Rispondono di corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio i medici convenzionati con il SSN per aver prescritto parafarmaci dietro ricezione di utilità
Si segnala ai lettori del blog la sentenza 13703.2020, resa dalla VI Sezione penale della Corte di Cassazione, con la quale il Collegio del diritto, esprimendosi in merito ad un caso di corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio commesso da medici di base convenzionati con il SSN, enuncia il principio di diritto secondo cui l’attivazione del rapporto di convenzione con il SSN vale ad attribuire ai medici la qualifica soggettiva di incaricato di pubblico servizio ex art. 357 c.p. e che la prescrizione di parafarmaci non dispensabili dal SSN non esclude la rilevanza pubblicistica dell’attività prescrittiva svolta dai sanitari.
Il reato contestato e il doppio giudizio di merito
Nel caso di specie, gli imputati, nella qualità di incaricati di pubblico servizio, in quanto medici di base convenzionati con il SSN, erano contestati i delitti di corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio e di comparaggio ex art. 319 c.p., 170 e 172 RD1265/1934, per aver ricevuto utilità dagli amministratori di una società operante nel settore farmaceutico, in cambio della prescrizione ai pazienti dei relativi parafarmaci.
La Corte di appello di Genova, riformando integralmente la sentenza di condanna resa dal Tribunale di Savona, assolveva con formula piena i prevenuti, affermando che la prescrizione di parafarmaci che non necessitano di ricetta medica da parte dei sanitari rientra nell’alveo della libera professione.
Il ricorso in cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto
Il Procuratore Generale presso la Corte territoriale proponeva ricorso per cassazione avverso la decisione di secondo grado, deducendo la violazione dell’art. 319 c.p., con riferimento all’esclusione dell’inquadramento dei giudicabili nell’ambito degli incaricati di pubblico servizio.
I Giudici di legittimità, nell’annullare la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Genova per un nuovo esame, chiariscono il ruolo pubblicistico assunto dai medici in seguito all’attivazione del rapporto di convenzione con il SSN e l’irrilevanza, ai fini della consumazione del reato, della prescrizione di integratori alimentari, anziché di farmaci.
Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dal compendio motivazionale della pronuncia in commento:
<Si afferma in particolare, nella sentenza impugnata, che le prescrizioni dei parafarmaci della [omissis]ai propri clienti, operate dai tre imputati, medici convenzionati con il SSN, non sarebbero espressione del profilo pubblicistico correlato a tale rapporto; piuttosto, considerando che i prodotti in questione non necessitano di ricetta perché privi di valenza farmaceutica, sarebbero stati prescritti dagli imputati “nella loro qualità di soggetti esercenti la libera professione”, attività loro consentita perché compatibile con la convenzione stipulata con il SSN. Tale affermazione, è di tutta evidenza, stride apertamente con le considerazioni di principio esposte nell’arresto, più volte citato, reso da questa Corte nel definire il giudizio relativo alla posizione del coimputato[omissis]. In detta sentenza si è precisato che, per un verso, una volta attivato il rapporto di convenzione con il SSN, non possono più scindersi le funzioni di competenza ascritte al medico, tutte in stretta interdipendenza con il ruolo e le funzioni pubblicistiche all’uopo assunte in ragione di tale rapporto; per altro verso, si è rimarcata l’indifferenza della circostanza in forza della quale la prescrizione medica operata dagli imputati non riguardasse farmaci ma “integratori alimentari non dispensabili dal Servizio sanitario nazionale, atteso che l’attività prescrittiva assume comunque rilievo pubblicistico in ragione della ineliminabile esigenza di tutela della salute. Anche rispetto agli integratori, il medico è infatti chiamato a svolgere un’attività di verifica, di compatibilità, di controllo tra la condizione soggettiva della persona che chiede la prescrizione e l’oggetto della prescrizione; il medico, cioè, è chiamato a svolgere un’attività che presuppone la conoscenza del contenuto dell’integratore e gli effetti che l’assunzione di quel prodotto può avere rispetto alla singola persona: in tal senso compie una valutazione intrisa di profili pubblicistici connessi alla tutela della salute” ( così, pedissequamente riportato, il tenore della sentenza richiamata)>.
La norma incriminatrice:
Art. 319 c.p. – Corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio
Il pubblico ufficiale [357], che, per omettere o ritardare o per aver omesso o ritardato un atto del suo ufficio, ovvero per compiere o per aver compiuto un atto contrario ai doveri di ufficio, riceve, per sé o per un terzo, denaro od altra utilità, o ne accetta la promessa, è punito con la reclusione da sei a dieci anni [32, 32-quater, 319-bis, 319-ter, 320, 321, 3222, 4, 323-bis; 3812b, 4 c.p.p.].
Quadro giurisprudenziale di riferimento:
Cassazione penale sez. VI, 02/04/2019, n.20264
Riveste la qualifica di pubblico ufficiale il medico dipendente di struttura ospedaliera autorizzato allo svolgimento di attività in regime “intra moenia” allargata, all’esterno della azienda sanitaria, trattandosi di attività inserita in una programmazione unitaria regionale e soggetta a controlli volti a consentirne lo svolgimento nel rispetto delle finalità istituzionali dell’ente, con predeterminazione delle tariffe nonché della quota da riscuotere per conto dell’ente stesso.(Fattispecie in cui la Corte ha confermato la sentenza di condanna relativa ai reati di corruzione e falso in atto pubblico in relazione alla condotta del medico che aveva percepito indebitamente somme di denaro in cambio del rilascio di falsa documentazione sanitaria).
Cassazione penale sez. VI, 19/04/2018, n.51946
Riveste la qualificazione di incaricato di pubblico servizio il medico convenzionato con il servizio sanitario nazionale, in quanto investito di inscindibili funzioni di carattere pubblicistico, aventi nel contempo natura sanitaria e amministrativa, sia nello svolgimento dell’attività certificativa, sia nell’espletamento di attività a questa prodromiche. (In motivazione la Corte ha chiarito che assume tale rilievo anche l’attività prescrittiva di integratori alimentari, non dispensabili dal Servizio sanitario nazionale, in quanto presuppone una valutazione funzionale alla tutela della salute).
Cassazione penale sez. VI, 15/09/2017, n.46492
Configura il reato di corruzione per un atto contrario ai doveri di ufficio (e non il più lieve reato di corruzione per l’esercizio della funzione, di cui all’art. 318 c.p.) lo stabile asservimento del pubblico ufficiale ad interessi personali di terzi, che si traduca in atti che, pur formalmente legittimi in quanto discrezionali e non rigorosamente predeterminati, si conformano all’obiettivo di realizzare l’interesse del privato nel contesto di una logica globalmente orientata alla realizzazione di interessi diversi da quelli istituzionali. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto legittima la qualificazione ai sensi degli artt. 319 e 321 c.p. della condotta di un rappresentate farmaceutico che aveva corrisposto denaro ad un primario ospedaliero in cambio dell’impegno di quest’ultimo a prescrivere a tutti i pazienti un determinato farmaco antitumorale, rilevando che la relativa prescrizione doveva essere il frutto di un meditato apprezzamento del quadro clinico del paziente nonché di una valutazione comparativa tra i benefici perseguiti ed i rischi connessi alla terapia farmacologica).
Cassazione penale sez. VI, 11/05/2017, n.29788
Il medico convenzionato con l’Asl riveste la qualifica di pubblico ufficiale e non quella di incaricato di pubblico servizio e tale qualifica rimane inalterata anche quando il sanitario opera al di fuori dell’ambito territoriale assegnatogli, come avviene quando lo stesso esegue una visita o prescrive farmaci a cittadino residente “fuori regione”).
Cassazione penale sez. VI, 05/04/2016, n.19002
Integra l’ipotesi di corruzione e non di truffa la condotta del medico che, in violazione dei suoi doveri di ufficio, accetta, quale medico ginecologo in servizio presso una clinica convenzionata, denaro per concorrere ad affidare un nascituro in via definitiva a terzi, atteso che, nella specie, si trattava di un atto che rientrava tra quelli che l’imputato aveva la concreta possibilità di compiere e che il denaro fu corrisposto consapevolmente non per effetto di un errore indotto da raggiro.
Cassazione penale sez. VI, 26/09/2011, n.1207
Deve escludersi ogni rapporto di specialità tra il reato di corruzione impropria di cui all’art. 318 c.p. e il reato di “comparaggio” di cui agli art. 170-172 del T.u.l.l.s., con riferimento alla condotta di un medico convenzionato con il S.s.n. che abbia accettato somme di denaro per agevolare la prescrizione di un farmaco, data la qualità soggettiva di pubblico ufficiale rivestita dallo stesso che costituisce elemento specializzate, sotto il profilo della qualità dell’agente, rispetto al reato di comparaggio, che ha come destinatari indifferenziatamente quanti esercitino una professione sanitaria.
By ClaudioRamelli© RIPRODUZIONE RISERVATA