Non è applicabile la causa di esclusione della punibilità del pagamento dell’imposta ex art. 13 D.lgs. 74/2000 quando la difesa deduca la compensazione legale del debito tributario con crediti vantati dal contribuente (imputato) verso l’Erario

Si segnala ai lettori del blog la sentenza 17806.2020, depositata il 10 giugno 2020, resa dalla III Sezione della Corte di Cassazione, con la quale il Collegio del diritto, esprimendosi in merito ad un caso di omesso versamento dell’IVA, enuncia il principio di diritto secondo il quale la compensazione legale del debito tributario con crediti vantati dal contribuente verso l’Erario non consente l’applicazione della causa di esclusione della punibilità ex art. 13 D.lgs. 74/2000.

Ha ritenuto invero la Corte regolatrice che trattandosi di istituto inquadrato nella categoria civilistica dei modi di estinzione del debito diversi dall’adempimento, ossia dal pagamento, la deduzione difensiva volta a conseguire l’effetto previsto dalla causa di non punibilità, pur includendo anche ipotesi di natura conciliativa, si riferisce espressamente all’integrale pagamento, avvenuto prima della dichiarazione di apertura del dibattimento del debito tributario.

 

Il reato contestato e la doppia conforme di merito

Nel caso di specie, all’imputato, nella qualità di legale rappresentante della società, era contestato il delitto di omesso versamento dell’IVA ex art. 10 ter D.lgs. 74/2000, dovuta per l’anno di imposta 2011.

La Corte di appello di L’Aquila confermava la sentenza con la quale il Tribunale di Chieti condannava il prevenuto per il reato ascrittogli.

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

La difesa del giudicabile proponeva ricorso in cassazione avverso la decisione di secondo grado, articolando plurimi motivi di impugnazione.

Ai fini del presente commento riveste particolare interesse la deduzione dell’inosservanza ed erronea applicazione della causa di non punibilità ex art. 13 D.lgs. 74/2000 in relazione all’art. 2 comma 4 c.p.

I Giudici di legittimità, nel rigettare il ricorso, preliminarmente alla questione di diritto intertemporale sollevata dal ricorrente, chiariscono che l’art. 13 D.lgs. 74/2000, riferendosi espressamente al pagamento del debito tributario, pur includendo nel proprio raggio applicativo ipotesi derivanti da istituti conciliativi, non si applica nel caso di compensazione legale, la quale è annoverata, piuttosto, tra i modi di estinzione del debito tributario diversi dall’adempimento.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dal compendio motivazionale della decisione in commento:

Sul punto deve allora ritenersi che la compensazione invocata dal ricorrente non sia funzionale all’applicabilità della causa di esclusione della punibilità di cui all’art. 13. Va anzitutto escluso, in generale, che la compensazione di diritto, ove maturata prima della scadenza dell’obbligo di versamento dell’Iva, sia idonea ad estinguere in radice il debito stesso sicché non potrebbe parlarsi, evidentemente, ai sensi dell’art. 13, del pagamento di un debito che sarebbe, già di per sé, inesistente.

In secondo luogo, e muovendo allora dall’ipotesi che, invece, la compensazione di specie sia maturata (come parrebbe ricavabile dalla sentenza impugnata, che fa riferimento a crediti per il periodo d’imposta 2016) successivamente alla scadenza dell’obbligo di versamento, va rilevato che il dettato dell’art. 13 cit., che fa espresso riferimento al “pagamento”, in esso includendo anche ipotesi specifiche derivanti da istituti di natura conciliativa, non consente di includervi l’ipotesi della compensazione legale che, come noto, rientra, per espressa qualificazione del codice civile, tra i “modi di estinzione delle obbligazioni diversi dall’adempimento”, ovvero, in altri termini, diversi proprio dal pagamento.

In definitiva, dunque, anche a volere accogliere la prospettiva da cui muove il ricorrente, va esclusa in radice la applicabilità dell’art.13 cit. ancor prima e indipendentemente dalla questione di carattere “intertemporale”>.

 

La fattispecie di reato:

Art. 10 ter D.lgs. 74/2000 – Omesso versamento di IVA

È punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa, entro il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo d’imposta successivo, l’imposta sul valore aggiunto dovuta in base alla dichiarazione annuale, per un ammontare superiore a euro duecentocinquantamila per ciascun periodo d’imposta.

Quadro giurisprudenziale di riferimento:

Cassazione penale sez. III, 13/07/2018, n.48375

In tema di reati tributari, la causa di non punibilità dei reati di cui agli artt. 10-bis, 10-ter e 10-quater, comma 1, d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 opera solo a seguito dell’integrale pagamento, anche rateale, dell’importo dovuto a titolo di debito tributario, comprese sanzioni amministrative e interessi, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, e non consegue al mero accordo intervenuto tra debitore e amministrazione finanziaria per la rateizzazione del debito e la rimodulazione della sua scadenza. (In motivazione, la Corte ha precisato che l’effetto novativo dell’obbligazione che deriva dall’accordo tra il contribuente e l’amministrazione rimane circoscritto all’ambito tributario, non producendo conseguenze sul piano penale).

 

Cassazione penale sez. III, 17/01/2018, n.37083

L’integrale pagamento degli importi dovuti, comprese sanzioni amministrative ed interessi, anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie comporta l’applicazione dell’art. 13 bis d.lgs. 74/2000, con la riduzione delle pene fino alla metà, senza pene accessorie, anche per i fatti pregressi dove è intervenuta l’apertura del dibattimento di primo grado, in quanto la disposizione in oggetto prevede un trattamento sanzionatorio più favorevole che deve trovare applicazione ex art. 2, quarto comma, cod. pen. e 7, CEDU.

Cassazione penale sez. III, 26/09/2017, n.52640

In tema di reati tributari, la causa di non punibilità costituita dall’integrale soddisfacimento del debito d’imposta che sia intervenuto prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, secondo quanto previsto dall’art. 13 d.lg. n. 74/2000, nel testo sostituito dall’art. 11 d.lg. 2 settembre 2015 n. 158, opera anche con riguardo ai procedimenti già in corso alla data di entrata in vigore di detta ultima disposizione normativa, nei quali la dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado sia già avvenuta; con la ulteriore conseguenza che anche in tale ipotesi, qualora il debito tributario sia in fase di estinzione mediante rateizzazione, debbasi dar luogo al termine di tre mesi per il pagamento del debito residuo, in applicazione del comma 3 del citato art. 13 d.lg. n. 74/2000. 

Cassazione penale sez. III, 30/03/2016, n.40314

I contribuenti che hanno procedimenti in corso al 22 ottobre 2015 data di entrata in vigore del d.lg. n. 158 del 2015 per i reati di omesso versamento dell’Iva, delle ritenute e indebite compensazioni possono avvalersi della causa di non punibilità introdotta all’art. 13 d.lg. n. 74 del 2000, consistente nel pagamento integrale dell’imposta, fino al momento in cui la sentenza non sia divenuta definitiva e non sino all’apertura del dibattimento. La Cassazione fornisce così una utile lettura della riforma tributaria del 2015 che aveva trasformato il pagamento del debito tributario da attenuante in causa di non punibilità. Per la Corte, in virtù del principio di uguaglianza, il pagamento del debito tributario, quale fatto che non riguarda più soltanto il quantum ma l’an della punibilità, comporta che nei procedimenti in corso, anche se sia stato oltrepassato il limite temporale di rilevanza previsto dalla norma, l’imputato deve essere considerato nelle medesime condizioni fondanti l’efficacia della causa estintiva.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA