Risponde di lesioni colpose il datore di lavoro che non abbia adeguatamente formato e dotato dei necessari dispositivi di protezione la dipendente addetta all’utilizzo della macchina affettatrice
Si segnala ai lettori del blog la recente sentenza 10161.2020, resa dalla IV Sezione penale della Corte di Cassazione, con la quale il Collegio del diritto, scrutinando un caso di lesioni personali colpose commesse in violazione della normativa a tutela della sicurezza sul lavoro, si esprime in merito al tema dell’abnormità della condotta del lavoratore infortunato, tale da elidere, solo a certe condizioni, il nesso causale tra la violazione della normativa antinfortunistica e l’evento lesivo.
La sentenza affronta, altresì il tema della validità delle delega di funzioni e del connesso obbligo gravante in capo al datore di lavoro di vigilare sulla correttezza dell’operato dei delegati.
L’incidente sul lavoro ed il doppio giudizio di merito
Nel caso di specie, la lavoratrice infortunata, dipendente presso il reparto di cucina dell’ospedale, riportava ferite alla mano per essersi tagliata con la lama della macchina affettatrice, priva di coprifilo, durante la pulizia del dispositivo.
All’imputata, nella qualità di datore di lavoro e di legale rappresentante della società, era contestato il delitto di lesioni colpose ex art. 590 co. 1,2,4 e 583 c.p. co. 1 n. 1, in relazione agli artt. 37 co. 1, 71 co. 1 D.lgs. 81/2008 e 2017 c.c., per aver omesso, con imprudenza, imperizia e negligenza e violazione delle prescrizioni del testo unico, di fornire alla lavoratrice gli adeguati mezzi di protezione e di formarla circa i rischi specifici inerenti alla lavorazione.
La Corte di appello di Brescia confermava la sentenza con la quale il Tribunale di Bergamo aveva condannato l’imputata per il reato ascrittole.
Il ricorso per cassazione ed il principio di diritto
Avverso la predetta sentenza, la difesa della prevenuta interponeva ricorso per cassazione, articolando plurimi motivi di impugnazione.
Maggiore interesse ai fini del presente commento, rivestono le deduzione della violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al comportamento imprudente posto in essere dalla lavoratrice, nonché in relazione all’impossibilità di muovere rimprovero al datore di lavoro, in ragione della responsabilità del direttore di mensa e del responsabile della cucina, nominati dal datore di lavoro in qualità di preposti.
I Giudici di legittimità, nel rigettare il ricorso, ravvisano in capo al datore di lavoro la violazione degli obblighi su di lui gravanti di valutazione dei rischi inerenti all’attività lavorativa, in quanto tali non delegabili non senza richiamare i principi di diritto relativi alle condizioni per qualificare come abnorme il comportamento posto in essere dal lavoratore ed alla validità della delega di funzioni e all’obbligo gravante sul datore di lavoro di vigilanza e controllo sul corretto operato dei soggetti delegati.
Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dal compendio motivazionale della decisione emessa dalla Suprema Corte:
(i) La censurata condotta abnorme del lavoratore.
La Corte di Appello ha fatto corretta applicazione dei principi formulati a tale riguardo dal giudice di legittimità.
Nell’ampia serie di pronunce possono rammentarsi quelle che insegnano non essere idoneo ad escludere il nesso di causalità tra la condotta omissiva del datore di lavoro e l’evento lesivo o mortale patito dal lavoratore il compimento da parte di quest’ultimo di un’operazione che, seppure inutile e imprudente, non risulta eccentrica rispetto alle mansioni a lui specificamente assegnate nell’ambito del ciclo produttivo (Sez. 4, n. 7955 del 10/10/2013 – dep. 19/02/2014, Rovaldi, Rv. 259313); e quella secondo la quale, perché la condotta colposa del lavoratore possa ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l’evento lesivo, è necessario non tanto che essa sia imprevedibile, quanto, piuttosto, che sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia (Sez. 4, n. 15124 del 13/12/2016 – dep. 27/03/2017, Gerosa e altri, Rv. 269603).
Nel caso che occupa è fuor di dubbio che il sinistro si sia verificato mentre la lavoratrice svolgeva i compiti che le erano stati assegnati; l’imprudenza o la negligenza nell’operazione effettuata rappresenta proprio la concretizzazione del rischio che le regole di prevenzione, riferibili alla formazione, all’informazione e alla messa a disposizione di strutture e attrezzature idonee, vogliono evitare . Se non vi fossero state le citate carenze organizzative riconducibili al datore di lavoro e ai suoi preposti, vi fosse stata la messa a disposizione di attrezzature idonee l’infortunio non si sarebbe presumibilmente verificato. Il giudizio controfattuale, formulato in questi termini dai Giudici di merito, non presenta alcuna manifesta illogicità siccome scaturente e dedotto dalle risultanze di causa correttamente evidenziate, mentre le deduzioni difensive tendono a prospettare elementi possibilisti di diversa valutazione dei fatti, incapaci di inficiare quella conclusione
(ii) L’estensione della posizione di garanzia del datore di lavoro.
Invero è stato più volte affermato da questa Corte che il datore di lavoro deve avere la cultura e la forma mentis del garante del bene costituzionalmente rilevante costituito dalla integrità del lavoratore, e non deve perciò limitarsi ad informare i lavoratori sulle norme antinfortunistiche previste, ma deve attivarsi e controllare sino alla pedanteria, che tali norme siano assimilate dai lavoratori nella ordinaria prassi di lavoro.
Sul punto ebbero modo di intervenire anche le Sezioni Unite di questa Corte (Sez. Un, n. 6168 dei 21/05/1988 Ud. – dep. 21/04/1989 – Rv. 181121) enunciando il principio secondo cui al fine di escludere la responsabilità per reati colposi dei soggetti obbligati D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547, ex art. 4 a garantire la sicurezza dello svolgimento del lavoro, non è sufficiente che tali soggetti impartiscano le direttive da seguire a tale scopo, ma è necessario che ne controllino con prudente e continua diligenza la puntuale osservanza. Né, con riferimento alla concreta fattispecie, rileva la presenza di un eventuale altri soggetti gravati da obbligo di garanzia, con il ruolo di preposti, indicati in sede di ricorso nel Direttore di mensa per conto della [omissis]o nella capo cuoca: come condivisibilmente già ritenuto da questa Corte, se più sono i titolari della posizione di garanzia ovvero dell’obbligo di impedire l’evento, ciascuno è per intero destinatario dell’obbligo di tutela impostogli dalla legge fin quando si esaurisce il rapporto che ha legittimato la costituzione della suddetta posizione di garanzia, per cui l’omessa applicazione di una cautela antinfortunistica è addebitabile ad ognuno dei titolari di tale posizione.( Sez. 4 – n. 24372 del 09/04/2019 Ud. (dep. 31/05/2019 ) Rv. 276292 – 02; Sez. 4, n. 6507 del 11/01/2018 Ud. (dep. 09/02/2018 ) Rv. 272464 – 01; Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012 Ud. (dep. 16/05/2012 ) Rv. 253850 – 01).
(iii) Sulla delega di funzioni
Ma vi è di più, non risulta fornita alcuna sicura e concreta prova circa l’affidamento a tali soggetti di tale specifico ruolo né circa i relativi poteri effettivi.
In tema di infortuni sul lavoro, in ipotesi di delega di funzioni spettanti al datore di lavoro, è necessario verificare in concreto che il delegato abbia effettivi poteri di decisione e di spesa in ordine alla messa in sicurezza dell’ambiente di lavoro: e ciò anche indipendentemente dal contenuto formale della nomina” (così, “ex plurimis”, Sez. 4, n. 40939 del 05/12/2002, rv. 223296): non è dato comprendere da quali atti del processo sarebbero desumibili simili poteri di fatto attribuiti in delega al Direttore di mensa o alla capo cuoca. Ed ancora, va altresì sottolineato – e trattasi di considerazione decisiva e tranciante – che era stato ovviamente il datore di lavoro, a mettere a disposizione della lavoratrice, la nuova affettatrice priva di coprifilo, con evidente pericolosità dell’attrezzo.
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Quadro giurisprudenziale di riferimento:
Cassazione penale sez. IV, 05/04/2019, n.16228
L’interruzione del nesso eziologico, a causa del comportamento imprudente del lavoratore, da solo sufficiente a determinare l’evento, richiede che la condotta si collochi in qualche guisa al di fuori dell’area di rischio definita dalla lavorazione in corso. Non si può discutere di responsabilità del lavoratore per l’infortunio quando il sistema della sicurezza approntato dal datore di lavoro presenti delle criticità: le disposizioni antinfortunistiche, invero, perseguono il fine di tutelare il lavoratore anche dagli infortuni derivanti da sua colpa.
Cassazione penale sez. IV, 19/07/2019, n.44141
In tema di infortuni sul lavoro, la delega di funzioni non esclude l’obbligo di vigilanza del datore di lavoro in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite, pur non potendo avere detta vigilanza per oggetto la concreta, minuta conformazione delle singole lavorazioni – che la legge affida al garante – concernendo, invece, la correttezza della complessiva gestione del rischio da parte del delegato. In ogni caso, peraltro, l’articolo 16 del decreto legislativo n. 81 del 2008 subordina l’ammissibilità della delega di funzioni alla condizione che il delegato possegga tutti i requisiti di professionalità ed esperienza richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate.
Cassazione penale sez. IV, 11/01/2018, n.6507
In materia di prevenzione degli infortuni nei luoghi di lavoro, qualora vi siano più titolari della posizione di garanzia, ciascuno è per intero destinatario dell’obbligo di tutela impostogli dalla legge per cui l’omessa applicazione di una cautela antinfortunistica è addebitabile ad ognuno dei titolari di tale posizione.
Cassazione penale sez. IV, 13/12/2016, n.15124
In tema di prevenzione antinfortunistica, perché la condotta colposa del lavoratore possa ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l’evento lesivo, è necessario non tanto che essa sia imprevedibile, quanto, piuttosto, che sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia. (Fattispecie in cui la S.C. ha escluso l’abnormità della condotta di due lavoratori che erano deceduti, per mancanza di ossigeno, all’interno di una cisterna in cui si erano calati per svolgere le proprie mansioni, ma senza attendere l’arrivo del responsabile della manutenzione e senza utilizzare dispositivi di protezione).
Cassazione penale sez. IV, 10/10/2013, n.7955
In tema di infortuni sul lavoro, non integra il “comportamento abnorme” idoneo a escludere il nesso di causalità tra la condotta omissiva del datore di lavoro e l’evento lesivo o mortale patito dal lavoratore il compimento da parte di quest’ultimo di un’operazione che, seppure inutile e imprudente, non risulta eccentrica rispetto alle mansioni a lui specificamente assegnate nell’ambito del ciclo produttivo. (Nel caso di specie, relativo all’amputazione di una falange ungueale subita dal dipendente di un panificio che aveva introdotto la mano negli ingranaggi privi di protezione di una macchina “spezzatrice”, la Corte ha ritenuto irrilevante accertare se il lavoratore avesse inteso separare un pezzo di pasta dall’altro o invece eliminare delle sbavature del prodotto).
By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA