Responsabilità dell’ente

Art. 5 D.lgs. 231/2001 – Responsabilità dell’ente

L’ente è responsabile per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio:

  1. a) da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell’ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso;
  2. b) da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui alla lettera a).

 L’ente non risponde se le persone indicate nel comma 1 hanno agito nell’interesse esclusivo proprio o di terzi.

L’articolo 5 delinea i presupposti oggettivi di imputazione della responsabilità degli enti, quali la commissione del reato nell’interesse o a vantaggio dell’ente; la particolare qualifica soggettiva rivestita dal soggetto agente all’interno dell’organizzazione della persona giuridica; nonché il requisito negativo per cui il fatto illecito non deve essere stato realizzato nell’interesse esclusivo proprio dell’autore o di terzi.

Interesse o vantaggio.

Il primo requisito delineato dall’art. 5 è quello dell’interesse o vantaggio dell’ente, locuzione che indica il beneficio che la persona giuridica trae o può trarre dalla realizzazione del fatto illecito.

L’espressione “interesse o vantaggio” è stata oggetto di contrastanti correnti dottrinali, che hanno portato alla formazione di due distinte tesi: la teoria monistica, secondo la quale l’unico parametro necessario al quale fare riferimento è quello dell’interesse dell’ente; la teoria dualistica – maggiormente condivisa, anche alla luce del consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità –  che qualifica i due criteri come alternativi, per cui, per poter riconoscere la responsabilità amministrativa in capo al soggetto collettivo, risulta necessario verificare la ricorrenza dell’interesse ovvero del vantaggio dell’ente. In tale ottica, il requisito dell’interesse presenta connotazione prettamente soggettiva, consistendo nella proiezione finalistica della condotta illecita, apprezzabile ex ante; laddove il criterio del vantaggio, di tipo oggettivo, è rappresentato dal beneficio concretamente derivato all’ente, accertabile ex post.

Autori del reato presupposto.

Il secondo criterio di imputazione richiesto dall’art. 5 è la realizzazione dei reati presupposto nell’interesse o a vantaggio dell’ente da parte di soggetti che rivestano una qualificata posizione soggettiva all’interno dell’organizzazione della persona giuridica, quali gli apicali o i sottoposti.

I soggetti apicali sono i soggetti posti al vertice dell’organigramma dell’ente, in quanto essi rivestono, anche di fatto, funzioni di rappresentanza, amministrazione o direzione dell’ente o di una sua unità organizzativa.

I sottoposti sono i soggetti subordinati agli apicali.

La distinzione tra tali qualifiche risulta produttiva di distinti effetti giuridici, in particolare sul piano della ripartizione dell’onere della prova tra ente ed accusa.

 

La rassegna delle più significative pronunce della giurisprudenza di legittimità in tema di criteri oggettivi e soggettivi:

 

Cassazione penale sez. IV, 27/11/2019, n.49775

 

In tema di responsabilità degli enti derivante da reati colposi di evento in violazione della normativa antinfortunistica, i criteri oggettivi dell’interesse e del vantaggio vanno riferiti alla condotta dell’agente e non all’evento.

 In tema di responsabilità degli enti derivante da reati colposi di evento in violazione della normativa antinfortunistica, i criteri di imputazione oggettiva rappresentati dall’interesse e dal vantaggio, da riferire entrambi alla condotta del soggetto agente e non all’evento, ricorrono, rispettivamente, il primo, quando l’autore del reato abbia violato la normativa cautelare con il consapevole intento di conseguire un risparmio di spesa per l’ente, indipendentemente dal suo effettivo raggiungimento, e, il secondo, qualora l’autore del reato abbia violato sistematicamente le norme antinfortunistiche, ricavandone oggettivamente un qualche vantaggio per l’ente, sotto forma di risparmio di spesa o di massimizzazione della produzione, indipendentemente dalla volontà di ottenere il vantaggio stesso.

 

Cassazione penale sez. IV, 27/11/2019, n.49775

 

Solo in caso di prassi consolidata si può riscontrare l’interesse o il vantaggio dell’ente.

Quando la violazione antinfortunistica da cui è derivato l’infortunio del lavoratore non risponde a una prassi consolidata e quindi conosciuta o conoscibile dagli organi apicali dell’azienda, non può sostenersi che tale inosservanza risponda al perseguimento di un interesse o vantaggio in capo all’impresa.

 

Cassazione penale sez. III, 04/10/2019, n.3157

 

In tema di reati colposi in materia ambientale i criteri oggettivi dell’interesse o vantaggio si rinvengono nel risparmio di spesa o nella massimizzazione della produzione.

In tema di responsabilità degli enti derivante da reati colposi in materia ambientale (art. 25-undecies d.lg. n. 231 del 2001, nella specie configurato con riferimento al reato presupposto di cui all’art. 137, comma 5, d.lg. n. 152 del 2006) l’interesse e il vantaggio vanno individuati sia nel risparmio economico per l’ente determinato dalla mancata adozione di impianti o dispositivi idonei a prevenire il superamento dei limiti tabellari, sia nell’eliminazione di tempi morti cui la predisposizione e manutenzione di detti impianti avrebbe dovuto dare luogo, con economizzazione complessiva dell’attività produttiva, considerando a tal ultimo riguardo che il risparmio a favore dell’impresa può consistere anche nella sola riduzione dei tempi di lavorazione.

 

Cassazione penale sez. IV, 24/09/2019, n.43656

 

Reati colposi di evento in violazione della normativa antinfortunistica: l’interesse ed il vantaggio dell’ente sono ravvisabili nel risparmio di spesa e nell’aumento della produttività ovvero riduzione dei tempi di lavorazione.

 In materia di responsabilità amministrativa degli enti derivante da reati colposi di evento in violazione della normativa antinfortunistica (articolo 25-septies del decreto legislativo n. 231 del 2001), sussiste l’interesse dell’ente nel caso in cui l’omessa predisposizione dei sistemi di sicurezza determini un risparmio di spesa, mentre si configura il requisito del vantaggio qualora la mancata osservanza della normativa cautelare consenta un aumento e produttività o anche solo una riduzione dei tempi di lavorazione.

 

Cassazione penale sez. IV, 24/01/2019, n.16598

 

Il risparmio dell’impresa quale criterio oggettivo di imputazione della responsabilità può consistere nella riduzione dei tempi di lavorazione.

 In tema di responsabilità degli enti derivante da reati colposi di evento in violazione della normativa antinfortunistica, il “risparmio” in favore dell’impresa, nel quale si concretizzano i criteri di imputazione oggettiva rappresentati dall’interesse e dal vantaggio, può consistere anche nella sola riduzione dei tempi di lavorazione. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva affermato la responsabilità dell’ente in un caso in cui, sebbene i lavoratori fossero stati correttamente formati e i presidi collettivi ed individuali fossero presenti e conformi alla normativa di riferimento, le lavorazioni in concreto si svolgevano senza prevedere l’applicazione ed il controllo dell’utilizzo degli strumenti in dotazione, al fine di ottenere una riduzione dei tempi di lavoro).

 

Cassazione penale sez. VI, 25/09/2018, n.54640

 

Per verificare la sussistenza del criterio dell’interesse, a connotazione prettamente soggettiva, non può prescindersi dal confronto con un parametro oggettivo.

 In tema di responsabilità degli enti collettivi, quando si deve verificare l’esistenza di un interesse della società in capo al soggetto agente che pone in essere il reato presupposto della responsabilità della società, pur essendo la nozione di “interesse dell’ente” caratterizzata (a differenza della nozione di vantaggio) da una prevalente connotazione soggettiva, non può prescindersi – specie se il reato è stato commesso nel prevalente interesse del singolo o di terzi – da un confronto con un parametro oggettivo, non rimesso esclusivamente ad imperscrutabili intendimenti dell’agente.

 

Cassazione penale sez. VI, 25/09/2018, n.54640

 

La diversa qualificazione soggettiva dell’autore dell’illecito amministrativo non determina mutamento dell’imputazione.

 In tema di responsabilità degli enti, non determina la violazione del principio di correlazione tra imputazione e sentenza la condanna dell’ente emessa attribuendo all’autore del reato presupposto il ruolo di soggetto sottoposto all’altrui direzione, anziché la veste di soggetto apicale così come indicato nell’originaria imputazione. (Fattispecie di attribuzione della responsabilità dell’ente, pur a seguito della diversa qualificazione della posizione soggettiva dell’autore del reato, sulla base della mancanza di un adeguato sistema di controllo e previsione, avente connotazioni assimilabili a quelle dell’originaria contestazione) .

 Cassazione penale sez. IV, 23/05/2018, n.38363

 

Interesse e vantaggio: la diversa natura dei due criteri di imputazione

In tema di responsabilità da reato degli enti, i criteri di imputazione riferiti all’interesse e al vantaggio sono giuridicamente distinti giacché, mentre il primo è criterio soggettivo, da valutare ex ante, e consistente nella proiezione finalistica volta a far conseguire all’ente un profitto indipendentemente dall’effettiva realizzazione dello stesso, il secondo è criterio oggettivo, accertabile “ex post” e consistente nel concreto vantaggio derivato all’ente dal reato.

 

Cassazione penale sez. IV, 13/09/2017, n.16713

 

Reati colposi di evento: interesse e vantaggio si riferiscono alla condotta, non all’evento.

In tema di responsabilità da reato degli enti derivante da reati colposi di evento, i criteri di imputazione oggettiva, rappresentati dal riferimento contenuto nell’art. 5 del d.lgs. 231 del 2001 all’interesse o al vantaggio, devono essere riferiti alla condotta e non all’evento.

 

Cassazione penale sez. II, 27/09/2016, n.52316

 

Interesse e vantaggio costituiscono criteri alternativi.

In tema di responsabilità amministrativa degli enti, l’articolo 5 del decreto legislativo 8 giugno 2001 n. 231, che ne individua il presupposto nella commissione dei reati “nel suo interesse o a suo vantaggio “, non contiene un’endiadi, perché i predetti termini hanno riguardo a concetti giuridicamente diversi, ed evocano criteri concorrenti, ma alternativi: il richiamo all’interesse dell’ente valorizza una prospettiva soggettiva della condotta delittuosa posta in essere dalla persona fisica da apprezzare ex ante, per effetto di un indebito arricchimento prefigurato, ma non necessariamente realizzato, in conseguenza dell’illecito; il riferimento al vantaggio valorizza, invece, un dato oggettivo che richiede sempre una verifica ex post quanto all’obbiettivo conseguimento di esso a seguito della commissione dell’illecito presupposto, pur in difetto della sua prospettazione ex ante. Da ciò deriva che i due presupposti si trovano in concorso reale, cosicché, ricorrendo entrambi, l’ente si troverebbe a dover rispondere di una pluralità di illeciti (situazione disciplinata dall’articolo 21 del decreto legislativo n. 231 del 2001).

 

Cassazione penale sez. IV, 19/05/2016, n.31210

 

Omicidio e lesioni colpose in violazione della normativa antinfortunistica: interesse e vantaggio ravvisabili nel risparmio di spesa.

 In tema di responsabilità da reato dell’ente in conseguenza della commissione dei reati di omicidio colposo o di lesioni gravi o gravissime commessi con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro (art. 25 septies d.lg. 8 giugno 2001 n. 231), ricorre il requisito dell’interesse dell’ente quando la persona fisica, pur non volendo il verificarsi dell’evento morte o lesioni del lavoratore, ha consapevolmente agito allo scopo di far conseguire un’utilità alla persona giuridica; ciò accade, ad esempio, quando la mancata adozione delle cautele antinfortunistiche risulti essere l’esito, non di una semplice sottovalutazione dei rischi o di una cattiva considerazione delle misure di prevenzione necessarie, ma di una scelta finalisticamente orientata a risparmiare sui costi d’impresa: pur non volendo il verificarsi dell’infortunio in danno del lavoratore, l’autore del reato ha consapevolmente violato la normativa cautelare allo scopo di soddisfare un interesse dell’ente (ad esempio, far ottenere alla società un risparmio sui costi in materia di prevenzione). Ricorre, invece, il requisito del vantaggio per l’ente quando la persona fisica, agendo per conto dell’ente, anche in questo caso ovviamente non volendo il verificarsi dell’evento morte o lesioni del lavoratore, ha violato sistematicamente le norme prevenzionistiche e, dunque, ha realizzato una politica d’impresa disattenta alla materia della sicurezza sul lavoro, consentendo una riduzione dei costi e un contenimento della spesa con conseguente massimizzazione del profitto.

 

Cassazione penale sez. IV, 20/04/2016, n.24697

 

Lesioni personali colpose: il vantaggio ravvisabile nell’aumento della produttività conseguente ad inosservanza delle cautele antinfortunistiche.

 In tema di responsabilità amministrativa degli enti derivante dal reato di lesioni personali aggravate dalla violazione della disciplina antinfortunistica, sussiste l’interesse dell’ente nel caso in cui l’omessa predisposizione dei sistemi di sicurezza determini un risparmio di spesa, mentre si configura il requisito del vantaggio qualora la mancata osservanza della normativa cautelare consenta un aumento della produttività. (In motivazione, la Corte ha affermato che la responsabilità dell’ente, non può essere esclusa in considerazione dell’esiguità del vantaggio o della scarsa consistenza dell’interesse perseguito, in quanto anche la mancata adozione di cautele comportanti limitati risparmi di spesa può essere causa di lesioni personali gravi). (Conf. n.31003 del 2015 e n.31210 del 2016 N.M.).

 

Cassazione penale sez. VI, 09/02/2016, n.12653

 

Autore del reato presupposto è, indifferentemente, soggetto apicale ovvero sottoposto.

In tema di responsabilità amministrativa degli enti, l’art. 5 d.lg. 8 giugno 2001 n. 231 prevede che il fatto, in grado di consentire l’addebito a carico dell’ente, sia commesso nel suo interesse o a suo vantaggio da persone che rivestono funzioni apicali ovvero da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti in posizione apicale. I due criteri di imputazione sono alternativi o concomitanti: quello costituito dall’interesse esprime una valutazione teleologica del reato, apprezzabile ex ante, cioè al momento della commissione del fatto e secondo un metro di giudizio marcatamente soggettivo, mentre quello del vantaggio ha una connotazione essenzialmente oggettiva, come tale valutabile ex post, sulla base degli effetti concretamente derivati dalla realizzazione dell’illecito (sezioni Unite, 24 aprile 2014, Espenhahn).

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA