In caso di decesso di vittima ultraottantenne per contagio da epatite in seguito ad emotrasfusione, l’ammontare del danno biologico da liquidare agli eredi deve essere calcolato sulla base della durata effettiva della vita del defunto

Si segnala ai lettori del blog la sentenza 8532, depositata il 6 maggio 2020, resa dalla III Sezione civile della Corte di Cassazione, con la quale il Collegio del diritto, esprimendosi in merito al risarcimento del danno agli eredi per il decesso della vittima primaria dovuto al contagio da epatite C in conseguenza di emotrasfusione, enuncia il principio di diritto secondo il quale, nel caso di intervenuto decesso della vittima, il danno determinato sulla base delle tabelle del Tribunale di Milano deve essere proporzionalmente ridotto dal giudice di merito con riguardo al tempo di effettiva sopravvivenza del danneggiato e non commisurato alla astratta aspettativa di vita.

Il giudizio di merito

Nel caso di specie, il Ministero della salute era convenuto in giudizio per il risarcimento del danno da contagio da epatite HVC, avvenuto in seguito ad emotrasfusione con sangue infetto.

La Corte di appello di Napoli, rigettava l’impugnazione degli eredi del defunto, considerando che, poiché  il decesso della vittima era avvenuto oltre gli 80 anni, dunque oltre l’aspettativa media di vita, il danno biologico doveva essere correlato alla durata della vita del defunto e, dunque, liquidato secondo un criterio equitativo puro determinato in concreto nella somma di € 30.000.

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

Avverso la decisione della Corte territoriale, gli eredi del defunto ricorrevano per cassazione, articolando tre motivi di impugnazione, tra i quali, ai fini del presente commento, riveste maggiore interesse la deduzione della violazione degli artt. 2056 e 1226 cod. civ., con riguardo alla liquidazione del danno.

Il Ministero della Salute resisteva con controricorso.

I Giudici di legittimità, nell’accogliere parzialmente il ricorso, enunciano il seguente principio di diritto:

< La domanda è stata proposta per l’invalidità permanente ed il giudice di merito avrebbe dovuto fare applicazione, per la liquidazione del relativo danno, delle tabelle del Tribunale di Milano, munite di efficacia para-normativa in quanto concretizzazione del criterio della liquidazione equitativa previsto dall’art. 1226 cod. civ., e non applicare un criterio equitativo puro, privo peraltro di parametri di riferimento.

L’intervenuto decesso della parte comporta tuttavia che la valutazione probabilistica connessa all’ipotetica durata della vita del soggetto danneggiato vada sostituita con quella del concreto danno effettivamente prodottosi, cosicché l’ammontare del danno biologico che gli eredi richiedono iure successionis deve essere calcolato non con riferimento alla durata probabile della vita della vittima, ma alla sua durata effettiva (fra le tante da ultimo Cass. n. 4551 del 2019).

Il danno tabellarmente determinato dovrà pertanto dal giudice di merito essere proporzionalmente ridotto avuto riguardo al tempo di effettiva sopravvivenza del danneggiato.

In particolare il giudice di merito dovrà adottare “il criterio della proporzione, secondo cui il risarcimento che si sarebbe liquidato a persona vivente sta al numero di anni che questi aveva ancora da vivere secondo le statistiche di mortalità, come il risarcimento da liquidare a persona già defunta sta al numero di anni da questa effettivamente vissuti tra l’infortunio e la morte” (Cass. n. 13331 del 2015)>.

Quadro giurisprudenziale di riferimento:

Cassazione civile sez. III, 15/02/2019, n.4551

La liquidazione del danno biologico patito da persona deceduta per cause indipendenti dal fatto lesivo oggetto del giudizio va correlata al tempo, noto, trascorso dal sinistro alla morte, in cui il soggetto ha effettivamente sopportato le conseguenze non patrimoniali della lesione alla sua integrità psicofisica, e non invece alla durata della vita futura, rapportata al momento del sinistro e valutata secondo criteri di probabilità statistica.

Cassazione civile sez. III, 28/02/2019, n.5807

Ai fini del calcolo del danno biologico patito da persona deceduta prima della liquidazione del danno, occorre fare riferimento alla effettiva durata di vita del danneggiato, piuttosto che alla sua possibile vita futura.

Cassazione civile sez. III, 11/10/2018, n.25157

In ipotesi di morte del danneggiato per cause indipendenti dal fatto illecito subito, il principio secondo il quale il danno non patrimoniale trasmissibile “iure successionis” va parametrato alla durata effettiva della vita del danneggiato, e non a quella probabile, assume rilievo solo nel caso in cui il decesso sia avvenuto in età precoce rispetto all’ordinaria aspettativa di vita, atteso che, nel caso opposto, il punto-base di riferimento per la liquidazione del danno tiene già conto delle ridottissime aspettative di vita del danneggiato, sicchè nessuna ulteriore riduzione deve essere applicata in considerazione dell’intervenuto decesso (nella specie sopraggiunto in corso di causa, all’età di 96 anni).

Cassazione civile sez. III, 26/05/2016, n.10897

In tema di risarcimento del danno biologico, la liquidazione va parametrata alla durata effettiva della vita, se questa è più breve – per cause indipendenti dal sinistro oggetto del giudizio – rispetto a quella attesa o corrispondente alla vita media (sebbene occorra tenere conto della maggiore intensità del patema d’animo nei primi tempi successivi all’evento), assumendo esclusiva rilevanza la sofferenza effettivamente patita per il residuo tempo di durata della vita, nel rispetto del fondamentale principio di contenimento di qualunque forma di risarcimento all’effettivo pregiudizio arrecato.

Cassazione civile sez. III, 14/11/2011, n.23739

È erronea e va, pertanto, cassata la sentenza del giudice di merito la quale, dopo aver correttamente affermato che, ai fini del calcolo del danno biologico patito da persona deceduta prima della liquidazione del danno, occorre far riferimento alla effettiva durata di vita del danneggiato (nella specie, deceduto all’età di 73 anni), piuttosto che alla sua possibile vita futura, non abbia poi tenuto conto del tempo trascorso tra il sinistro e la morte (nella specie, pari a 1489 giorni), liquidando il danno come nelle ipotesi ordinarie.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA