Omessa dichiarazione delle imposte e sentenza di patteggiamento: è obbligatoria la confisca del profitto del reato tributario quando il processo viene definito ex art. 444 e segg. c.p.p.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza 11281.2020, depositata il 2 aprile 2020, resa dalla III Sezione penale della Corte di Cassazione, con la quale il Collegio del diritto, esprimendosi in merito ad un caso di omessa dichiarazione fiscale, ha dato continuità al consolidato orientamento giurisprudenziale secondo il quale, partendo dal dato testuale dell’art. 12 bis D.lgs. 74/2000, la confisca  – anche per equivalente – dei beni che costituiscono il profitto o il prezzo dei reati tributari deve essere sempre disposta in caso di condanna o di sentenza di applicazione pena.

Il reato contestato e l’iter processuale di merito

Nel caso di specie, il Tribunale di Messina, decidendo ai sensi dell’art. 444 c.p.p. sull’accordo delle parti, applicava la pena all’imputato tratto a giudizio per il delitto di omessa dichiarazione ex art. 5 D.lgs. 74/2000, per aver omesso di presentare la dichiarazione relativa alle imposte per l’anno 2014.

Avverso la predetta sentenza, il Procuratore Generale presso la Corte di appello di Messina interponeva appello, chiedendo la riforma della sentenza nella parte in cui era stata omessa la confisca del profitto del reato o dei beni ad esso equivalenti, che deve essere sempre disposta con la sentenza di patteggiamento.

La Corte territoriale trasmetteva l’impugnazione alla Suprema Corte attesa la inappellabilità della sentenza di patteggiamento.

Il ricorso per cassazione ed il principio di diritto.

La suprema Corte nell’accogliere il motivo di ricorso e nell’annullare la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Messina, statuisce e chiarisce la portata del consolidato principio di diritto in materia di confisca per equivalente nell’ambito dei reati tributari e della obbligatorietà nei casi di condanno o applicazione pena su richiesta delle parti.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla parte motiva della decisione resa dal Collegio del diritto:

questa Corte ha già affermato il principio – peraltro consolidato – secondo cui, in materia di reati tributari, la confisca, anche per equivalente, dei beni che costituiscono il profitto o il prezzo di uno dei delitti previsti dal d.lgs. 10 marzo. 2000, n. 74, deve essere sempre disposta nel caso di condanna o di sentenza di applicazione concordata della pena, stante l’identità della lettera e la piena continuità normativa tra la disposizione di cui all’art. 12- bis, comma secondo, del predetto decreto (introdotta dal d.lgs. 24 settembre 2015, n. 158 ed applicabile nel caso di specie ratione temporis) e la previgente fattispecie prevista dall’art. 322-ter cod. pen., richiamato dall’art. 1, comma 143, I. 24 dicembre 2007, n. 244, abrogata dall’art. 14 del citato d.lgs. n. 158 del 2015 (Sez. 3, n. 50338 del 22/09/2016, Lombardo, Rv. 268386).

Con riguardo all’identica previsione risultante dal combinato disposto degli artt. 1, comma 143, I. n. 244 del 2007 e 322 ter cod. pen., si era affermato che l’obbligatorietà della confisca discende «sia dal dato testuale della norma, ove si prevede […] che la confisca sia “sempre ordinata”, sia dalla natura sanzionatoria ad essa incontestabilmente riconosciuta dalla giurisprudenza; attraverso di essa, infatti, si è inteso privare l’autore del reato di un qualunque beneficio economico derivante dall’attività criminosa, anche di fronte all’impossibilità di aggredire l’oggetto principale, nella convinzione della capacità dissuasiva e disincentivante di tale strumento, che assume, così, i tratti distintivi di una vera e propria sanzione, non commisurata né alla colpevolezza dell’autore del reato, né alla gravità della condotta» (Sez. 3, n. 44445 del 09/10/2013, Cruciani, Rv. 257616, in motivazione).

La citata decisione aggiunge che la confisca per equivalente, operante, «oltre che in caso di condanna, anche, in virtù del testuale contenuto della norma, in ipotesi di sentenza di applicazione della pena ex art. 444 c.p.p., va poi applicata, tanto più in quanto, come precisato, obbligatoria, pur laddove la stessa non abbia costituito oggetto dell’accordo delle parti (cfr. Sez. 2, n. 20046 del 04/02/2011) […] Né è necessario, per l’assenza di norme che dispongano in senso contrario, che la confisca per equivalente sia preceduta dal sequestro preventivo dei beni oggetto della stessa (Sez. 3, n. 17066 del 04/02/2013, Volpe e altri, Rv. 255113)» (Sez. 3, n. 44445/2013).

La doglianza proposta, poi, è ammissibile anche a seguito della “novella” attuata con art. 1, comma 50, I. 23 giugno 2017, n. 103, che ha introdotto l’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., a norma del quale contro la sentenza di patteggiamento può essere proposto ricorso per cassazione «solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza».

Scrutinando vicende analoghe a quella di specie, questa Corte ha già ritenuto che, in tema di patteggiamento, è ammissibile il ricorso per cassazione del pubblico ministero, ex art. 448, comma 2-bis cod. proc. pen., volto a denunciare l’omessa applicazione della confisca obbligatoria prevista dall’art. 12- bis del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, nonostante la ricorrenza dei relativi presupposti, in quanto tale omissione determina una illegalità sul piano quantitativo delle statuizioni conseguenti alla realizzazione del reato per il quale detta confisca è prevista come obbligatoria (Sez. 3, n. 29428 del 08/05/2019, Scarpulla, Rv. 275896) e, trattandosi di questione che non aveva formato oggetto di accordo tra le parti, quest’orientamento trova conferma in una recente pronuncia adottata da questa Corte nella sua più autorevole composizione (S.U., sent. 26/09/2019, Savin).

Quadro normativo di riferimento:

Art. 12 bis D.lgs. 74/2000 – Confisca

Nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale per uno dei delitti previsti dal presente decreto, è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo o profitto.

La confisca non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all’erario anche in presenza di sequestro. Nel caso di mancato versamento la confisca è sempre disposta. 

 

Quadro giurisprudenziale di riferimento:

Cassazione penale sez. III, 08/05/2019, n.29428

In tema di patteggiamento, è ammissibile il ricorso per cassazione del pubblico ministero, ex art. 448, comma 2-bis c.p.p., volto a denunciare l’omessa applicazione della confisca obbligatoria prevista dall’art. 12-bis d.lg. 10 marzo 2000, n. 74, nonostante la ricorrenza dei relativi presupposti, in quanto tale omissione determina una illegalità sul piano quantitativo delle statuizioni conseguenti alla realizzazione del reato per il quale detta confisca è prevista come obbligatoria.

Cassazione penale sez. III, 07/03/2018, n.45559

La sentenza di applicazione della pena che abbia omesso di disporre l’espulsione dal territorio dello Stato dello straniero per uno dei reati indicati nell’art. 86 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 non può essere impugnata dal p.m. con ricorso per cassazione, ostandovi la previsione dell’art. 448, comma 2-bis cod. proc. pen., introdotta dall’art.1, comma 50, della legge 23 giugno 2017, n. 103, che individua ipotesi tassative per la proponibilità di detta impugnazione, tra le quali l’effettiva adozione di una misura di sicurezza.

 

Cassazione penale sez. III, 22/09/2016, n.50338

La confisca “diretta” o “per equivalente” del profitto del reato, coincidente con l’imposta evasa, va sempre obbligatoriamente disposta anche con la sentenza di applicazione della pena ex art. 444 c.p.p.

Cassazione penale sez. III, 09/10/2013, n.44445

Per i reati tributari considerati dall’art. 1, comma 143, della l. n. 244 del 2007, in essi compreso anche il reato di cui all’art.10 ter del d.lg. n. 74 del 2000, il sequestro preventivo, funzionale alla confisca “per equivalente”, può essere disposto, anche con la sentenza di applicazione della pena, non soltanto per il prezzo, ma anche per il profitto del reato posto che l’integrale rinvio alle disposizioni di cui all’art. 322 ter c.p., contenuto nell’art. 1, comma 143, della l. n. 244 predetta, consente di affermare che, con riferimento appunto a detti reati, trova applicazione non solo il primo ma anche il comma 2 della norma codicistica.

Cassazione penale sez. II, 04/02/2011, n.20046

Con la sentenza di patteggiamento emessa nel procedimento a carico degli enti il giudice deve sempre applicare anche la sanzione della confisca, eventualmente nella forma per equivalente, del profitto del reato presupposto, rimanendo irrilevante che la stessa non sia stata oggetto dell’accordo intervenuto tra le parti.

Cassazione penale sez. VI, 11/03/2010, n.12508

Il giudice non può accogliere la richiesta di applicazione della pena se l’accordo intervenuto tra le parti non comprende anche l’oggetto della confisca prevista per il reato cui il patteggiamento si riferisce ovvero non consente la determinazione certa dei beni destinati all’ablazione. (Fattispecie relativa a patteggiamento per il reato di concussione e alla mancata determinazione dei beni oggetto del provvedimento di confisca per equivalente del relativo profitto).

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA