Art. 635 ter c.p. – Danneggiamento di informazioni, dati e programmi informatici utilizzati dallo Stato o da altro ente pubblico o comunque di pubblica utilità

Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque commette un fatto diretto a distruggere, deteriorare, cancellare, alterare o sopprimere informazioni, dati o programmi informatici utilizzati dallo Stato o da altro ente pubblico o ad essi pertinenti, o comunque di pubblica utilità, è punito con la reclusione da uno a quattro anni.

Se dal fatto deriva la distruzione, il deterioramento, la cancellazione, l’alterazione o la soppressione delle informazioni, dei dati o dei programmi informatici, la pena è della reclusione da tre a otto anni.

Se il fatto è commesso con violenza alla persona o con minaccia ovvero con abuso della qualità di operatore del sistema, la pena è aumentata.

 

La fattispecie: Il bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice è il patrimonio, in relazione a informazioni, dati o programmi informatici statali. La fattispecie incrimina condotte dirette alla distruzione, deterioramento, cancellazione, alterazione o soppressione di informazioni, dati o programmi informatici di Stato o enti pubblici. La norma penale, dunque, è costruita sullo schema del tentativo ex art. 56 c.p.

Elemento soggettivo: Dolo generico (coscienza e volontà di danneggiare informazioni, dati o programmi informatici statali).

Momento di consumazione: momento in cui il soggetto agente pone in essere una condotta diretta alla distruzione, al deterioramento, alla cancellazione, all’alterazione o alla soppressione di informazioni, dati o programmi informatici di Stato o enti pubblici.

Sanzione: reclusione da 1 a 4 anni; reclusione da 3 ad 8 anni nell’ipotesi di cui al co. 2; aumento della pena nel caso di cui al co. 3.

Procedibilità: d’ufficio

Competenza: Tribunale monocratico

Prescrizione: co. 1 – 6 anni; co. 2 – 8 anni, salvo aumento per atto interruttivo ex art. 161 c.p.

 

Pronunce della giurisprudenza di legittimità:

 

Cassazione penale sez. V, 25/03/2019, n.18284

In ipotesi di accesso abusivo ad una casella di posta elettronica protetta da password, il reato di cui art. 615-ter c.p. concorre con il delitto di violazione di corrispondenza in relazione alla acquisizione del contenuto delle mail custodite nell’archivio e con il reato di danneggiamento di dati informatici, di cui agli artt. 635-bis e ss. c.p., nel caso in cui, all’abusiva modificazione delle credenziali d’accesso, consegue l’inutilizzabilità della casella di posta da parte del titolare.

 

Cassazione penale sez. II, 01/12/2016, n. 54715

Il reato di frode informatica si differenzia da quello di danneggiamento di dati informatici, di cui agli artt. 635 bis e ss. cod. pen., perché, nel primo, il sistema informatico continua a funzionare, benché in modo alterato rispetto a quello programmato, mentre nel secondo l’elemento materiale è costituito dal mero danneggiamento del sistema informatico o telematico, e, quindi, da una condotta finalizzata ad impedire che il sistema funzioni.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA