L’accoglimento della domanda di risarcimento del danno parentale proposta iure proprio dai nipoti della nonna deceduta prescinde dal rapporto in convivenza.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza 7743.2020, pubblicata l’08 aprile 2020, resa dalla III Sezione civile della Corte di Cassazione, con la quale il Collegio del diritto, esprimendosi in merito ad un caso di responsabilità civile della struttura sanitaria evocata in giudizio a seguito del decesso della paziente, ha ritenuto di dare continuità al più recente orientamento giurisprudenziale in base al quale, ai fini dell’accoglimento della domanda di risarcimento proposta iure proprio dai congiunti, è necessario provare l’effettività e la consistenza della relazione parentale, rispetto alla quale il rapporto di convivenza costituisce non già l’elemento minimo di esistenza della stessa, bensì un elemento di prova utile a dimostrarne l’ampiezza e la profondità ai fini della quantificazione del danno parentale.

Il doppio giudizio di merito

Oggetto di scrutinio è la condotta omissiva colposa dei medici del Reparto di chirurgia generale dell’Ospedale presso il quale era ricoverata la vittima alla quale era stata diagnosticata una sospetta diverticolite.

Segnatamente, la paziente era sottoposta ad intervento chirurgico che risolveva la diverticolite, ma che le causava peritonite acuta da perforazione viscerale.

La paziente veniva dunque sottoposta ad un nuovo intervento chirurgico, seguito dal decesso per perforazione intestinale.

Il Tribunale di Chiavari accoglieva la domanda di risarcimento proposta da tutti i congiunti – compresi nipoti non conviventi – nei confronti della Azienda sanitaria locale.

La Corte di appello di Genova accoglieva l’impugnazione proposta dalla ASL ed escludeva il risarcimento del danno a favore dei nipoti della deceduta.

 

Il giudizio di legittimità ed il principio di diritto

Avverso la decisione dei della Corte territoriale, la difesa dei congiunti interponeva ricorso per cassazione, articolando due motivi di impugnazione.

In particolare, ai fini del presente commento, riveste maggiore interesse la doglianza relativa alla violazione degli artt. 1223, 1226, 2056, 2059 c.c.

In particolare si contesta l’adesione della Corte territoriale all’orientamento giurisprudenziale non univoco secondo il quale il rapporto di convivenza costituisce presupposto per l’accoglimento della domanda di risarcimento del danno iure proprio dei nipoti.

I Giudici di legittimità, nell’accogliere il ricorso e nel cassare la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Genova per un nuovo esame sulla base dei principi segnalati dalla Suprema Corte, si esprimono in continuità al più recente orientamento giurisprudenziale secondo il quale, in caso di domanda di risarcimento del danno parentale proposta iure proprio dai nipoti della vittima, la dimostrazione del rapporto di convivenza costituisce semplicemente un elemento di prova idoneo a supportare l’effettività e la consistenza della relazione parentale, anziché il connotato necessario della medesima.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dal compendio motivazionale della decisione in commento:

(Cass. Sez. 3 n. 21230 del 20/10/2016) secondo cui “in caso di domanda di risarcimento del danno non patrimoniale “da uccisione”, proposta “iure proprio” dai congiunti dell’ucciso, questi ultimi devono provare la effettività e la consistenza della relazione parentale, rispetto alla quale il rapporto di convivenza non assurge a connotato minimo di esistenza, ma può costituire elemento probatorio utile a dimostrarne l’ampiezza e la profondità, e ciò anche ove l’azione sia proposta dal nipote per la perdita del nonno;

Infatti, non essendo condivisibile limitare la “società naturale”, cui fa riferimento l’art. 29 Cost., all’ambito ristretto della sola cd. “famiglia nucleare”, il rapporto nonni-nipoti non può essere ancorato alla convivenza, per essere ritenuto giuridicamente qualificato e rilevante, escludendo automaticamente, nel caso di non sussistenza della stessa, la possibilità per tali congiunti di provare in concreto l’esistenza di rapporti costanti di reciproco affetto e solidarietà con il familiare defunto” (da ultimo, Cass. Sez. 3, n. 29332 del 07/12/2017)>;

Quadro giurisprudenziale di riferimento:

Cassazione civile sez. III, 31/01/2019, n.2788

Il danno non patrimoniale, consistente nella sofferenza morale patita dal prossimo congiunto di persona lesa in modo non lieve dall’altrui illecito, può essere dimostrato con ricorso alla prova presuntiva ed in riferimento a quanto ragionevolmente riferibile alla realtà dei rapporti di convivenza ed alla gravità delle ricadute della condotta.(Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata, aveva ritenuto non provato il danno non patrimoniale patito dal marito per le lesioni subite dalla moglie a seguito di un intervento chirurgico, senza considerare in particolare, l’entità non lieve delle lesioni personali riportate dalla danneggiata, quantificate al 30%, in conseguenza delle quali le era stato riconosciuto un danno alla vita di relazione, in specie sessuale).

Cassazione civile sez. III, 04/10/2018, n.24162

In tema di risarcimento del danno derivante da sinistri stradali, il risarcimento chiesto dai nonni della vittima non può essere bocciato adducendo come circostanza impediente la semplice assenza di convivenza con il nipote deceduto. Ad affermarlo è la Cassazione che ha accolto sul punto il ricorso della nonna di un ragazzo deceduto in un incidente stradale avverso la decisione di merito per la quale solo la convivenza consentiva di esteriorizzare l’intimità delle relazioni di parentela anche allargate e far assumere rilevanza al collegamento tra danneggiato primario è secondario. Per la Cassazione, invece, il rapporto di convivenza non assurge a connotato minimo di esistenza, ma può costituire elemento probatorio utile dimostrarne l’ampiezza e la profondità dei rapporti familiari, “non essendo condivisibile limitare la “società naturale”, cui fa riferimento l’articolo 29 Costituzione, all’ambito ristretto della sola cd. “famiglia nucleare””.

Cassazione civile sez. III, 07/12/2017, n.29332

Il legame tra nonno e nipote, in quanto giuridicamente rilevante, consente di presumere che il nipote possa subire un pregiudizio non patrimoniale per la morte del nonno anche in difetto di convivenza, fatta salva la necessità di provare l’effettività e la consistenza della relazione parentale ai fini della liquidazione del danno.

Cassazione civile sez. III, 07/12/2017, n.29332

Anche il legame parentale fra nonno e nipote consente di presumere che il secondo subisca un pregiudizio non patrimoniale in conseguenza della morte del primo (per la perdita della relazione con una figura di riferimento e dei correlati rapporti di affetto e solidarietà familiare) e ciò anche in difetto di un rapporto di convivenza, fatta salva, ovviamente, la necessità di considerare l’effettività e la consistenza della relazione parentale ai fini della liquidazione del danno.

Cassazione civile sez. III, 20/10/2016, n.21230

In tema di danno da perdita di rapporto parentale, il dato esterno ed oggettivo della sola convivenza non costituisce, di per sé, elemento discretivo idoneo a bilanciare le contrapposte esigenze di tutela del diritto del superstite e di ingiustificata dilatazione dei soggetti danneggiati secondari, assurgendo la convivenza ad elemento probatorio utile, unitamente ad altri, a dimostrare tanto l’ampiezza e la profondità del vincolo affettivo che lega tra loro i parenti quanto la determinazione del “quantum debeatur”.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA