Prescrizione di medicinali a base di sostanze stupefacenti: risponde dei reati previsti dal D.P.R. 309/1990 il medico che prescrive i medicinali con effetto psicotropo per finalità estetiche e non terapeutiche.
Si segnala ai lettori del blog la sentenza 12198.2020, resa dalla VI Sezione penale della Corte di Cassazione, con la quale il Collegio del diritto, esprimendosi in merito ad un caso di somministrazione al paziente di medicinali a base di sostanze stupefacenti, chiarisce gli aspetti salienti della relativa disciplina, in base ai quali la prescrizione è consentita per finalità esclusivamente terapeutiche, tenendo conto delle condizioni patologiche che affliggono il paziente ed è rimessa al singolo medico, in assenza di procedure o protocolli specifici, con il solo limite della coerenza del trattamento con le conoscenze scientifiche del momento.
Il reato contestato e il doppio giudizio di merito
Nel caso di specie, all’imputato esercente la professione medica era contestato il reato di prescrizione di sostanze stupefacenti per uso non terapeutico ex artt. 83 e 73 comma 5 d.P.R. 309/1990, per aver somministrato alle pazienti fendimetrazina e clorazepato di potassio per finalità estetiche, anziché terapeutiche.
La Corte di appello di Roma, riformando parzialmente la sentenza di condanna resa dal locale Tribunale, riqualificava i fatti come sopra ascritti e dichiarava il non luogo a procedere nei confronti del prevenuto per intervenuta prescrizione.
Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto
La difesa del giudicabile interponeva ricorso per cassazione avverso la decisione di secondo grado, deducendo il travisamento della prova.
I Giudici di legittimità, nel dichiarare inammissibile il ricorso, riconoscono la correttezza del ragionamento della Corte territoriale in punto di riconoscimento della responsabilità penale dell’imputato e riportano i consolidati insegnamenti giurisprudenziali in materia di condizioni di liceità della somministrazione di preparati medicinali a base di sostanze stupefacenti.
Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dal compendio motivazionale della pronuncia della Suprema Corte:
(Sez. 6, n. 16581 del 13/03/2013, Narracci, Rv. 256147).
Essendo quello sopra enunciato il perimetro entro il quale deve muoversi l’interprete, logico risulta, pertanto, il percorso che ha condotto la Corte territoriale a ritenere non esserci l’evidenza dell’innocenza del ricorrente.
La decisione ha, infatti, analizzato correttamente la disciplina in materia di sostanze stupefacenti che consente la somministrazione di tali sostanze per fini terapeutici, secondo le necessità di cura in relazione alle particolari condizioni patologiche del soggetto; normativa che non prevede procedure o protocolli legali, ma affida la diagnosi e la specifica articolazione terapeutica al singolo medico, con il solo limite delle conoscenze scientifiche del momento. Ha ritenuto che la condotta del ricorrente, fosse penalmente rilevante ex art. 73, d.P.R. cit., richiamato dal successivo art. 83 – norma che dispone che le pene dell’art. 73, d.P.R. 9 ottobre 1990, 309 si applicano nei confronti del medico chirurgo che rilascia prescrizioni delle sostanze stupefacenti e psicotrope per uso non terapeutico -, comunque sussumibile nella «ipotesi lieve» di cui all’art. 73, comma 5, cit. a cagione della limitata offensività sia per le caratteristiche della sostanza sia per il ridotto numero di pazienti interessati alla prescrizione (tre su un totale di 231 pazienti).
La Corte di appello ha dato conto delle sommarie informazioni e dalle deposizioni testimoniali, mettendo in evidenza l’assenza dei presupposti per ritenere che le prescrizioni avessero natura terapeutica, sia per le condizioni di salute dei pazienti che per l’eccessiva durata delle prescrizioni, così dando adeguatamente conto del perché difettasse l’evidenza della prova dell’innocenza dell’imputato>.
Quadro giurisprudenziale di riferimento:
Cassazione penale sez. VI, 13/03/2013, n.16581
In tema di stupefacenti, la cessione incontrollata di farmaci contenenti sostanze stupefacenti, ancorché effettuata da un soggetto esercente attività di medico-chirurgo, dà luogo alla configurabilità del reato di cui all’art. 73 comma 4 d.P.R. n. 309 del 1990 e non di quello, pur equiparato “quoad poenam”, di cui all’art. 83 del medesimo d.P.R., per il quale è richiesto che vi sia comunque il formale rilascio di prescrizioni, non finalizzate, però, ad un uso che possa definirsi “terapeutico” delle sostanze prescritte.
Cassazione penale sez. IV, 03/03/2009, n.25923
Integra il reato di cui all’art. 83 d.P.R. n. 309 del 1990 la condotta del medico che si autoprescriva degli stupefacenti destinati al suo uso personale non terapeutico.
Cassazione penale sez. IV, 14/02/2008, n.15169
Sussiste il reato di cui all’art. 81 c.p. e all’art. 83, d.P.R. n. 309 del 1990 in relazione alla prescrizione di farmaci contenenti dietilproprione a pazienti normopeso, al di fuori di esigenze terapeutiche connesse alla cura dell’obesità.
Cassazione penale sez. III, 04/05/2004, n.37863
Sussiste, tanto sotto il profilo oggettivo quanto sotto quello soggettivo, il reato di prescrizione abusiva di sostanze stupefacenti, previsto dall’art. 83 del t.u. approvato con d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, qualora medicinali a base di dette sostanze vengano prescritti in modo indiscriminato, anche a soggetti diversi dagli effettivi destinatari, senza alcuna previa definizione di precisi programmi terapeutici e senza alcuna verifica (mediante visite di controllo, esami clinici etc.) dei risultati conseguiti.
By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA