E’ configurabile la causa di giustificazione dello stato di necessità se i fatti di bancarotta contestati sono collegati all’estorsione con metodo mafioso subita dall’amministratore della società fallita.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza 9395.2020, depositata il 10 marzo 2020, resa dalla V Sezione penale della Corte di Cassazione, con la quale il Collegio del diritto, esprimendosi in merito ad un caso di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, chiarisce la portata della causa di giustificazione dello stato di necessità, integrabile dalla condotta estorsiva caratterizzata da modalità mafiosa perpetrata nei confronti dell’imputato.

Nel caso di specie, la Corte di appello di Catania confermava la sentenza emessa dal locale Tribunale di condanna dell’imputato per aver consumato i reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, quale amministratore della società dichiarata fallita.

Il ricorso in cassazione e la questione di diritto.

Avverso la decisione resa dai Giudici di secondo grado, la difesa del giudicabile proponeva ricorso per cassazione, deducendo plurimi motivi di impugnazione, tra i quali particolare interesse riveste quello con il quale è stato denunciato vizio di motivazione della sentenza gravata nella parte in cui non ritenuto di applicare la scriminante dello stato di necessità (art. 54 cod. pen.).

Secondo il ricorrente, invero, il procurato dissesto della società risultava giustificato dalla condotta di estorsione mafiosa subìta.

I Giudici di legittimità, nel ritenere fondato il motivo di ricorso e nell’annullare con rinvio la sentenza impugnata, chiariscono i connotati dell’altrui minaccia, elemento costitutivo della causa di giustificazione dello stato di necessità, in relazione al reato di estorsione con metodo mafioso e ne delineano le differenze rispetto al delitto di usura.

Di seguito si riportano i passaggi tratti dalla motivazione della decisione in commento:

“In tema di scriminante dello stato di necessità, invero, questa Corte ha escluso l’applicazione dell’art. 54 cod. pen. alle situazioni di volontaria sottoposizione alla situazione di pericolo e, con specifico riferimento al reato di bancarotta, anche il supremo consesso, nella sua più autorevole composizione, ha statuito come (Sez. U. n. 28910 del 3 luglio 2019, Suraci, Rv. 276286) la scriminante dello stato di necessità non sussiste nel caso in cui i soci amministratori effettuino pagamenti nei confronti di taluni creditori, che sappiano essere membri di una organizzazione criminale di stampo mafioso e da cui temano ritorsioni violente per il mancato soddisfacimento delle loro pretese, qualora essi abbiano volontariamente e consapevolmente creato una situazione di pericolo per l’impresa, rivolgendosi agli stessi.

In tal senso, rilevanza decisiva è attribuita alla condotta della stessa parte offesa, tanto che la giurisprudenza di questa Corte ha, essenzialmente, escluso la configurabilità della invocata causa di giustificazione in ipotesi di ricorso al credito usurario, non ravvisando, in tali casi, né il requisito del generarsi del pericolo per cause indipendenti dalla volontà dell’agente, né il requisito della sua inevitabilità con altri mezzi (Sez. 5, n. 10542 del 31/10/2014 – dep. 2015, Rocca, Rv. 262726; Sez. 2, n. 19714 del 14/04/2015, Moccardi, Rv. 263533).

Nel caso in esame, invece, il ricorrente ha prospettato e documentato di essere rimasto vittima di estorsione aggravata dal metodo mafioso, reato che — diversamente dall’usura – esclude strutturalmente la volontaria sottoposizione al pericolo della persona offesa.

La laconica ed assertiva statuizione della Corte territoriale s’appalesa, nel caso al vaglio, del tutto elusiva della disamina dei predetti postulati, adeguatamente prospettati nell’atto di gravame e rimasti appena accennati nella sentenza di primo grado.

Donde la necessità di (ri)valutazione della sussistenza della causa di giustificazione dello stato di necessità determinato dall’altrui minaccia, ai cui fini — è appena il caso di rilevare – è sufficiente una prospettazione verbale di conseguenze sfavorevoli, caratterizzata, rispetto al contesto in cui si inserisce, da connotati di serietà, gravità e consistenza tali da determinare un’azione imposta dall’esigenza di salvare l’autore immediato dal pericolo attuale di un danno grave alla persona (Sez. 1, n. 53386 del 14/06/2018, Martucci, Rv. 274541; cfr. N. 28704 del 2015 Rv. 264851, N. 19714 del 2015 Rv. 263533, N. 4060 del 2008 Rv. 239200, N. 45065 del 2014 Rv. 260839, N. 42928 del 2010 Rv. 248810, N. 40270 del 2015 Rv. 265039, N. 35580 del 2007 Rv. 237305).

Quadro giurisprudenziale di riferimento:

Cassazione penale sez. I, 28/02/2018, n.26399

La circostanza aggravante prevista dall’art. 7 del d.l. 13 maggio 1991, n. 152, conv., in l. 12 luglio 1991, n. 203, il cui contenuto è stato trasfuso nell’art. 416-bis.1 c.p. dall’art. 8, comma 1, d.lg. 1 marzo 2018, n. 21, nella forma dell’aver commesso il fatto avvalendosi del cd. “metodo mafioso”, è configurabile nel caso di condotte che presentano un nesso eziologico immediato rispetto all’azione criminosa, in quanto logicamente funzionali alla più pronta e agevole perpetrazione del crimine, non essendo pertanto integrata dalla sola connotazione mafiosa dell’azione o dalla mera ostentazione, evidente e provocatoria, dei comportamenti di tale organizzazione. (In motivazione la Corte ha escluso che l’aggravante sia legittimamente desumibile dal mero carattere eclatante dell’azione, siccome commessa in pieno giorno, nel centro cittadino di una zona di sicuro radicamento mafioso, nonché dalla sua efficiente pianificazione).

Cassazione penale sez. I, 14/06/2018, n.53386

Ai fini della sussistenza della causa di giustificazione dello stato di necessità determinato dall’altrui minaccia, ai sensi dell’art. 54, comma terzo, cod. pen., è sufficiente una prospettazione verbale di conseguenze sfavorevoli, caratterizzata – rispetto al contesto in cui si inserisce – da connotati di serietà, gravità e consistenza tali da determinare un’azione imposta dall’esigenza di salvare l’autore immediato dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, senza che sia necessaria la costante presenza del soggetto da cui la minaccia promana. (Nella fattispecie, relativa ad un imputato che, condannato per concorso in sequestro di persona a scopo di estorsione, si doleva del mancato riconoscimento dello stato di necessità in relazione alle minacce di morte rivoltegli da un compartecipe, la Corte ha annullato con rinvio la sentenza impugnata, specificando che, ai fini della valutazione del requisito della proporzione tra il “fatto” ed il “pericolo”, di cui al comma 1 dell’art. 54, deve aversi riguardo all’oggetto della minaccia e non alla condotta minacciosa, la quale, di per sé, sarebbe sempre meno grave del reato commesso).

Cassazione penale sez. V, 14/04/2015, n.28704

Ai fini dell’integrazione dell’esimente dello stato di necessità è necessario che il pericolo di un danno grave alla persona sia attuale ed imminente o, comunque, idoneo a fare sorgere nell’autore del fatto la ragionevole opinione di trovarsi in siffatto stato, non essendo all’uopo sufficiente un pericolo eventuale, futuro, meramente probabile o temuto; inoltre, si deve trattare di un pericolo non altrimenti evitabile sulla base di fatti oggettivamente riscontrati e non accertati solo in via presuntiva. (Nella specie la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione con cui il giudice di appello ha affermato la sussistenza dello stato di necessità nei confronti degli imputati di sequestro di persona e omicidio colposo, i quali avevano solo parzialmente immobilizzato e comunque assoggettato a continuo monitoraggio un paziente sottoposto a T.S.O. e ricoverato in permanente stato di agitazione psicomotoria caratterizzata da atteggiamenti aggressivi contro i presenti e contro se stesso).

Cassazione penale sez. V, 31/10/2014, n.10542

Non sussiste la scriminante dello stato di necessità in relazione al reato di bancarotta qualora i soci amministratori distraggano i beni appartenenti alla società per destinarli a creditori che pratichino interessi usurari qualora essi abbiano volontariamente e consapevolmente creato una situazione di pericolo per l’impresa, non ricorrendo, in tal caso, né il requisito del generarsi del pericolo per cause indipendenti dalla volontà dell’agente, né il requisito della sua inevitabilità con altri mezzi.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA