Dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture per operazioni inesistenti: le operazioni soggettivamente inesistenti risultano connotate dalla divergenza tra la rappresentazione documentale e la realtà attinente ad uno dei soggetti coinvolti nell’operazione.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza 10916.2020, resa dalla III Sezione penale della Corte di Cassazione, con la quale il Collegio del diritto, scrutinando un caso di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture per operazioni inesistenti ex art. 2 D.lgs. 74/2000, fornisce un’interpretazione del concetto di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, le quali risultano connotate dalla divergenza tra la rappresentazione documentale e la realtà attinente ad uno dei soggetti coinvolti nell’operazione – precisando che la fittizietà soggettiva della fattura risiede nella non coincidenza tra il soggetto per il quale sono state emesse le fatture e l’effettivo destinatario dell’operazione.

 

Il reato contestato ed il doppio giudizio di merito

Nel caso di specie, agli imputati era contestato il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture per operazioni inesistenti ex art. 2 D.lgs. 74/2000, relative a prestazioni effettuate presso gli immobili di proprietà privata del presidente del Cda della società, anziché presso gli immobili delle società firmatarie delle fatture, al fine di evadere le imposte sui redditi e l’IVA.

La Corte di appello di Milano riformava parzialmente la sentenza resa dal locale Tribunale, confermando la condanna degli imputati per il delitto tributario loro ascritto.

 

Il ricorso in cassazione, il giudizio di legittimità ed il principio di diritto

La difesa dei prevenuti proponeva ricorso per cassazione avverso la sentenza di secondo grado, articolando plurimi motivi di impugnazione.

Ai fini del presente commento riveste maggiore interesse il motivo inerente alla violazione di legge e al vizio di motivazione in ordine agli artt. 1,2,3 D.lgs. 74/2000, in merito alla qualificazione delle fatture come fatture per operazioni inesistenti.

In particolare, secondo la difesa, le operazioni oggetto di scrutinio non possono considerarsi soggettivamente inesistenti, come sostenuto dalla Corte territoriale, la quale avrebbe basato il proprio convincimento sull’errato presupposto che il destinatario della fattura debba sempre coincidere con il beneficiario effettivo della prestazione.

I Giudici di legittimità, nel rigettare tale motivo di ricorso, forniscono un’interpretazione del concetto di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, le quali risultano connotate dalla divergenza tra la rappresentazione documentale e la realtà effettiva di uno dei soggetti coinvolti nell’operazione.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dal compendio motivazionale della decisione della Suprema Corte:

<Il punto controverso attiene alla qualificazione giuridica delle fatture, ossia se possa dirsi che le stesse rientrino nella categoria delle fatture emesse a fronte di operazioni oggettivamente e/o soggettivamente inesistenti ai sensi dell’art. 1 lett. a) del d.lgs. 74 del 2000, che definisce fatture per operazioni inesistenti non solo quelle emesse a fronte di operazioni non realmente effettuate in tutto od in parte o che indicano corrispettivi o imposte superiori a quella reale, ma anche le fatture che riferiscono l’operazione a soggetti diversi da quelli effettivi.

Le fatture soggettivamente inesistenti sono perciò quelle caratterizzate dalla divergenza tra la rappresentazione documentale e la realtà attinente ad uno dei soggetti che intervengono nell’operazione.

Del tutto correttamente sia il giudice di primo grado che Corte di appello hanno ritenuto che le fatture in contestazione furono emesse per prestazioni mai eseguite per conto delle società riferibili alla[omissis], posto che, a differenza da quanto sostenuto nel ricorso, l’inesistenza soggettiva dell’operazione documentata in fattura non è limitata al caso delle frodi carosello, dove l’inesistenza soggettiva si riferisce all’emittente il documento, ma ricorre ogni qualvolta ci sia una interposizione fittizia di una qualsiasi delle parti effettive dell’operazione contrattuale; inoltre, come si spiegherà meglio nel prosieguo, la Corte di appello ha bene motivato il proprio giudizio in ordine a tali fatture, ritenendo che le stesse fossero state emesse a fronte di operazioni soggettivamente – e, in parte, oggettivamente – inesistenti. […]

Quanto alla definizione di operazione soggettivamente inesistente, per la giurisprudenza di legittimità essa è quella non realmente intercorsa tra i soggetti che figurano quale emittente e percettore della fattura.

La diversità può riguardare chi abbia emesso il documento ma non abbia in realtà effettuato alcuna prestazione, ovvero il caso in cui essa sia stata effettuata non in favore di colui che risulta destinatario del documento fiscale: in tal caso la diversità riguarda il destinatario della fattura, che quindi la utilizza pur non essendo committente, né beneficiario di alcuna prestazione, annotando nella contabilità i costi sostenuti ed i crediti d’IVA senza che ciò corrisponda ad una operazione realmente intercorsa tra le parti : il beneficiario reale della prestazione è un altro (cfr. Sez. 3, n. 10394 del 14/01/2010, Gerotto, Rv. 246327), mentre nel documento è indicato un soggetto che non ha preso parte all’operazione economica.

Quando la falsità ha ad oggetto l’indicazione dei soggetti tra i quali è intercorsa l’operazione (“soggetti diversi da quelli effettivi”, cfr. Sez.3, n. 27392 del 27/04/2012, P.M. in proc. Bosco e altro, Rv. 253055), viene integrato il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti>.

La norma incriminatrice:

Art. 2 D.lgs. 74/2000 – Dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti

 E’ punito con la reclusione da quattro a otto anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, indica in una delle dichiarazioni [annuali] relative a dette imposte elementi passivi fittizi.

  1. Il fatto si considera commesso avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti quando tali fatture o documenti sono registrati nelle scritture contabili obbligatorie, o sono detenuti a fine di prova nei confronti dell’amministrazione finanziaria.

2-bis. Se l’ammontare degli elementi passivi fittizi è inferiore a euro centomila, si applica la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni. 

[ 3. Se l’ammontare degli elementi passivi fittizi è inferiore a euro 154.937,07, si applica la reclusione da sei mesi a due anni].

 

Quadro giurisprudenziale di riferimento:

Cassazione penale sez. III, 18/05/2018, n.49806

 

In tema di reati finanziari e tributari, non è contraria alla normativa eurounitaria la configurabilità del delitto di emissione di fatture per operazioni inesistenti anche in caso di fatturazione solo soggettivamente falsa, quando, cioè, l’operazione oggetto di imposizione fiscale sia stata effettivamente eseguita, ma non vi sia corrispondenza soggettiva tra il prestatore indicato nel documento e il soggetto giuridico che abbia erogato la prestazione (In motivazione, la Corte ha precisato che nessuna violazione della direttiva 77/388/CE del Consiglio, del 17 maggio 1977 e succ. modiff. sussiste nel caso in cui si dimostri, alla luce di elementi oggettivi e senza esigere dal soggetto passivo verifiche che non gli incombono, che tale soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere che detta cessione si iscriveva in un’evasione dell’imposta sul valore aggiunto).

 

Cassazione penale sez. III, 21/04/2017, n.34534

Ai fini della configurabilità del delitto di emissione di fatture od altri documenti per operazioni soggettivamente inesistenti, quando risulti provata dalla pubblica accusa la fittizietà dell’intestazione delle fatture, è onere del soggetto emittente dimostrare la corrispondenza fra il dato fattuale, relativo ai rapporti giuridici che si affermano essere effettivamente intercorsi, e quello documentale, attraverso il quale tali rapporti sono attestati. (Nella specie, la Corte ha confermato la decisione di merito che aveva ritenuto sprovvista di prova la mera allegazione difensiva circa l’esistenza di una delegazione di pagamento intercorsa fra l’intestatario delle fatture di vendita di alcune autovetture ed i diversi soggetti che avevano versato il relativo prezzo).

 

Cassazione penale sez. III, 27/04/2012, n.27392

Nel reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2 del d.lg. 10 marzo 2000, n. 74) la falsità può essere riferita anche all’indicazione dei soggetti con cui è intercorsa l’operazione, intendendosi per “soggetti diversi da quelli effettivi”, ai sensi dell’art. 1 lett. a), del citato d.lg., coloro che, pur avendo apparentemente emesso il documento, non hanno effettuato la prestazione, sono irreali, come nel caso di nomi di fantasia, o non hanno avuto alcun rapporto con il contribuente finale.

 

Cassazione penale sez. III, 14/01/2010, n.10394

Il reato di utilizzazione fraudolenta in dichiarazione di fatture per operazioni inesistenti (art. 2, d.lg. n. 74 del 2000) è integrato, con riguardo alle imposte dirette, dalla sola inesistenza oggettiva, ovvero quella relativa alla diversità, totale o parziale, tra costi indicati e costi sostenuti, mentre, con riguardo all’i.v.a., esso comprende anche la inesistenza soggettiva, ovvero quella relativa alla diversità tra soggetto che ha effettuato la prestazione e quello indicato in fattura.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA