Soggetti in posizione apicale e modelli di organizzazione dell’ente

Art. 6 D.lgs. 231/2001 – Soggetti in posizione apicale e modelli di organizzazione dell’ente.

  1. Se il reato è stato commesso dalle persone indicate nell’articolo 5, comma 1, lettera a), l’ente non risponde se prova che:
  2. a) l’organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi;
  3. b) il compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli di curare il loro aggiornamento è stato affidato a un organismo dell’ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo;
  4. c) le persone hanno commesso il reato eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e di gestione;
  5. d) non vi è stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell’organismo di cui alla lettera b).
  6. In relazione all’estensione dei poteri delegati e al rischio di commissione dei reati, i modelli di cui alla lettera a), del comma 1, devono rispondere alle seguenti esigenze:
  7. a) individuare le attività nel cui ambito possono essere commessi reati;
  8. b) prevedere specifici protocolli diretti a programmare la formazione e l’attuazione delle decisioni dell’ente in relazione ai reati da prevenire;
  9. c) individuare modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee ad impedire la commissione dei reati;
  10. d) prevedere obblighi di informazione nei confronti dell’organismo deputato a vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli;
  11. e) introdurre un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello.

2-bis. I modelli di cui alla lettera a) del comma 1 prevedono:

  1. a) uno o più canali che consentano ai soggetti indicati nell’articolo 5, comma 1, lettere a) e b), di presentare, a tutela dell’integrità dell’ente, segnalazioni circostanziate di condotte illecite, rilevanti ai sensi del presente decreto e fondate su elementi di fatto precisi e concordanti, o di violazioni del modello di organizzazione e gestione dell’ente, di cui siano venuti a conoscenza in ragione delle funzioni svolte; tali canali garantiscono la riservatezza dell’identità del segnalante nelle attività di gestione della segnalazione;
  2. b) almeno un canale alternativo di segnalazione idoneo a garantire, con modalità informatiche, la riservatezza dell’identità del segnalante;
  3. c) il divieto di atti di ritorsione o discriminatori, diretti o indiretti, nei confronti del segnalante per motivi collegati, direttamente o indirettamente, alla segnalazione;
  4. d) nel sistema disciplinare adottato ai sensi del comma 2, lettera e), sanzioni nei confronti di chi viola le misure di tutela del segnalante, nonché di chi effettua con dolo o colpa grave segnalazioni che si rivelano infondate.

2-ter. L’adozione di misure discriminatorie nei confronti dei soggetti che effettuano le segnalazioni di cui al comma 2-bis può essere denunciata all’Ispettorato nazionale del lavoro, per i provvedimenti di propria competenza, oltre che dal segnalante, anche dall’organizzazione sindacale indicata dal medesimo.

2-quater. Il licenziamento ritorsivo o discriminatorio del soggetto segnalante è nullo. Sono altresì nulli il mutamento di mansioni ai sensi dell’articolo 2103 del codice civile, nonché qualsiasi altra misura ritorsiva o discriminatoria adottata nei confronti del segnalante. E’ onere del datore di lavoro, in caso di controversie legate all’irrogazione di sanzioni disciplinari, o a demansionamenti, licenziamenti, trasferimenti, o sottoposizione del segnalante ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro, successivi alla presentazione della segnalazione, dimostrare che tali misure sono fondate su ragioni estranee alla segnalazione stessa.

  1. I modelli di organizzazione e di gestione possono essere adottati, garantendo le esigenze di cui al comma 2, sulla base di codici di comportamento redatti dalle associazioni rappresentative degli enti, comunicati al Ministero della giustizia che, di concerto con i Ministeri competenti, può formulare, entro trenta giorni, osservazioni sulla idoneità dei modelli a prevenire i reati.
  2. Negli enti di piccole dimensioni i compiti indicati nella lettera b), del comma 1, possono essere svolti direttamente dall’organo dirigente.

4-bis. Nelle società di capitali il collegio sindacale, il consiglio di sorveglianza e il comitato per il controllo della gestione possono svolgere le funzioni dell’organismo di vigilanza di cui al comma 1, lettera b).

  1. È comunque disposta la confisca del profitto che l’ente ha tratto dal reato, anche nella forma per equivalente.

L’art. 6 individua i criteri soggettivi di imputazione dei reati presupposto commessi dai soggetti apicali dell’ente.

La peculiarità della norma risiede nell’inversione dell’onere della prova, per cui i soggetti apicali, ai fini dell’esonero da responsabilità, devono dimostrare di aver adottato ed efficacemente attuato modelli organizzativi idonei a prevenire il rischio reato; di aver conferito all’ Organismo di Vigilanza il compito di vigilare sull’osservanza ed esecuzione dei modelli; oppure che il reato sia stato commesso violando fraudolentemente i modelli.

La previsione dell’inversione dell’onere della prova è motivata dalla presunzione per cui la realizzazione di un fatto penalmente rilevante da parte del soggetto apicale dell’ente corrisponda ad una politica aziendale volta a massimizzare il profitto con riduzione dei costi.

 

Pronunce della giurisprudenza di legittimità sull’art.6:

 

Cassazione penale sez. IV, 24/09/2019, n.43656

 

Reati colposi di evento: il giudice è tenuto ad accertare l’esistenza e l’efficace attuazione di modelli organizzativi.

In tema di responsabilità degli enti derivante da reati colposi di evento in violazione della normativa antinfortunistica compete al giudice di merito, investito da specifica deduzione, accertare preliminarmente l’esistenza di un modello organizzativo e di gestione del D.Lgs. n. 231 del 2001, ex art. 6; poi, nell’evenienza che il modello esista, che lo stesso sia conforme alle norme; infine, che esso sia stato efficacemente attuato o meno nell’ottica prevenzionale, prima della commissione del fatto.

 

Cassazione penale sez. VI, 12/02/2016, n.11442

 

Incombe sull’ente l’onere della prova dell’adozione di modelli organizzativi.

 In tema di responsabilità amministrativa dell’ente derivante da persone che esercitano funzioni apicali, il sistema normativo introdotto dal d.lg. n. 231 del 2001 – che coniuga i tratti dell’ordinamento penale e di quello amministrativo, configurando un “tertium genus” di responsabilità compatibile con i principi costituzionali di responsabilità per fatto proprio e di colpevolezza – grava sulla pubblica accusa l’onere di dimostrare l’esistenza dell’illecito dell’ente, mentre a quest’ultimo incombe l’onere, con effetti liberatori, di dimostrare di aver adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del reato, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi (Sezioni Unite, 24 aprile 2014, E. e altri).

 

Cassazione penale sez. un., 24/04/2014, n.38343

 

Reato commesso da soggetti apicali: l’onere della prova liberatoria spetta all’ente.

Il sistema normativo introdotto dal d.lg. n. 231 del 2001, coniugando i tratti dell’ordinamento penale e di quello amministrativo, configura un tertium genus di responsabilità compatibile con i principi costituzionali di responsabilità per fatto proprio e di colpevolezza. (Nell’affermare tale principio, la Corte ha chiarito, in tema di responsabilità dell’ente derivante da persone che esercitano funzioni apicali, che grava sulla pubblica accusa l’onere di dimostrare l’esistenza dell’illecito dell’ente, mentre a quest’ultimo incombe l’onere, con effetti liberatori, di dimostrare di aver adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del reato, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi).

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA