Colpa medica e giudizio controfattuale: non risponde di omicidio colposo il medico di pronto soccorso attendista se non vi è prova del momento esatto in cui è intervenuta la perforazione intestinale

Si segnala ai lettori del blog la sentenza 13869.2020, resa dalla IV Sezione penale della Corte di Cassazione, con la quale il Collegio del diritto, nello scrutinio di un caso di responsabilità medica per omicidio colposo, si esprime in merito al tema del giudizio controfattuale volto ad accertare l’esistenza del nesso causale tra la condotta omissiva colposa ascritta al professionista sanitario e l’evento lesivo, soffermandosi sulle regole che governano il procedimento logico-giuridico che il giudice è tenuto a svolgere per poter affermare la penale responsabilità penale del sanitario

 

Il caso clinico, il reato contestato e il doppio giudizio di legittimità

Nel caso di specie, il paziente ricoverato al Pronto soccorso per dolori addominali, era dimesso dal medico di turno, con diagnosi di dolore addominale epigastrico; seguiva un secondo ricovero per sospetto blocco intestinale e dispnea con sudorazione, durante il quale il paziente veniva sottoposto ad intervento chirurgico di laparotomia esplorativa, che rivelava peritonite purulenta e diverticolo di Meckel, probabile sito della perforazione; si procedeva poi al trasferimento del paziente in altro ospedale, con diagnosi di shock settico in paziente operato per perforazione intestinale, cui seguiva il decesso.

All’imputato, nella qualità di medico di turno del Pronto soccorso, era contestato il delitto di omicidio colposo, per aver dimesso il paziente all’esito del primo ricovero e ritardato l’effettuazione dell’intervento chirurgico, cagionandone così la morte.

Segnatamente, il rimprovero mosso al medico concerneva l’omesso approfondimento diagnostico attraverso l’espletamento dell’esame obiettivo dell’addome e la non corretta interpretazione delle radiografie eseguite, le quali, ad una attenta analisi, avrebbero rivelato occlusione intestinale e immobilità dell’intestino.

La Corte di appello di Roma confermava la sentenza di condanna inflitta dal Tribunale di Velletri per il reato ascritto all’imputato.

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

La difesa del prevenuto interponeva ricorso in cassazione contro la sentenza di appello, articolando plurimi motivi di impugnazione, tra i quali riveste particolare interesse quello impingente il vizio di motivazione in ordine alla accertata responsabilità penale in esito al giudizio controfattuale.

I Giudici di legittimità ravvisano carenza di motivazione nel ragionamento della Corte territoriale, che ha omesso di indicare il momento in cui la patologia dell’occlusione intestinale fosse degenerata nella perforazione intestinale; passaggio logico necessario per poter collegare eziologicamente l’evento morte alla condotta omissiva del medico, con elevato grado di probabilità logica.

La sentenza impugnata è annullata senza rinvio agli effetti penali dalla Suprema Corte attesa l’intervenuta estinzione del reato per prescrizione, con rinvio al giudice civile  competente per grado per un nuovo esame.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla parte motiva della pronuncia in commento:

A questo proposito è utile rammentare come non sia sufficiente, ai fini dell’affermazione della responsabilità in materia di reati colposi, determinare i contorni di un comportamento corrispondente alla violazione di una norma cautelare (in questo caso omessa diagnosi di occlusione intestinale o perforazione intestinale ed omesso ricovero del paziente), ma è necessario che tale violazione si innesti sul decorso causale determinando il tipo di evento che la norma violata mira a scongiurare (cfr. Sez. 4, Sentenza n. 1819 del 03/10/2014, dep. 15/01/2015, Rv. 261768 – 01). Deve inoltre evidenziarsi come l’aspetto riguardante l’accertamento della causalità nei reati colposi, anche nel campo della colpa medica professionale, dopo iniziali oscillazioni della giurisprudenza di legittimità, debba essere risolto non sulla base di coefficienti statistici, secondo la superata teoria propugnata in passato, ma deve essere verificato alla stregua di un giudizio di elevata probabilità logica, che, a sua volta, deve essere fondato, oltre che su un ragionamento deduttivo basato sulle generalizzazioni scientifiche, anche su un giudizio di tipo induttivo circa il ruolo salvifico della condotta omessa, elaborato sull’analisi della caratterizzazione del fatto storico e focalizzato sulle particolarità del caso concreto (così ex multis Sez. 4, Sentenza n. 26491 del 11/05/2016, Ceglie, Rv. 267734).

Tale impostazione, frutto della elaborazione di principi sviluppatisi a partire dalla nota sentenza a Sezioni unite Franzese (Sez. U, n. 30328 del 10/07/2002, Rv. 222139 – 01) impone che, ai fini della determinazione del decorso causale, la condizione che ha determinato l’evento debba essere individuata con elevato grado di credibilità razionale sulla base della valutazione delle circostanze del caso e previa esclusione dell’efficienza causale di alternativi meccanismi eziologici.

Infine, il ragionamento controfattuale deve essere svolto dal giudice di merito in riferimento alla specifica attività (diagnostica, terapeutica, di vigilanza e salvaguardia dei parametri vitali del paziente o altro) che era richiesta al sanitario e che si assume essere idonea, ove realizzata, a scongiurare l’evento lesivo con alto grado di credibilità razionale (ex multis Sez. 4, Sentenza n. 50975 del 19/07/2017, Rv. 271533 – 01). Occorre quindi che il giudizio esplicativo, il quale necessariamente deve precedere ogni successivo passaggio logico deduttivo riguardante il nesso causale ed il giudizio controfattuale, sia il più analitico possibile, dovendo darsi conto della evoluzione della malattia, della tempistíca degli interventi doverosi, della prevedibilità del decorso, della evitabilità dell’evento>.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA