La Cassazione conferma i rigorosi principi di diritto sedimentati intorno al reato di omesso versamento dell’IVA

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 16472.2020, depositata il 29 maggio 2020, resa dalla III Sezione penale, con la quale il Collegio del diritto, esprimendosi in merito ad un caso di omesso versamento dell’IVA, coglie l’opportunità per chiarire la natura, gli elementi costitutivi della fattispecie ed il perimetro punitivo del reato tributario, in continuità con i principi di diritto sedimentati nella giurisprudenza di legittimità in materia, con particolare riferimento al tema del dolo alla natura eccezionale delle scriminanti ed all’incidenza (limitata) dell’accordo tra contribuente ed Erario per il rateizzo del debito.

 

Il reato contestato e il doppio giudizio di merito

Nel caso di specie, all’imputato era contestato il delitto di omesso versamento dell’IVA ex art. 10 ter D.lgs. 74/2000.

La Corte di appello di Bologna riformava parzialmente la sentenza di condanna resa del Tribunale di Modena, dichiarando di non doversi procedere nei confronti del prevenuto con riferimento all’anno di imposta 2009, in ragione dell’estinzione del reato e confermando per il resto la sentenza impugnata.

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

La difesa del giudicabile interponeva ricorso per cassazione avverso la pronuncia resa dalla Corte territoriale, articolando plurimi motivi di impugnazione.

In particolare, secondo il ricorrente l’accordo di rateizzazione intervenuto tra contribuente e amministrazione finanziaria è idoneo ad elidere l’illiceità del fatto – verificandosi altrimenti una contraddizione nell’ordinamento giuridico laddove da un lato per il contribuente è possibile adempiere l’obbligazione tributaria mediante pagamento rateale del debito, dall’altro lato configura reato il mancato versamento del dovuto entro la dichiarazione di apertura del dibattimento.

In secondo luogo, secondo sempre la tesi difensiva l’accordo di rateizzazione escluderebbe la sussistenza dell’elemento psicologico in capo al soggetto agente, dimostrando la volontà di adempiere alle obbligazioni, anziché di evadere le imposte.

La Suprema Corte, nel dichiarare inammissibile il ricorso, si sofferma sulla struttura della fattispecie incriminatrice, richiamando i consolidati orientamenti sedimentati nella giurisprudenza di legittimità in materia di accordo rateale di pagamento, causa di non punibilità ex art. 13 D.lgs. 74/2000 e dolo generico del reato necessario e sufficiente ad affermare la penale responsabilità del giudicabile tratto  agiudizio

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dal compendio motivazionale della sentenza in commento che per semplicità di lettura verranno suddivisi per area tematica:

 

(i) E’ generico il dolo richiesto dalla norma incriminatrice.

 

(ossia il 27 dicembre dell’anno successivo al periodo di imposta di riferimento, giusta quanto disposto dall’art. 6, comma secondo, della legge 29 dicembre 1990, n. 405: v., tra le tante Sez. 3, n. 38619 del 14/10/2010 – dep. 03/11/2010, Pg in proc. Mazzieri, Rv. 248626).

Tale delitto, diversamente da altre fattispecie criminose previste nel medesimo decreto legislativo, è riconducibile alla tipologia di reato a dolo generico (Cass., S.U., 28 marzo 2013, n.37424), sicché è necessario il solo elemento soggettivo della coscienza e volontà di non versare all’erario le imposte dovute entro i termini stabiliti, non rilevando in alcun modo il fine specifico consistente nella volontaria evasione delle imposte.

Ciò consente di ritenere inammissibile una difesa fondata sull’assenza del dolo di evasione in capo all’autore dell’omissione, ritenendosi altresì non accettabile il tentativo di corroborare siffatta tesi adducendo problematiche di tipo economico alla base della determinazione del soggetto obbligato al versamento a favore dell’Erario.

 

(ii) Elemento materiale del reato e rateizzazione del debito tributario.

Nonostante la suggestività delle argomentazioni, la difesa non sembra confrontarsi con la giurisprudenza di questa Suprema Corte: in tema di omesso versamento dell’IVA, infatti, l’accordo fra il contribuente e l’amministrazione finanziaria per la rateizzazione del debito, anche ove precedente alla scadenza del termine entro il quale l’adempimento dovrebbe essere effettuato, quantunque comporti la rimodulazione della scadenza del debito la quale viene scansionata nel tempo in corrispondenza ai termini delle singole rate, non esclude che, una volta verificatasi detta scadenza senza la soddisfazione totale del debito tributario, il reato resti comunque configurabile, e ciò indipendentemente dalla riconoscibilità o meno di un’efficacia novativa all’accordo medesimo.

In queste ipotesi potrebbe operare soltanto la causa di non punibilità di cui all’art. 13 D.Igs. n. 74/2000, qualora il debito d’imposta venga integralmente soddisfatto nei termini ivi indicati (Cass., Sez. III, 13 luglio 2018, n. 48375).

Deve evidenziarsi, infatti, che, a seguito della riforma legislativa del 2015, quanto costituiva una circostanza attenuante è stato elevato a causa di non punibilità del reato, la quale tuttavia non incide sulla struttura della fattispecie incriminatrice né sulla illiceità della condotta tipica, rappresentando piuttosto una causa sopravvenuta in ragione della quale – sulla base di valutazioni di opportunità di politica legislativa – un reato già consumato non viene punito.

 

(iii) La rilevanza della forza maggiore nei reati tributari omissivi propri.

 

Secondo l’orientamento consolidato di questa Suprema Corte – si ripete – l’elemento soggettivo del reato de quo è costituito dal dolo generico, inteso quale mera consapevolezza dell’illiceità della condotta omissiva finale, senza cioè essere caratterizzato da una specifica finalità di evasione, non richiedendo la norma, quale ulteriore requisito, un atteggiamento antidoveroso di volontario contrasto con il precetto violato.

Elemento fattuale rilevante, piuttosto, è l’esistenza di una concreta della possibilità di adempiere il pagamento, costituita dalla riscossione dell’IVA nelle modalità sopra indicate ed il connesso doveroso accantonamento in vista della scadenza del debito erariale. Ciò solo costituisce, infatti, un indefettibile presupposto della sussistenza della volontà in capo al soggetto obbligato (ex plurimis: Cass., Sez. 111,21 marzo 2019, n. 23796; Cass., Sez. III, 23 gennaio 2018, n. 38594; Cass., Sez. III, 1 dicembre 2017, n. 29873; Cass., Sez. III, 24 giugno 2014, n. 8352).

Si rammenta, inoltre, che per consolidata giurisprudenza di questa Suprema Corte, in tema di omesso versamento dell’IVA, l’imputato può invocare la assoluta impossibilità di adempiere il debito di imposta, quale causa di esclusione della responsabilità penale, a condizione che provveda ad assolvere gli oneri di allegazione concernenti sia il profilo della non imputabilità a lui medesimo della crisi economica che ha investito l’azienda, sia l’aspetto della impossibilità di fronteggiare la crisi di liquidità tramite il ricorso a misure idonee, da valutarsi in concreto (Cass., Sez. III, 8 aprile 2014, n. 20266). In altri termini, occorre la prova che non sia stato altrimenti possibile per il contribuente reperire le risorse necessarie a consentirgli il corretto e puntuale adempimento delle obbligazioni tributarie, pur avendo posto in essere tutte le possibili azioni, anche sfavorevoli per il suo patrimonio personale, dirette a consentirgli di recuperare, in presenza di una improvvisa crisi di liquidità, quelle somme necessarie ad assolvere il debito erariale, senza esservi riuscito per cause indipendenti dalla sua volontà e ad egli non imputabili (Cass., Sez. 111,27 marzo 2018, n. 20725; Cass., Sez. III, 9 novembre 2017, n.11035;Cass., Sez. III, 9 settembre 2015, n. 43599; Cass., Sez. III, 24 giugno 2014, n. 8352Cass., Sez. III, 8 aprile 2014, n. 20266; Cass., Sez. III, 5 maggio 2013, n. 5467)>.

 

La norma incriminatrice.

Art. 10 ter D.lgs. 74/2000 – Omesso versamento di IVA

È punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa, entro il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo d’imposta successivo, l’imposta sul valore aggiunto dovuta in base alla dichiarazione annuale, per un ammontare superiore a euro duecentocinquantamila per ciascun periodo d’imposta.

 

Quadro giurisprudenziale di riferimento:

Cassazione penale sez. III, 04/10/2019, n.50007

Il reato di omesso versamento i.v.a. è integrato dalla scelta consapevole di omettere i versamenti dovuti, a nulla rilevando la circostanza che la società attraversi una fase di criticità e destini risorse finanziare per fare fronte a pagamenti di debiti ritenuti più urgenti, elemento che rientra nell’ordinario rischio di impresa e che non può certamente comportare l’inadempimento della obbligazione contratta con l’Erario.

Cassazione penale sez. III, 20/06/2019, n.38482

In tema di omesso versamento i.v.a., l’inadempimento della obbligazione tributaria può essere attribuito a forza maggiore solo quando derivi da fatti non imputabili all’imprenditore a cui egli non abbia potuto tempestivamente porvi rimedio per cause indipendenti dalla sua volontà e che sfuggono al suo dominio finalistico. Quindi, se l’omesso versamento è dovuto ad una libera scelta imprenditoriale, non può essere invocata la forza maggiore per escludere la sussistenza del dolo. (Fattispecie in cui l’imputato ha utilizzato il flusso finanziario derivante da una vendita sottocosto di un cespite immobiliare per far fronte alle spese correnti, invece che accantonarlo per il successivo versamento dell’imposta).

Cassazione penale sez. III, 18/06/2019, n.44293

Nel reato fiscale di omesso versamento IVA, l’elemento psicologico è escluso solo dalla impossibilità di fronteggiare la crisi di liquidità.

Cassazione penale sez. III, 21/03/2019, n.23796

Ai fini dell’esclusione della colpevolezza per il reato di cui all’art. 10-ter d.lgs. n. 74/2000, punito a titolo di dolo generico, è irrilevante la crisi di liquidità del debitore alla scadenza del termine fissato per il pagamento, salva la dimostrazione che siano state adottate tutte le iniziative per provvedere al versamento del tributo. Nel caso in cui invece l’omesso versamento sia dovuto al mancato incasso dell’IVA per altrui inadempimento, devono essere dimostrati i motivi che hanno determinato l’emissione della fattura antecedentemente alla ricezione del corrispettivo.

Cassazione penale sez. III, 13/07/2018, n.48375

In tema di omesso versamento dell’i.v.a., l’accordo che, prima della scadenza del termine entro il quale il versamento dovrebbe essere effettuato, intervenga fra il contribuente e l’amministrazione finanziaria per la rateizzazione del debito, non esclude che, una volta verificatasi detta scadenza senza che il debito sia stato totalmente soddisfatto, il reato resti comunque configurabile, indipendentemente dalla riconoscibilità o meno di un’efficacia novativa all’accordo medesimo, per cui può darsi luogo soltanto alla causa di non punibilità prevista dall’art. 13, comma 1, d.lg. n. 74/2000, qualora il debito d’imposta venga integralmente soddisfatto nei termini ivi indicati.

Cassazione penale sez. III, 13/07/2018, n.48375

In tema di reati tributari, la causa di non punibilità dei reati di cui agli artt. 10-bis10-ter e 10-quater, comma 1, d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 opera solo a seguito dell’integrale pagamento, anche rateale, dell’importo dovuto a titolo di debito tributario, comprese sanzioni amministrative e interessi, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, e non consegue al mero accordo intervenuto tra debitore e amministrazione finanziaria per la rateizzazione del debito e la rimodulazione della sua scadenza. (In motivazione, la Corte ha precisato che l’effetto novativo dell’obbligazione che deriva dall’accordo tra il contribuente e l’amministrazione rimane circoscritto all’ambito tributario, non producendo conseguenze sul piano penale).

Cassazione penale sez. III, 26/09/2017, n.52640

In tema di reati tributari, la causa sopravvenuta di non punibilità contemplata dall’articolo 13 del Dlgs 74/2000 è applicabile ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del Dlgs 158/2015, anche qualora, alla data predetta, era già stato aperto il dibattimento, e quindi deve concedersi il termine di tre mesi nelle ipotesi di rateizzazione in corso del debito tributario, per il pagamento del debito residuo; termine obbligatorio e non facoltativo come il secondo termine di tre mesi. Ad affermarlo è la Cassazione che, dopo aver cambiato orientamento sul punto, torna su i propri passi precisando che il pagamento integrale dell’imposta ai fini della non punibilità può avvenire successivamente all’apertura del dibattimento a condizione che la sentenza non sia definitiva.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA