Non rispondono di omicidio colposo i medici del pronto soccorso che abbiano omesso di sottoporre il paziente a lavanda gastrica in seguito ad intossicazione da psicofarmaci se non vi è evidenza scientifica del comportamento alternativo salvifico

Si segnala ai lettori del blog la sentenza 3197.2020, resa dalla IV Sezione penale della Corte di Cassazione, con la quale il Collegio del diritto, scrutinando un caso di omicidio colposo per colpa medica, si esprimono in merito al tema del giudizio controfattuale volto all’accertamento della sussistenza del nesso causale tra la condotta posta in essere dal medico ed il decesso del paziente.

 

Il caso clinico, il reato contestato e la doppia conforme di merito

Nel caso di specie, agli imputati, nella qualità dei medici di pronto soccorso, era contestato il reato di omicidio colposo per aver cagionato il decesso del paziente per insufficienza multiorgano.

In particolare, si addebitava ai sanitari di aver omesso di riconoscere i sintomi di un’intossicazione da Welbutrin, somministrato in via terapeutica alla vittima, e di aver sottoposto il paziente a TSO con contenzione, omettendo il trattamento dello stato di tossicità attraverso la somministrazione di carbone attivo o lavanda gastrica, cagionando, così alla vittima un episodio di vomito e polmonite ab ingestis con conseguente decesso.

La Corte di appello di Roma confermava la sentenza di primo grado che assolveva gli imputati dal reato loro ascritto con formula piena.

 

Il ricorso per cassazione e il giudizio di legittimità

La difesa delle costituite parti civili proponeva ricorso per cassazione avverso la sentenza di secondo grado, articolando plurimi motivi di impugnazione.

In particolare, ai fini del presente commento suscitano maggiore interesse le doglianze relative al vizio di motivazione, con riguardo all’iter logico seguito dai Giudici del merito in ordine al riconoscimento della rilevanza eziologica delle condotte poste in essere dai medici rispetto all’exitus infausto.

I Giudici di legittimità, nel dichiarare inammissibile il ricorso, riconoscono la congruità e la logicità dei ragionamenti espressi dalla Corte territoriale in punto di incertezza in merito all’intervento di fattori causali alternativi tali da interrompere il nesso causale tra la condotta del sanitario ed il decesso (in particolare, oltre alla polmonite ab ingestis, non era possibile escludere con certezza che il paziente avesse contratto una polmonite di tipo settico); nonché in merito al riconoscimento dell’inutilità, in termini di potenzialità salvifica, della condotta alternativa (consistente nell’esecuzione della lavanda gastrica o nella somministrazione al paziente di carbone attivo).

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dal compendio motivazionale della sentenza della Suprema Corte:

< Sulla causa del decesso, si osserva che la Corte territoriale ha affrontato adeguatamente il problema, riportando in proposito il parere offerto dai consulenti tecnici, secondo cui, oltre che ad una polmonite ab ingestis, non fosse possibile escludere che il [omissis]avesse contratto una polmonite di tipo settico, sulla scorta dell’esame autoptico espletato, che aveva individuato focolai di una polmonite di questo tipo.

In merito alla contestata mancanza di prova in ordine all’intossicazione da farmaci del paziente, e al punto relativo alla attendibilità della madre del [omissis], si deve osservare che anche tali aspetti risultano correttamente affrontati dalla Corte di appello, che ha apprezzato la testimonianza della madre in termini di incertezza – e non di mendacità – del narrato, atteso che la teste non aveva saputo precisare quanti e quali farmaci avesse assunto il figlio la sera del fatto.

Al momento del secondo accesso al pronto soccorso, la Corte di merito ha dato atto che il [omissis]aveva dichiarato al medico di avere assunto una quantità imprecisata di psicofarmaci per una intossicazione di farmaci in atto, per cui il [omissis], visto lo stato di agitazione psicomotoria del paziente, ne aveva disposto il ricovero in psichiatria, ritenendo la contenzione del paziente l’unica strada percorribile (considerato che era ormai tardi per procedere a lavanda gastrica e che la strada della somministrazione di carbone attivo non era concretamente percorribile per l’impossibilità di applicare il sondino nasogastrico).

In definitiva, al momento del secondo accesso in ospedale l’intossicazione è stata riconosciuta sussistente dalla Corte di appello, ma la condotta adottata dai sanitari è stata plausibilmente considerata l’unica seriamente percorribile, date le circostanze.

Per quanto attiene al primo episodio di vomito, i ricorrenti lamentano che la Corte territoriale, al riguardo, non offre alcuna spiegazione su quale sarebbe stata la possibile efficienza causale di tale episodio rispetto al decesso della persona offesa.

Nonostante si tratti di un aspetto trascurabile della vicenda, i giudici di merito hanno motivatamente ritenuto che su tale episodio non sia emersa alcuna certezza in ordine alle modalità di verificazione, per cui hanno ragionevolmente osservato che l’inalazione di materiale alimentare sarebbe potuta avvenire proprio in tale occasione>.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA