Occultamento o distruzione di documenti contabili: per la Suprema Corte la ricostruzione del reddito non dichiarato dall’impresa operata per mezzo di acquisizione di documentazione presso terzi non esclude la penale responsabilità del contribuente.
Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 9061.2020, resa dalla III Sezione penale della Corte di Cassazione, con la quale il Collegio del diritto, scrutinando un caso di occultamento o distruzione di documenti contabili, chiarisce la natura della norma incriminatrice ed il suo perimetro punitivo, confermando il rigoroso orientamento secondo il quale la punibilità non è esclusa dalla possibilità di determinare aliunde il reddito o il volume di affari ad eccezione dell’ipotesi in cui la ricostruzione sia agevole sulla scorta di altra documentazione presente in azienda che esclude la offensività.
Il reato contestato e il doppio grado di merito
Nel caso di specie, all’imputato, nella veste di amministratore della società, erano contestati i reati di omessa dichiarazione, emissione di fatture per operazioni inesistenti ed occultamento o distruzione di documenti contabili, rispettivamente ex artt. 5, 8, 10 D.lgs. 74/2000.
La Corte di appello di Roma, riformando parzialmente la sentenza resa dal Tribunale capitolino, dichiarava di non doversi procedere per i delitti di emissione di fatture per operazioni inesistenti, poiché estinti per prescrizione e confermava la responsabilità penale del prevenuto in ordine agli altri reati tributari.
Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto
La difesa del giudicabile proponeva ricorso per cassazione avverso la decisione di secondo grado, articolando plurimi motivi di impugnazione.
Ai fini del presente commento riveste particolare interesse la deduzione della violazione dell’art. 10 D.lgs. 74/2000, in ordine alla sussistenza del reato di occultamento o distruzione dei documenti contabili, in ragione dell’assenza di offensività, considerata l’avvenuta ricostruzione dei risultati economici di impresa da parte degli organi inquirenti.
I Giudici di legittimità, annullano senza rinvio la sentenza impugnata sul capo di sentenza relativo alla pena accessoria comminata dichiarando nel resto l’inammissibilità del ricorso.
Di seguito si riportano i passaggi più significativi passaggi in diritto estratti dalla parte motiva della sentenza in commento:
<La tesi difensiva, per la quale il reato non sussiste poiché è stato possibile aliunde procedere alla ricostruzione del volume di affari e non è dunque avvenuta alcuna impossibilità di ricostruzione dei redditi o del volume di affari, è contraria alla corretta interpretazione dell’art. 10 d.lgs. 74/2000. Vanno ribaditi i principi espressi da Sez. 3, n. 13212 del 06/12/2016, Giovinazzo, Rv. 269258, per cui l’impossibilità di ricostruire il reddito od il volume d’affari derivante dalla distruzione o dall’occultamento di documenti contabili non deve essere intesa in senso assoluto; va intesa come impossibilità di accertare il risultato economico di quelle sole operazioni connesse alla documentazione occultata o distrutta.
Deve sussistere un elevato grado di difficoltà di ricostruire il reale volume degli affari o dei redditi, avuto riguardo esclusivamente alla situazione interna dell’azienda; sussiste anche quando è necessario procedere all’acquisizione presso terzi della documentazione mancante (cfr. Sez. 3, n. 36624 del 18/07/2012, Rv. 253365, Pratesi); né il reato è escluso dalla circostanza che alla determinazione dei redditi si sia potuti addivenire aliunde.
Il reato non è configurabile solo quando il risultato economico delle operazioni prive della documentazione obbligatoria può essere ugualmente accertato in base ad altra documentazione conservata dall’imprenditore interessato, perché in tal caso manca la necessaria offensività della condotta. Cfr. anche Sez. 3, n. 41683 del 02/03/2018, Vitali, Rv. 274862 – 02 per cui, in tema di reati tributari, l’impossibilità di ricostruire il reddito od il volume d’affari derivante dalla distruzione o dall’occultamento di documenti contabili, elemento costitutivo del reato di cui all’art. 10 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 non deve essere intesa in senso assoluto, sussistendo anche quando è necessario procedere all’acquisizione della documentazione mancante presso terzi o aliunde.
In motivazione la Corte ha precisato che il reato deve essere escluso, per mancanza di offensività, solo nel caso in cui il risultato economico delle operazioni possa essere accertato in base ad altra documentazione conservata dallo stesso imprenditore.
Il bene giuridico oggetto della tutela penale del reato ex art. 10 d.lgs. 74/2000è l’interesse statale alla trasparenza fiscale del contribuente, in quanto la norma penale incriminatrice sanziona l’obbligo di non sottrarre all’accertamento le scritture ed i documenti obbligatori>.
La norma incriminatrice:
Art. 10 D.lgs. 74/2000 – Occultamento o distruzione di documenti contabili
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da tre a sette anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ovvero di consentire l’evasione a terzi, occulta o distrugge in tutto o in parte le scritture contabili o i documenti di cui è obbligatoria la conservazione, in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume di affari.
Quadro giurisprudenziale di riferimento:
Cassazione penale sez. III, 29/10/2019, n.50350
In tema di reati tributari, l’impossibilità di ricostruire il reddito o il volume d’affari derivante dalla distruzione o dall’occultamento di documenti contabili non deve essere intesa in senso assoluto, sussistendo anche quando è necessario procedere all’acquisizione presso terzi della documentazione mancante.
Cassazione penale sez. III, 12/03/2019, n.37348
Il reato di occultamento delle scritture contabili obbligatorie sussiste anche nell’ipotesi in cui la loro mancata reperibilità, in sede di verifica fiscale, non impedisca la ricostruzione delle pregresse attività economiche del contribuente ma la renda soltanto più difficoltosa.
Cassazione penale sez. III, 12/03/2019, n.37348
Il reato di occultamento o distruzione di documenti contabili di cui all’art. 10 d.lgs. n. 74 del 2000 è da considerare integrato in tutti i suoi elementi anche nella ipotesi in cui sia stato possibile egualmente ricostruire le operazioni compiute dal contribuente, posto che il legislatore ha inteso sanzionare anche il solo comportamento che abbia reso, sebbene non impossibile, anche soltanto più difficoltosa l’attività di verifica fiscale a causa dell’avvenuta distruzione ovvero occultamento delle scritture contabili obbligatorie (confermata la condanna per il legale rappresentante di una società che aveva trasferito, senza dichiararlo in sede di accertamento, in luogo diverso dalla sede legale della società la documentazione contabile, conservandone solo una parte).
Cassazione penale sez. III, 15/01/2019, n.7051
In tema di reati tributari, l’impossibilità di ricostruire il reddito od il volume d’affari derivante dalla distruzione o dall’occultamento di documenti contabili non deve essere intesa in senso assoluto, sussistendo anche quando è necessario procedere all’acquisizione presso terzi della documentazione mancante.
Cassazione penale , sez. III , 03/10/2018 , n. 51836
In tema di reati tributari, l’accertamento del dolo specifico richiesto per la sussistenza del delitto di cui all’ art. 10 del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 (occultamento o distruzione di documenti contabilità fine di evasione) presuppone la prova della produzione di reddito e del volume di affari, che può desumersi, in base a norme di comune esperienza, dal fatto che l’agente sia titolare di un’attività commerciale.
Cassazione penale sez. III, 02/03/2018, n.41683
In tema di reati tributari, l’impossibilità di ricostruire il reddito od il volume d’affari derivante dalla distruzione o dall’occultamento di documenti contabili, elemento costitutivo del reato di cui all’art. 10 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 non deve essere intesa in senso assoluto, sussistendo anche quando è necessario procedere all’acquisizione della documentazione mancante presso terzi o aliunde. (In motivazione la Corte ha precisato che il reato deve essere escluso, per mancanza di offensività, solo nel caso in cui il risultato economico delle operazioni possa essere accertato in base ad altra documentazione conservata dallo stesso imprenditore).
Cassazione penale sez. III 13/12/2017 n. 5079
La disposizione di cui all’art. 10 d.lg. n. 74 del 2000 prevede una doppia alternativa condotta riferita ai documenti contabili (la distruzione e l’occultamento totale o parziale), un dolo specifico di evasione propria o di terzi e un evento costitutivo, rappresentato dalla sopravvenuta impossibilità di ricostruire, mediante i documenti i redditi o il volume degli affari al fine dell’imposta sul valore aggiunto. È evidente che si tratta di un reato a condotta vincolata commissiva con un evento di danno, rappresentato dalla perdita della funzione descrittiva dell’documentazione contabile. Ne consegue che la condotta del reato de quo non può sostanziarsi in un mero comportamento omissivo ossia il non avere tenuto le scritture in modo tale che sia stato obbiettivamente più difficoltosa – ancorché non impossibile – la ricostruzione ex aliunde ai fini fiscali della situazione contabile, ma richiede, per l’integrazione della fattispecie penale un quid pluris a contenuto commissivo consistente nell’occultamento ovvero nella distruzione di tali scritture.
Cassazione penale sez. III 25/05/2016 n. 14461
La condotta del reato previsto dall’art. 10 del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, può consistere sia nella distruzione che nell’occultamento delle scritture contabili o dei documenti di cui è obbligatoria la conservazione, in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume di affari, con conseguenze diverse rispetto al momento consumativo, giacché la distruzione realizza un’ipotesi di reato istantaneo, che si consuma con la soppressione della documentazione, mentre l’occultamento – consistente nella temporanea o definitiva indisponibilità della documentazione da parte degli organi verificatori – costituisce un reato permanente, che si protrae sino al momento dell’accertamento fiscale, dal quale soltanto inizia a decorre il termine di prescrizione. (Nella fattispecie, relativa alla contestazione dell’occultamento “o comunque” della distruzione delle scritture contabili, la S.C., nel ritenere che detta contestazione concernesse in via principale l’occultamento, ha osservato che l’imputato, per avvalersi della dedotta maturazione della prescrizione in conseguenza della qualificazione della condotta come distruttiva, avrebbe dovuto dimostrare sia la circostanza che la documentazione contabile era stata distrutta, e non semplicemente occultata, sia l’epoca di tale distruzione).
Cassazione penale sez. III 02/03/2016 n. 19106
Ai fini della configurazione del reato di cui all’art. 10, D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, non è sufficiente un mero comportamento omissivo, ossia la omessa tenuta delle scritture contabili, che renda obiettivamente più difficoltosa, ma non impossibile, la ricostruzione della situazione contabile, ma è necessario un “quid pluris” a contenuto commissivo consistente nell’occultamento o nella distruzione dei documenti contabili la cui istituzione e tenuta è obbligatoria per legge.
By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA