Omicidio colposo per occlusione intestinale: rispondono di omicidio colposo i medici attendisti se l’inerzia chirurgica non è prescritta da linee guida o buone prassi accreditate dalla comunità scientifica

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 46167.2020, resa dalla V Sezione penale della Corte di Cassazione, con la quale il Collegio del diritto, scrutinando un caso di colpa medica, si esprime in merito alla tematica delle linee guida e delle buone pratiche clinico-assistenziali richiamate dalla causa di non punibilità ex art. 590 sexies c.p. e della regola di giudizio rimesso alla discrezionalità del Giudice di merito.

 

Il caso clinico ed il doppio giudizio di merito

Nel caso di specie, a tre imputati, nella qualità di medici in servizio presso l’unità operativa del reparto di chirurgia generale dell’ospedale, veniva contestato il reato di omicidio colposo, aver cagionato con condotte indipendenti il decesso del paziente per occlusione intestinale, omettendo di effettuare tempestivamente l’ intervento chirurgico con effetto salvifico.

Ad un sanitario veniva contestato anche il falso ideologico per aver falsamente attestato l’indisponibilità di posti  presso il reparto di Chirurgia Generale dell’Ospedale di Lecce.

La Corte di appello di Lecce riformava parzialmente la sentenza resa dal locale Tribunale, concedendo agli imputati il beneficio della non menzione e confermando per il resto la sentenza di condanna di primo grado.

 

Il ricorso per cassazione e la decisione della Suprema corte.

Avverso la decisione di secondo grado le difese dei prevenuti interponevano ricorso per cassazione, articolando plurimi motivi di impugnazione.

Per il presente commento riveste particolare interesse la doglianza relativa al vizio di motivazione censurata come contraddittoria,  in quanto, secondo la difesa, da una parte nega l’esistenza di linee guida, mentre dall’altra aderisce alla considerazione formulata dal consulente dell’Accusa in merito alla necessità di procedere ad intervento chirurgico in base a quanto disposto dalle linee guida in casi simili a quello in cui versava il paziente deceduto.

I Giudici di legittimità, ritenuto il ricorso ammissibile, annullano senza rinvio la sentenza impugnata ai fini penali, per intervenuta prescrizione rigettando, al contempo, il ricorso ai fini civili.

Secondo la Suprema Corte corretta è la motivazione della Corte territoriale, la quale, esaminando criticamente quanto riferito in dibattimento dai periti e dai consulenti tecnici della difesa, non ha affatto escluso l’esistenza tout court di linee guida, bensì l’esistenza di quelle che  deponessero nel senso della non necessità dell’intervento chirurgico in caso di occlusione intestinale, censurando ai fini dell’affermazione della penale responsabilità l’approccio attendista adottato dai medici in un momento in cui le condizioni del paziente imponevano di procedere a tempestivo intervento chirurgico per risolvere l’occlusione intestinale.

Di seguito si segnalano i passaggi più significativi tratti dalla parte motiva della pronuncia della Suprema Corte:

La motivazione della sentenza impugnata è in linea con le coordinate interpretative tracciate da Sez. U, Mariotti e non è inficiata dalle censure proposte dai ricorrenti.

Centrale, nell’economia di tali censure (e, in particolare, in quelle articolate da [omissis]), è la questione della valutazione della condotta ascritta agli imputati alla luce delle linee-guida in materia.

Al riguardo, i ricorrenti stigmatizzano, come si è visto, la mancanza di tale valutazione e il recepimento dell’indicazione dei periti in ordine all’insussistenza di linee-guida (dal quale, “a cascata”, sarebbero derivati ulteriori vizi in merito all’apprezzamento dell’intensità della colpa per imperizia), indicazione che si assume smentita da tutte le consulenze e dalla stessa sentenza di primo grado.

Le doglianze, tuttavia, non colgono nel segno.

La Corte di appello ha sì evidenziato l’affermazione dei periti circa l’insussistenza di utili linee-guida nella materia, ma ha anche sottolineato che essi hanno pur sempre richiamato buone pratiche clinico-assistenziali al lume delle quali il quadro clinico del paziente, così come evolutosi nell’arco temporale di riferimento, imponeva l’intervento chirurgico dalla mattina del 15 agosto.

Richiamate quindi le valutazioni del consulente del p.m. e quelle di uno dei consulenti della difesa (che aveva valorizzato quella letteratura scientifica favorevole, in buona sostanza, ad un approccio non chirurgico a determinate condizioni), la Corte di appello ha formulato un rilievo frutto della complessiva valutazione dei contributi acquisiti (e non dell'”appiattimento” sulle opinioni dei periti, come sostenuto da uno dei ricorsi), alla luce dei quali non ha certo escluso tout court l’esistenza di linee guida o buone-pratiche clinico-assistenziali con riguardo alla patologia dalla quale era afflitto il paziente, ma ha invece escluso solo l’esistenza di «linee-guida riconosciute nella comunità scientifica che deponessero per la non necessità del tempestivo approccio chirurgico dell’occlusione intestinale».

Conclusione, questa, che, nel percorso argomentativo della Corte distrettuale trova conferma nella stessa, leale, valutazione della consulenza difensiva richiamata, secondo cui, comunque, «i pazienti con ostruzione completa necessitano di un intervento chirurgico».

Tale conclusione, del resto, non è in contrasto – come pure sostenuto dai ricorrenti – con quanto rilevato dalla sentenza di primo grado, lì dove ha rilevato che «sebbene le linee-guida così come rammentate dai cc.tt . di tutte le parti prevedessero l’atteggiamento attendistico come una delle possibilità di approccio a patologie del tipo di quella che aveva colpito il [omissis], nel caso in analisi, e con riferimento al momento temporale in cui il secondo e il terzo chirurgo intervennero e ai dati anamnestici e clinici di cui erano a conoscenza, è evidente che l’operazione chirurgica era imprescindibile».

In altri termini, i giudici di merito hanno escluso non già l’esistenza di linee-guida, ma la conformità ad esse dell’opzione attendista in un momento in cui le specifiche condizioni del paziente rendevano indifferibile il mutamento della strategia clinica, con il ricorso all’intervento chirurgico.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA