Sequestro preventivo e indebita compensazione: il limite del profitto oggetto di confisca diretta corrisponde all’ammontare delle disponibilità liquide giacenti sui conti correnti sociali nel momento di consumazione del reato.
Si segnala ai lettori del blog la sentenza 12058.2020, resa dalla III Sezione penale della Corte di Cassazione, con la quale il Collegio del diritto, esprimendosi in sede cautelare reale in merito al sequestro preventivo disposto in relazione al delitto di indebita compensazione, enuncia il principio di diritto in base al quale, per stabilire se il denaro rinvenuto nei conti correnti bancari del contribuente costituisce profitto del reato tributario, occorre prendere in considerazione solo le disponibilità liquide giacenti sui conti correnti sociali al momento della scadenza del termine previsto per la presentazione del modello F24 relativo all’anno di imposta interessato (momento di consumazione del reato di indebita compensazione).
L’imputazione provvisoria e la fase cautelare reale di merito
Nel caso di specie, all’indagato, nella qualità di legale rappresentante della società, era provvisoriamente contestato il reato di indebita compensazione ex art. 10 quater D.lgs. 74/2000.
Il GIP presso il Tribunale di Torino rigettava le istanze di revoca del sequestro preventivo del saldo attivo dei conti correnti sociali.
Il Tribunale della Libertà di Torino respingeva l’appello cautelare proposto dall’indagato.
Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto
La difesa del giudicabile interponeva ricorso per cassazione avverso la pronuncia del Tribunale di Torino, articolando due motivi di impugnazione.
Ai fini del presente commento riveste particolare interesse il motivo di gravame relativo alla violazione di legge ed al vizio di motivazione in ordine alla sequestrabilità, quale profitto del reato, del denaro rinvenuto sui conti correnti della società successivamente alla commissione del fatto ed in forza di un titolo lecito.
I Giudici di legittimità, nel rigettare il ricorso, esprimono il principio di diritto relativo all’individuazione del profitto del reato di indebita compensazione sottoponibile a sequestro preventivo.
Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dal compendio motivazionale della decisione della Suprema Corte:
<Invero, come puntualmente affermato dalla richiamata sentenza Moroso, “la somma di denaro prelevata, distratta o destinata ad altri fini dal contribuente prima della scadenza del termine, non può essere qualificata come profitto del reato perché non può esservi “profitto” prima della consumazione del reato omissivo unisussistente.
Sicché, per stabilire se il denaro costituisce profitto (e cioè risparmio di spesa) del reato di omesso versamento dell’imposta (e dunque bene aggredibile in via diretta) occorre prendere in considerazione esclusivamente le disponibilità liquide giacenti sui conti del contribuente al momento della scadenza del termine previsto per il pagamento dell’imposta stessa, avendo riguardo ovviamente non alla loro identità fisica, ma al valore numerarlo che potrà essere oggetto di sequestro diretto solo se di segno positivo sia al momento della scadenza del termine per il pagamento dell’imposta che a quello, successivo, del sequestro e non potrà mai essere considerato “diretto” per la parte eccedente il saldo al momento della scadenza, anche se non corrispondente all’imposta evasa nella sua interezza. […]
Ciò rende necessario accertare — precisa la sentenza Moroso – se, alla data di scadenza del termine, sul conto giacessero somme liquide a disposizione del contribuente e quale ne fosse la consistenza sia al momento della scadenza del termine per versare le ritenute che a quello del sequestro.
Allo stesso modo — siccome, nel caso in esame, il delitto di indebita compensazione di cui all’art.10-quater, d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, si consuma al momento della presentazione dell’ultimo modello F24 relativo all’anno interessato e non in quello della successiva dichiarazione dei redditi, in quanto, con l’utilizzo del modello indicato, si perfeziona la condotta decettiva del contribuente, realizzandosi il mancato versamento per effetto dell’indebita compensazione di crediti in realtà non spettanti in base alla normativa fiscale (Sez. 3, n. 4958 del 11/10/2018 (dep. 2019), Cappello, Rv. 274854) — costituiva onere del ricorrente, in presenza del sequestro di una somma di denaro la cui disponibilità nelle casse sociali al momento dell’imposizione del vincolo legittimava la confisca in forma diretta del relativo importo sul rilievo indiziario che le disponibilità monetarie del percipiente si fossero, appunto, accresciute della somma risparmiata, in quanto oggetto dell’evasione fiscale, allegare circostanze specifiche dalle quali desumere che, alla data di consumazione del reato, sui conti correnti sociali non vi fossero somme liquide a disposizione del contribuente e allegare altresì circostanze specifiche dalle quali desumere che le somme oggetto di sequestro fossero il frutto di nuova finanza o, come dedotto nel caso di specie, di accrediti effettuati da terzi, clienti della società, a distanza di due anni dalla data di commissione del reato oggetto di provvisoria incolpazione e che, pertanto, esse non potessero rappresentare il risultato della mancata decurtazione del patrimonio quale conseguenza del risparmio di imposta in forza del quale si sarebbe dovuto identificare il profitto del reato sottoponibile a confisca diretta.
Non avendo il ricorrente fornito alcuna adeguata indicazione circa la consistenza dei conti alla data di consumazione del reato, indicazioni che soltanto avrebbero consentito di apprezzare, secondo la sua apodittica affermazione, la natura per equivalente e non in forma specifica del sequestro nei termini dianzi richiamati, il ricorso deve pertanto essere rigettato>.
Quadro giurisprudenziale di riferimento:
Cassazione penale sez. III, 20/06/2019, n.44737
In tema di indebita compensazione, l’illecito si consuma al momento della presentazione dell’ultimo modello F24 relativo all’anno interessato e non in quello della successiva dichiarazione dei redditi, in quanto, con l’utilizzo del modello indicato, si perfeziona la condotta decettiva del contribuente, realizzandosi il mancato versamento per effetto della compensazione, ai sensi dell’art. 17 d.lg. n. 241/1997, di crediti in realtà non spettanti o inesistenti. (Fattispecie in cui la prova dell’esecuzione di compensazioni indebite è stata desunta dalle annotazioni sul libro giornale e dalle dichiarazioni IVA).
Cassazione penale sez. III, 11/10/2018, n.4958
In tema di reati tributari, il delitto di indebita compensazione di cui all’art. 10-quater, d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, si consuma al momento della presentazione dell’ultimo modello F24 relativo all’anno interessato e non in quello della successiva dichiarazione dei redditi, in quanto, con l’utilizzo del modello indicato, si perfeziona la condotta decettiva del contribuente, realizzandosi il mancato versamento per effetto dell’indebita compensazione di crediti in realtà non spettanti in base alla normativa fiscale. (In motivazione, la Corte ha precisato che il delitto di indebita compensazione non presuppone la presentazione da parte del contribuente di una dichiarazione annuale a differenza di quello di dichiarazione infedele di cui all’art. 4 del medesimo d.lgs. n. 74 del 2000, in cui il mendacio del contribuente si esprime proprio nella dichiarazione annuale relativa alle imposte sui redditi o all’Iva).
Cassazione penale sez. III, 28/03/2018, n.46709
In tema di indebita compensazione di crediti di imposta, il profitto del reato di cui all’art. 10-quater d.lgs. n. 74 del 2000, che può essere oggetto del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, è costituito dall’importo corrispondente all’imposta evasa nella sua totalità. (In motivazione, la Corte ha precisato che, essendo il profitto costituito da denaro, la confisca delle somme deve essere qualificata come diretta).
Cassazione penale sez. III, 14/11/2017, n.1999
In tema di reati tributari, il sequestro preventivo per equivalente, in vista della confisca prevista dall’art. 12 bis d.lg. n. 74 del 2000, può essere disposto, entro i limiti quantitativi del profitto, indifferentemente nei confronti di uno o più degli autori della condotta criminosa, non essendo esso ricollegato all’arricchimento personale di ciascuno dei correi bensì alla corresponsabilità di tutti nella commissione dell’illecito (nella specie la S.C. ha ritenuto legittimo il sequestro disposto nei confronti del consulente fiscale ispiratore del meccanismo fraudolento attuativo del c.d. accollo fiscale, integrante il reato di indebita compensazione).
By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA