Bancarotta fraudolenta patrimoniale: la Suprema Corte conferma la estraneità alla struttura del reato del nesso causale tra condotta distrattiva e stato di insolvenza dell’impresa
Si segnala ai lettori del blog la sentenza 11742.2020, resa dalla V Sezione penale della Corte di Cassazione, con la quale il Collegio del diritto, esprimendosi in merito ad un caso di bancarotta fraudolenta patrimoniale, conferma il consolidato principio di diritto secondo il quale l’indagine sulla componente materiale e psicologica del reato non deve estendersi alla prova del nesso causale tra i fatti di distrazione ed il successivo fallimento, essendo il reato fallimentare integrato semplicemente dalla causazione da parte dell’agente del depauperamento dell’impresa attraverso condotte distrattive – trattandosi di delitto di pericolo a dolo generico.
Il reato contestato e la doppia conforme di merito
La Corte di appello di Firenze confermava la sentenza di condanna dell’imputato, nella veste di amministratore unico della società fallita, per il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione.
Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto
La difesa del prevenuto interponeva ricorso in cassazione avverso la decisione della Corte territoriale, articolando due motivi di gravame, dei quali riveste maggiore interesse, ai fini del presente commento, quello relativo alla violazione di legge e al vizio di motivazione in ordine alla sussistenza dell’elemento psicologico del reato, con riferimento alla causazione dello stato di insolvenza dell’impresa.
La Suprema corte annulla con rinvio la sentenza impugnata limitatamente ai profili della determinazione della durata delle pene accessorie ed alla apodittica motivazione circa il diniego del danno tenue (art. 219 u.c. legge fallimentare); rigettano nel resto il ricorso dando continuità al consolidato orientamento sedimentato intorno al tema del dolo nel reato in contestazione.
Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla parte motiva della pronuncia in commento:
La doglianza fa leva sull’indirizzo, del tutto isolato, espresso da Sez. 5, n. 47502 del 24/09/2012, Corvetta, Rv. 253493, secondo cui nel reato di bancarotta fraudolenta per distrazione, lo stato di insolvenza che dà luogo al fallimento, in qualità di evento del reato, deve porsi in rapporto causale con la condotta dell’agente e deve essere, altresì, sorretto dall’elemento soggettivo del dolo.
Come questa Corte ha avuto modo più volte di osservare, molteplici sono gli argomenti che mettono in luce i vari profili di infondatezza della ricostruzione offerta dalla sentenza Corvetta, argomenti che, in questa sede, è sufficiente ripercorrere in parte e in estrema sintesi (tanto più che l’impostazione della sentenza Corvetta ha trovato nuova smentita in Sez. U, n. 22474 del 31/03/2016, Passarelli): il dato normativo, per il quale la rilevanza del rapporto causale tra condotta e dissesto è previsto per le sole fattispecie di bancarotta impropria ex art. 223, secondo comma, l. fall.; il carattere di mero paralogismo dell’affermazione che il fallimento è l’evento del reato; la del tutto problematica ipotizzabilità di un rapporto causale tra dissesto e fatti di bancarotta documentale (cfr., tra le altre, Sez. 5, n. 32352 del 07/03/2014, Tanzi; Sez. 5, n. 32031 del 07/05/2014, Daccò; Sez. 5, n. 15613/15 del 05/12/2014, Geronzi).
Va pertanto ribadito l’indirizzo giurisprudenziale del tutto consolidato, secondo cui ai fini della sussistenza del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale non è necessaria l’esistenza di un nesso causale tra i fatti di distrazione ed il successivo fallimento (Sez. 5, n. 32352 del 07/03/2014, Tanzi, Rv. 261942; conf., ex plurimis, Sez. 5, n. 11095 del 13/02/2014, Ghirardelli, Rv. 262741; Sez. 5, n. 47616 del 17/07/2014, Simone, Rv. 261683; Sez. 5, n. 26542 del 19/03/2014, Riva, Rv. 260690; Sez. 5, n. 11793/14 del 05/12/2013, Marafioti, Rv. 260199; Sez. 5, n. 232 del 09/10/2012, Sistro, Rv. 254061) e, d’altro canto, il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione è reato di pericolo a dolo generico per la cui sussistenza, pertanto, non è necessario che l’agente abbia consapevolezza dello stato di insolvenza dell’impresa, né che abbia agito allo scopo di recare pregiudizio ai creditori (Sez. 5, n. 3229/13 del 14/12/2012, Rossetto, Rv. 253932; conf., ex plurimis, Sez. 5, n. 21846 del 13/02/2014, Bergamaschi, Rv. 260407; Sez. 5, n. 44933 del 26/09/2011, Pisani, Rv. 251214). Indirizzo, questo, riaffermato anche dalle Sezioni Unite, secondo cui, per un verso, ai fini della sussistenza del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, non occorre un nesso causale tra i fatti di distrazione ed il successivo fallimento, essendo sufficiente che l’agente abbia cagionato il depauperamento dell’impresa, destinandone le risorse ad impieghi estranei alla sua attività e, per altro verso, l’elemento soggettivo del delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione è costituito dal dolo generico, per la cui sussistenza non è necessaria la consapevolezza dello stato di insolvenza dell’impresa, né lo scopo di recare pregiudizio ai creditori, essendo richiesta solo la consapevole volontà di dare al patrimonio sociale una destinazione diversa da quella di garanzia delle obbligazioni contratte (Sez. U, n. 22474 del 31/03/2016, Passarelli, Rv. 266804)>.
La norma incriminatrice:
Art. 216 legge fall. – Bancarotta fraudolenta
È punito con la reclusione da tre a dieci anni, se è dichiarato fallito, l’imprenditore, che:
1) ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato in tutto o in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, ha esposto o riconosciuto passività inesistenti;
2) ha sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li ha tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari.
La stessa pena si applica all’imprenditore, dichiarato fallito, che, durante la procedura fallimentare, commette alcuno dei fatti preveduti dal n. 1 del comma precedente ovvero sottrae, distrugge o falsifica i libri o le altre scritture contabili.
È punito con la reclusione da uno a cinque anni il fallito, che, prima o durante la procedura fallimentare, a scopo di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi, esegue pagamenti o simula titoli di prelazione.
Salve le altre pene accessorie, di cui al capo III, titolo II, libro I del codice penale, la condanna per uno dei fatti previsti nel presente articolo importa per la durata di dieci anni l’inabilitazione all’esercizio di una impresa commerciale e l’incapacità per la stessa durata ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa.
Quadro giurisprudenziale di riferimento:
Cassazione penale sez. V, 02/10/2018, n.2899
In tema di bancarotta fraudolenta prefallimentare per distrazione, la sentenza dichiarativa di fallimento costituisce una condizione obiettiva di punibilità, poiché si pone come evento estraneo all’offesa tipica e alla sfera di volizione dell’agente.(In motivazione la Corte ha precisato che la natura di reato di pericolo concreto della bancarotta fraudolenta prefallimentare per distrazione non è in contrasto con la qualifica della dichiarazione di fallimento come condizione obiettiva di punibilità).
Cassazione penale sez. V, 08/02/2017, n.13910
Nell’alveo della fattispecie di bancarotta fraudolenta patrimoniale, la dichiarazione di fallimento non costituisce elemento costitutivo del reato, ma ha funzione di condizione obiettiva (estrinseca) di punibilità, tale da determinare il “dies a quo” della prescrizione e radicare la competenza territoriale, con conseguente irrilevanza, ai fini della sussistenza del reato, dell’esistenza del nesso causale e psichico tra le condotte distrattive e il successivo stato di insolvenza.
Cassazione penale sez. V, 26/10/2017, n.8997
Nel reato di bancarotta fraudolenta per distrazione, l’elemento soggettivo va colto nella consapevole volontà di imprimere al patrimonio sociale una destinazione diversa rispetto alle finalità dell’impresa e di compiere atti suscettibili di arrecare danno ai creditori. Di qui la definizione di dolo generico del reato in termini di consapevolezza e volontà di determinare, con il proprio comportamento dissipativo o distrattivo, un pericolo di danno per i creditori, non essendo sufficiente la sola consapevolezza e volontà del fatto distrattivo. Resta comunque escluso che ai fini dell’elemento psicologico del reato la volontà dell’agente debba investire lo stato di insolvenza e il dissesto economico dell’impresa ed è sufficiente la consapevolezza che la condotta distrattiva mette a rischio la garanzia patrimoniale apprestata a favore dei creditori.
Cassazione penale sez. un., 31/03/2016, n.22474
Ai fini della sussistenza del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale non è necessaria l’esistenza di un nesso causale tra i fatti di distrazione ed il successivo fallimento, essendo sufficiente che l’agente abbia cagionato il depauperamento dell’impresa, destinandone le risorse ad impieghi estranei alla sua attività. (In motivazione, la Corte ha precisato che i fatti di distrazione, una volta intervenuta la dichiarazione di fallimento, assumono rilievo in qualsiasi momento siano stati commessi e, quindi, anche se la condotta si è realizzata quando ancora l’impresa non versava in condizioni di insolvenza).
Cassazione penale sez. V, 13/02/2014, n.11095
Ai fini della sussistenza del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale non è necessaria l’esistenza di un nesso causale tra i fatti di distrazione ed il dissesto dell’impresa, in quanto, una volta intervenuta la dichiarazione di fallimento, detti fatti assumono rilevanza penale in qualsiasi tempo siano stati commessi e, quindi, anche quando l’insolvenza non si era ancora manifestata.
Cassazione penale sez. V, 24/09/2012, n.47502
Nel reato di bancarotta fraudolenta per distrazione lo stato di insolvenza che da luogo al fallimento costituisce elemento essenziale del reato, in qualità di evento dello stesso e pertanto deve porsi in rapporto causale con la condotta dell’agente e deve essere, altresì, sorretto dall’elemento soggettivo del dolo.
By ClaudioRamelli© RIPRODUZIONE RISERVATA