Bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione: non è necessario accertare il nesso causale tra la condotta distrattiva e il dissesto dell’impresa risultando sufficiente che l’agente abbia cagionato volontariamente il depauperamento del patrimonio sociale dell’impresa.
Si segnala ai lettori del blog la sentenza 12499.2020, resa dalla V Sezione penale della Corte di Cassazione, con la quale il Collegio del diritto, esprimendosi in merito ad un caso di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, in linea con il consolidato orientamento giurisprudenziale sedimentato sul punto, enuncia il principio di diritto secondo il quale non risulta necessario, ai fini della configurazione del reato fallimentare, l’accertamento dell’esistenza del nesso causale tra la condotta dell’imprenditore ed il dissesto dell’impresa, bensì è sufficiente verificare che l’autore del reato abbia cagionato il depauperamento del patrimonio della società, attraverso la distrazione delle risorse economiche dall’attività imprenditoriale.
Il reato contestato e la doppia conforme di merito
Nel caso di specie, agli imputati, tratti a giudizio rispettivamente nella qualità di amministratore unico e amministratore di fatto della società, era contestato il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione delle somme prelevate dalla cassa e di beni strumentali.
La Corte di appello di Lecce confermava la sentenza con la quale il Giudice dell’udienza preliminare presso il Tribunale di Brindisi – in esito al giudizio abbreviato – riconosceva la responsabilità dei giudicabili per i reati loro ascritti.
Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto
La difesa dei prevenuti interponeva ricorso per cassazione avverso la decisione della Corte territoriale, articolando plurimi motivi di impugnazione.
Particolare interesse è suscitato dalla deduzione della carenza di motivazione in ordine alla sussistenza del rapporto causale tra la condotta distrattiva dell’imputato e il dissesto della fallita.
I Giudici di legittimità, nell’annullare con rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla determinazione delle pene accessorie dichiarandolo inammissibile nel resto, danno continuità all’orientamento secondo il quale il fallimento dell’impresa e le ragioni che lo hanno determinato, costituendo il primo condizione obiettiva di punibilità, di tal che, ai fini dell’integrazione del delitto de quo, è sufficiente accertare che la condotta distrattiva posta in essere dall’imputato abbia cagionato il depauperamento dell’impresa.
Di seguito si riporta il passaggio estratto dal compendio motivazionale della sentenza in commento qui di interesse:
“E’ infine manifestamente infondata la doglianza di carenza motivazionale sul rapporto causale fra la condotta dell’imputato e il dissesto della fallita, trattandosi di un elemento irrilevante ai fini della configurabilità del reato contestato.
Vanno in primo richiamati in proposito i principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità, per i quali il fallimento costituisce una condizione obiettiva di punibilità, ed è pertanto estraneo all’offesa tipica del reato ed alla sfera di volizione del soggetto agente (Sez. 5, n. 2899 del 02/10/2018, dep. 2019, Signoretti, Rv. 274610; Sez. 5, n. 53184 del 12/10/2017, Fontana, Rv. 271590; Sez. 5, n. 4400 del 06/10/2017, Cragnotti, Rv. 272256; Sez. 5, n. 992 del 17/05/2016, dep. 2018, Bonofiglio, Rv. 271920; Sez. 5, n. 13910 del 08/02/2017, Santoro, Rv. 269388).
Ma, al di là di questa qualificazione, la stessa giurisprudenza esclude comunque che l’esistenza di un nesso causale fra la condotta e il dissesto costituisca elemento necessario per la configurabilità del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale; essendo sufficiente che il soggetto agente abbia cagionato il depauperamento dell’impresa destinandone le risorse ad impieghi estranei all’attività della stessa (Sez. U, n. 22474 del 31/03/2016, Passarelli, Rv. 266804; Sez. 5, n. 47616 del 17/07/2014, Simone, Rv. 261683; Sez. 5, n. 32352 del 07/03/2014, Tanzi, Rv. 261942; Sez. 5, n. 26542 del 19/03/2014, Riva, Rv. 260690; Sez. 5, n. 11095 del 13/02/2014, Ghirardelli, Rv. 262741”.
La fattispecie incriminatrice:
Art. 216 legge fall. – Bancarotta fraudolenta
È punito con la reclusione da tre a dieci anni, se è dichiarato fallito, l’imprenditore, che:
1) ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato in tutto o in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, ha esposto o riconosciuto passività inesistenti;
2) ha sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li ha tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari.
La stessa pena si applica all’imprenditore, dichiarato fallito, che, durante la procedura fallimentare, commette alcuno dei fatti preveduti dal n. 1 del comma precedente ovvero sottrae, distrugge o falsifica i libri o le altre scritture contabili.
È punito con la reclusione da uno a cinque anni il fallito, che, prima o durante la procedura fallimentare, a scopo di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi, esegue pagamenti o simula titoli di prelazione.
Salve le altre pene accessorie, di cui al capo III, titolo II, libro I del codice penale, la condanna per uno dei fatti previsti nel presente articolo importa per la durata di dieci anni l’inabilitazione all’esercizio di una impresa commerciale e l’incapacità per la stessa durata ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa.
Quadro giurisprudenziale di riferimento:
Cassazione penale sez. V, 02/10/2018, n.2899
In tema di bancarotta fraudolenta prefallimentare per distrazione, la sentenza dichiarativa di fallimento costituisce una condizione obiettiva di punibilità, poiché si pone come evento estraneo all’offesa tipica e alla sfera di volizione dell’agente.(In motivazione la Corte ha precisato che la natura di reato di pericolo concreto della bancarotta fraudolenta prefallimentare per distrazione non è in contrasto con la qualifica della dichiarazione di fallimento come condizione obiettiva di punibilità).
Cassazione penale sez. V, 12/10/2017, n.53184
In tema di bancarotta fraudolenta prefallimentare, la dichiarazione di fallimento, ponendosi come evento estraneo all’offesa tipica e alla sfera di volizione dell’agente, costituisce condizione obiettiva di punibilità, che circoscrive l’area di illiceità penale alle sole ipotesi nelle quali alle condotte del debitore, di per sé offensive degli interessi dei creditori in quanto espongono a pericolo la garanzia di soddisfacimento delle loro ragioni, segue la dichiarazione di fallimento.
Cassazione penale sez. V, 06/10/2017, n.4400
In tema di bancarotta fraudolenta prefallimentare, la sentenza dichiarativa di fallimento costituisce una condizione obiettiva di punibilità, poiché si pone come evento estraneo all’offesa tipica e alla sfera di volizione dell’agente.
Cassazione penale sez. V, 08/02/2017, n.13910
In tema di bancarotta fraudolenta prefallimentare, dalla natura di condizione obiettiva di punibilità della dichiarazione di fallimento deriva che il luogo e il tempo della commissione del reato, ai fini della determinazione della competenza territoriale, dei tempi di prescrizione e del calcolo del termine di efficacia dell’amnistia o dell’indulto, coincidono con quelli della sentenza di fallimento. (In motivazione, la Corte ha precisato, altresì, che la natura di condizione obiettiva di punibilità comporta l’insindacabilità della sentenza di fallimento, anche sotto il profilo delle eventuali modifiche migliorative della disciplina del fallimento ai sensi dell’art. 2 cod. pen.).
Cassazione penale sez. un., 31/03/2016, n.22474
Ai fini della sussistenza del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale non è necessaria l’esistenza di un nesso causale tra i fatti di distrazione ed il successivo fallimento, essendo sufficiente che l’agente abbia cagionato il depauperamento dell’impresa, destinandone le risorse ad impieghi estranei alla sua attività. (In motivazione, la Corte ha precisato che i fatti di distrazione, una volta intervenuta la dichiarazione di fallimento, assumono rilievo in qualsiasi momento siano stati commessi e, quindi, anche se la condotta si è realizzata quando ancora l’impresa non versava in condizioni di insolvenza).
Cassazione penale sez. V, 17/07/2014, n.47616
Ai fini della sussistenza del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale non è necessaria l’esistenza di un nesso causale tra i fatti di distrazione ed il successivo fallimento, ma è sufficiente aver cagionato il depauperamento dell’impresa destinandone le risorse ad impieghi estranei alla sua attività.
Cassazione penale sez. V, 19/03/2014, n.26542
Ai fini della sussistenza del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale non è necessaria l’esistenza di un nesso causale tra i fatti di distrazione ed il successivo fallimento.
By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA