè consistito in una condotta radicalmente, ontologicamente, lontana dalle pur ipotizzabili, e quindi prevedibili, scelte, anche imprudenti, del lavoratore, nell’esecuzione del lavoro. Ciò che peraltro deve escludersi nel caso del comportamento del lavoratore che abbia compiuto un’operazione comunque rientrante, oltre che nelle sue attribuzioni, nel segmento di lavoro assegnatogli o che abbia espletato un incombente che, anche se inutile e imprudente, non risulti eccentrico rispetto alle mansioni a lui specificamente assegnate, nell’ambito del ciclo produttivo. Con riferimento al secondo aspetto, quello afferente la colpa del datore di lavoro, il comportamento imprudente va apprezzato, invece, alla luce del principio della cosiddetta causalità della colpa, ossia considerando il rilievo della violazione della norma cautelare addebitata al titolare della posizione di garanzia ai fini della verificazione dell’evento pur determinato dal comportamento imprudente del lavoratore.

Cassazione penale sez. IV, 05/04/2019, n.16228

L’interruzione del nesso eziologico, a causa del comportamento imprudente del lavoratore, da solo sufficiente a determinare l’evento, richiede che la condotta si collochi in qualche guisa al di fuori dell’area di rischio definita dalla lavorazione in corso. Non si può discutere di responsabilità del lavoratore per l’infortunio quando il sistema della sicurezza approntato dal datore di lavoro presenti delle criticità: le disposizioni antinfortunistiche, invero, perseguono il fine di tutelare il lavoratore anche dagli infortuni derivanti da sua colpa.

Cassazione penale sez. III, 08/11/2018, n.16498

In tema di sicurezza sul lavoro, ai sensi dell’art. 73, commi 1 e 2, lett. b), d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, il datore di lavoro è tenuto ad informare il lavoratore dei rischi propri dell’attività cui è preposto e di quelli che possono derivare dall’esecuzione di operazioni da parte di altri, ove interferenti, ed è obbligato a mettere a disposizione dei lavoratori, per ciascuna attrezzatura, ogni informazione e istruzione d’uso necessaria alla salvaguardia dell’incolumità, anche se relative a strumenti non usati normalmente. (In motivazione la Corte ha precisato che può essere ritenuta eccezionale o abnorme – e come tale in grado di escludere la responsabilità del datore di lavoro per l’infortunio occorso – solo la condotta del lavoratore che decida di agire impropriamente, pur disponendo delle informazioni necessarie e di adeguate competenze per la valutazione dei rischi cui si espone).

Cassazione penale sez. IV, 17/10/2018, n.54813

In tema di infortuni sul lavoro e di responsabilità del titolare della posizione di garanzia, è interruttiva del nesso di condizionamento tra la condotta di questi e l’evento lesivo per il lavoratore la condotta abnorme del lavoratore, quando essa si collochi in qualche guisa al di fuori dell’area di rischio definita dalla lavorazione in corso: tale comportamento è “interruttivo”, cioè, non perché “eccezionale”, ma perché eccentrico rispetto al rischio lavorativo che il garante è chiamato a governare (cfr. sezioni Unite, 24 aprile 2014, E. e altri).

Cassazione penale sez. IV, 19/07/2018, n.43852

In tema di prevenzione antinfortunistica, perché la condotta colposa del lavoratore possa ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta colposa del datore di lavoro e l’evento lesivo, è necessario non tanto che essa sia eccezionale ed imprevedibile, quanto, piuttosto, che sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia. Non integra il “comportamento abnorme”, idoneo a escludere il nesso di causalità tra la condotta omissiva del datore di lavoro e l’evento lesivo o mortale patito dal lavoratore, il compimento da parte di quest’ultimo di un’operazione che, seppure inutile e imprudente, non risulti eccentrica rispetto alle mansioni a lui specificamente assegnate nell’ambito del ciclo produttivo, che il garante è chiamato a governare.

Cassazione penale sez. IV, 29/05/2018, n.26858

Il comportamento colposo concausativo dell’infortunio del lavoratore non esclude la responsabilità primaria del suo superiore e non deve essere confuso con la condotta abnorme del dipendete, che è la sola che può condurre all’esonero del datore di lavoro.

Cassazione penale sez. IV, 20/03/2018, n.17404

Nel sistema della normativa antinfortunistica, per potere considerare interrotto il nesso causale tra l’incidente e la condotta del datore di lavoro, è necessario che la condotta del lavoratore cui si vuole ricondurre la causa esclusiva dell’evento sia caratterizzata dalla cosiddetta “abnormità”; ossia da quel comportamento del lavoratore che assume valenza interruttiva nel nesso di causalità fra la condotta del garante in tema di sicurezza e l’evento dannoso verificatosi a suo danno: tale condizione, peraltro, si verifica non perché il comportamento del lavoratore qualificato come abnorme sia “eccezionale”, ma perché esso risulta eccentrico rispetto al rischio lavorativo che il garante è chiamato a governare (cfr. sezioni Unite, 24 aprile 2014, Espenhahn e altri) (ciò che la Corte, nella specie, ha escluso, versandosi in un’ipotesi disciplinata dall’articolo 71, comma 1, del decreto legislativo n. 81 del 2008, che pone a carico del datore di lavoro l’obbligo di mettere “a disposizione dei lavoratori attrezzature conformi ai requisiti di cui all’articolo 70, idonee ai fini della salute e della sicurezza e adeguate al lavoro da svolgere o adattate a tali scopi che devono essere utilizzate conformemente alle disposizioni legislative di recepimento delle direttive comunitarie”).

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA