Il punto della Cassazione sulla bancarotta fraudolenta patrimoniale per dissipazione e la causazione del fallimento per effetto di operazioni dolose.
Si segnala ai lettori del blog la sentenza 1556.2020, resa dalla V Sezione penale della Corte di Cassazione, con la quale il Collegio del diritto, esprimendosi in merito ad un caso di bancarotta fraudolenta documentale, patrimoniale e impropria, si sofferma sulla struttura del reato di bancarotta patrimoniale per dissipazione, delineando gli indicatori di elaborazione giurisprudenziale della pericolosità della condotta dissipativa ed il concetto di operazioni dolose, tra le quali rientra il sistematico inadempimento delle obbligazioni fiscali e previdenziali.
Il reato contestato e la doppia conforme di merito
Nel caso di specie, agli imputati, nella veste di amministratori della società fallita, erano contestati i delitti di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale e causazione del fallimento per effetto di operazioni dolose.
La Corte di appello di Milano confermava la decisione di primo grado di condanna dei prevenuti per i reati loro ascritti.
Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto
Il comune difensore dei giudicabili proponeva ricorso per cassazione avverso la pronuncia resa dalla Corte territoriale, articolando plurimi motivi di gravame.
Ai fini del presente commento suscitano maggiore interesse le deduzioni relative alla configurazione della bancarotta patrimoniale per dissipazione e alla determinazione del fallimento per effetto di operazioni dolose.
La Suprema Corte, nell’annullare la sentenza impugnata limitatamente alla durata delle pene accessorie, dichiara inammissibili nel resto i motivi di ricorsi impingenti il tema della penale responsabilità dei giudicabili.
Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dal compendio motivazionale della decisione in commento:
(i) Bancarotta fraudolenta patrimoniale per dissipazione
Il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale sussiste, difatti, anche in presenza di un’iniziativa economica in sé legittima, che si riferisca ad una impresa in stato pre-fallimentare, producendo riflessi negativi per i creditori (Sez. 5, n.24024 del 01/04/2015, Bellachioma, Rv. 263943) e, nel caso in disamina, l’iniziativa economica è consistita nella cessione di un ramo di azienda di un’impresa in stato fallimentare, effettuata per un prezzo solo in minima parte corrisposto e che ha, pertanto, reso la cedente priva di beni e della possibilità di proseguire utilmente l’attività, con conseguente sottrazione di ogni garanzia per i crediti non compresi nel trasferimento.
La bancarotta fraudolenta per dissipazione ha, infatti, natura di reato di pericolo concreto a dolo generico. In relazione a tale reato non ha, pertanto, incidenza né la finalità perseguita in via contingente dal soggetto — e pertanto sono per l’appunto manifestamente infondate le numerose censure del ricorrente tese a valorizzare tale profilo – né si richiede uno specifico intento di arrecare un pregiudizio economico ai creditori, essendo sufficiente la consapevolezza della mera possibilità di danno che possa derivare alle ragioni creditorie.
L’argomentazione rassegnata al riguardo appare del tutto rispondente agli indicatori declinati dalla giurisprudenza più recente (Sez. 5, n.38396 del 23/06/2017, Sgaramella, Rv. 270763) ai fini della delibazione tanto della concreta pericolosità della condotta dissipativa che riguardo la consapevolezza di siffatta pericolosità: si tratta di indici dotati di immediata evidenza dimostrativa, al di fuori di qualsiasi logica presuntiva, rinvenibili, ad esempio, nella disamina della condotta alla luce della condizione patrimoniale e finanziaria dell’azienda, nel contesto in cui l’agente ha operato, avuto riguardo alla continuità soggettiva delle parti; nella irriducibile estraneità del fatto generatore dello squilibrio tra cessione e realizzo rispetto ai canoni di ragionevolezza imprenditoriale, rilevanti anche nella fase liquidatoria, necessari a dar corpo, da un lato, alla prognosi postuma di concreta messa in pericolo dell’integrità del patrimonio dell’impresa, funzionale ad assicurare la garanzia dei creditori e, nella specie, la liquidazione, e, dall’altro, all’accertamento in capo all’agente della consapevolezza e volontà della condotta in concreto pericolosa. Di guisa che la condotta ascritta agli imputati, per come ricostruita nelle sentenze di merito, appare caratterizzata da plurimi indici di fraudolenza tra quelli indicati, sia pur a titolo esemplificativo, dalla sentenza Sgaramella e da un’indubbia idoneità depressiva della garanzia patrimoniale ex art. 2740 cod. civ., in presenza dell’adeguata giustificazione di un previo concerto tra società unitariamente gestite, finalizzato alla sottrazione agli organi della curatela di beni aziendali e del relativo controvalore.
(ii) Operazioni dolose
L’incontestata, sistematica, inottemperanza agli obblighi tributari e previdenziali è stata esplicitamente giustificata con la necessità di liquidità finalizzata al mantenimento dell’attività produttiva, con un argomento che non contrasta, ma che anzi assevera la sussistenza del reato sub c). La giurisprudenza di questa Corte è del tutto consolidata nel ritenere come le operazioni dolose di cui all’art. 223, comma 2, n. 2, legge fall. possano, invero, consistere nel sistematico inadempimento delle obbligazioni fiscali e previdenziali, frutto di una consapevole scelta gestionale da parte degli amministratori della società, da cui consegue il prevedibile aumento della sua esposizione debitoria nei confronti dell’erario e degli enti previdenziali (Sez. 5, n.24752 del 19/02/2018, De Mattia, Rv. 273337, N. 12426 del 2014 Rv. 259997, N. 29586 del 2014 Rv. 260492, N. 47621 del 2014 Rv. 261684, N. 15281 del 2017 Rv. 270046). In tal senso, le operazioni dolose di cui all’ad 223, comma secondo, n. 2, I. fall., attengono alla commissione di abusi di gestione o di infedeltà ai doveri imposti dalla legge all’organo amministrativo nell’esercizio della carica ricoperta, ovvero ad atti intrinsecamente pericolosi per la “salute” economico finanziaria della impresa e postulano una modalità di pregiudizio patrimoniale discendente non già direttamente dall’azione dannosa del soggetto attivo (distrazione, dissipazione, occultamento, distruzione), bensì da un fatto di maggiore complessità strutturale riscontrabile in qualsiasi iniziativa societaria implicante un procedimento o, comunque, una pluralità di atti coordinati all’esito divisato (Sez. 5, n.15281 del 08/11/2016 – dep. 2017, Bottiglieri, Rv. 270046, Sez. 5, n.47621 del 25/09/2014, Prandini, Rv. 261684, N. 17408 del 2014 Rv. 259998, N. 29586 del 2014 Rv. 260492).
Le norme incriminatrici:
Art. 216 legge fall. – Bancarotta fraudolenta
È punito con la reclusione da tre a dieci anni, se è dichiarato fallito, l’imprenditore, che:
1) ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato in tutto o in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, ha esposto o riconosciuto passività inesistenti;
2) ha sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li ha tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari.
La stessa pena si applica all’imprenditore, dichiarato fallito, che, durante la procedura fallimentare, commette alcuno dei fatti preveduti dal n. 1 del comma precedente ovvero sottrae, distrugge o falsifica i libri o le altre scritture contabili.
È punito con la reclusione da uno a cinque anni il fallito, che, prima o durante la procedura fallimentare, a scopo di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi, esegue pagamenti o simula titoli di prelazione.
Salve le altre pene accessorie, di cui al capo III, titolo II, libro I del codice penale, la condanna per uno dei fatti previsti nel presente articolo importa per la durata di dieci anni l’inabilitazione all’esercizio di una impresa commerciale e l’incapacità per la stessa durata ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa
Art. 223 legge fall. – Fatti di bancarotta fraudolenta
Si applicano le pene stabilite nell’art. 216 agli amministratori, ai direttori generali, ai sindaci e ai liquidatori di società dichiarate fallite, i quali hanno commesso alcuno dei fatti preveduti nel suddetto articolo.
Si applica alle persone suddette la pena prevista dal primo comma dell’art. 216, se:
1) hanno cagionato, o concorso a cagionare, il dissesto della società, commettendo alcuno dei fatti previsti dagli articoli 2621, 2622, 2626, 2627, 2628, 2629, 2632, 2633 e 2634 del codice civile;
2) hanno cagionato con dolo o per effetto di operazioni dolose il fallimento della società.
Si applica altresì in ogni caso la disposizione dell’ultimo comma dell’art. 216.
Quadro giurisprudenziale di riferimento:
Cassazione penale sez. V, 05/04/2019, n.30735
Integra il delitto di causazione del fallimento per effetto di operazioni dolose previsto dall’art. 223, secondo comma, n. 2), legge fall., l’omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto e dei contributi previdenziali e assistenziali che abbia causato il dissesto della società, potendo il reato fallimentare concorrere con quello tributario e con quello previdenziale in ragione della diversità sia dei beni tutelati sia della struttura dei reati.
Cassazione penale sez. V, 15/02/2019, n.22488
In tema di bancarotta fraudolenta fallimentare, le operazioni dolose di cui all’art. 223, comma 2, n. 2, l. fall., possono consistere anche nella compensazione dell’ingente esposizione debitoria della società nei confronti del fisco con crediti inesistenti, in quanto siffatta operazione, comportando l’azzeramento meramente formale dei debiti, consente alla società di operare e contribuisce, in modo prevedibile, ad aggravare il dissesto della stessa determinando il maturarsi di ulteriori debiti con il fisco.
Cassazione penale sez. V, 19/02/2018, n.24752
In tema di bancarotta fraudolenta fallimentare, le operazioni dolose di cui all’art. 223, comma 2, n. 2, legge fall. possono consistere nel sistematico inadempimento delle obbligazioni fiscali e previdenziali, frutto di una consapevole scelta gestionale da parte degli amministratori della società, da cui consegue il prevedibile aumento della sua esposizione debitoria nei confronti dell’erario e degli enti previdenziali.
Cassazione penale sez. V, 23/06/2017, n.38396
La casistica giurisprudenziale consegna non sporadicamente, casi in cui la fattispecie concreta dà conto, in termini di immediata evidenza dimostrativa (e al di fuori di qualsiasi logica presuntiva), della “fraudolenza” del fatto di bancarotta patrimoniale e, dunque, non solo dell’elemento materiale, ma anche del dolo del reato in esame: ciò in ragione dei più vari fattori, quali, ad esempio, il collocarsi del singolo fatto in una sequenza di condotte di spoliazione dell’impresa poi fallita ovvero in una fase di già conclamata decozione della stessa.
I fatti di bancarotta possono assumere rilievo in qualsiasi momento siano stati commessi e, quindi, anche se la condotta si è realizzata quando l’impresa non versava in condizioni di insolvenza, come da ultimo ribadito da Sez. U Passarelli: in questo reato di pericolo concreto è comunque necessario, da un lato, che il fatto di bancarotta abbia determinato un depauperamento dell’impresa e un effettivo pericolo per la conservazione dell’integrità del patrimonio dell’impresa da valutare nella prospettiva dell’esito concorsuale e sulla base dell’idoneità del fatto distrattivo ad incidere sulla garanzia dei creditori alla luce delle specifiche condizioni dell’impresa e, dall’altro, che tale effettivo pericolo non sia stato neutralizzato da una successiva attività “riparatoria” di segno contrario, che reintegri il patrimonio dell’impresa prima della soglia cronologica costituita dalla dichiarazione di fallimento.
Cassazione penale sez. V, 23/06/2017, n.38396
In tema di bancarotta fraudolenta per distrazione, l’accertamento dell’elemento oggettivo della concreta pericolosità del fatto distrattivo e del dolo generico deve valorizzare la ricerca di “indici di fraudolenza”, rinvenibili, ad esempio, nella disamina della condotta alla luce della condizione patrimoniale e finanziaria dell’azienda, nel contesto in cui l’impresa ha operato, avuto riguardo a cointeressenze dell’amministratore rispetto ad altre imprese coinvolte, nella irriducibile estraneità del fatto generatore dello squilibrio tra attività e passività rispetto a canoni di ragionevolezza imprenditoriale, necessari a dar corpo, da un lato, alla prognosi postuma di concreta messa in pericolo dell’integrità del patrimonio dell’impresa, funzionale ad assicurare la garanzia dei creditori, e, dall’altro, all’accertamento in capo all’agente della consapevolezza e volontà della condotta in concreto pericolosa.
Cassazione penale , sez. V , 30/05/2017 , n. 34836
La condotta di omesso versamento di contributi previdenziali, non incidendo direttamente sulla consistenza patrimoniale dell’impresa, non configura il reato di bancarotta fraudolenta per dissipazione, che si realizza in presenza di operazioni incoerenti con le esigenze dell’impresa, tali da ridurne il patrimonio.
Cassazione penale sez. fer., 10/08/2017, n.52433
L’art. 223, comma 2, n. 2, legge fallimentare comprende due ipotesi autonome che, dal punto di vista oggettivo, non presentano sostanziali differenze, mentre da quello soggettivo vanno tenute distinte perché, nella causazione dolosa del fallimento, questo è voluto specificamente, mentre nel fallimento conseguente ad operazioni dolose, esso è solo l’effetto, dal punto di vista della causalità materiale, di una condotta volontaria, ma non intenzionalmente diretta a produrre il dissesto fallimentare, anche se il soggetto attivo dell’operazione ha accettato il rischio dello stesso, pertanto la prima fattispecie è a dolo specifico mentre la seconda è a dolo generico.
Cassazione penale , sez. V , 14/10/2016 , n. 533
Non è configurabile il concorso formale tra il reato di bancarotta fraudolenta e quello di bancarotta impropria di cui all’art. 223, comma 2, l. fall., che deve considerarsi assorbito nel primo quando l’azione diretta a causare il fallimento sia la stessa sussunta nel modello descrittivo della bancarotta fraudolenta.
Cassazione penale sez. V, 01/04/2015, n.24024
Il reato di bancarotta fraudolenta (nelle forme della distrazione o della dissipazione, ovvero nella determinazione dolosa del dissesto) non consiste soltanto nella dismissione di beni (in particolare, di rami d’azienda) senza corrispettivo o con corrispettivo inferiore al valore reale, ma è integrata anche da attività e comportamenti che, sebbene corrispondenti all’esercizio di facoltà legittime riconosciute dall’ordinamento all’imprenditore, tuttavia rechino consapevolmente danno all’impresa, in quanto la liceità di ogni operazione dipende dai suoi riflessi sul patrimonio dell’imprenditore, sulla “salute” dell’impresa e sulla capacità dei beni aziendali di soddisfare le ragioni del ceto creditorio. Diversa deve però essere la valutazione delle iniziative imprenditoriali a seconda che le stesse concernano un’impresa in bonis o in stato prefallimentare : infatti, se nel primo caso la potenzialità offensiva (per il ceto creditorio) di quelle iniziative deve essere oggetto di puntuale dimostrazione, da condurre – con giudizio ex ante – con criteri rigorosi e sulla base di elementi oggettivi (che tengano conto del livello dell’indebitamento, della consistenza patrimoniale dell’impresa e della sua capacità, anche prospettica, di produrre reddito) – poiché trattasi di giudizio che interferisce con i principi dell’autonomia privata, della libertà gestionale e della libera disponibilità dei beni da parte dell’imprenditore – e deve investire in pieno la condizione soggettiva di quest’ultimo, di cui deve essere dimostrata la consapevolezza di recare offesa ai creditori; nell’impresa in stato pre-fallimentare quella valutazione deve necessariamente tenere conto della situazione precaria dell’impresa e della sua potenziale dissolvenza. (Fattispecie di cessione di ramo d’azienda riguardante impresa non in bonis).
By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA