Occultamento o distruzione di documenti contabili: il rinvenimento di fatture in formato digitale successivamente alla perquisizione non vale ad escludere la configurabilità del reato tributario
Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 18446.2020, depositata il 17 giugno 2020, resa dalla III Sezione penale della Corte di Cassazione, con la quale il Collegio del diritto, esprimendosi in merito ad un caso di occultamento o distruzione delle scritture contabili, richiama, facendone applicazione al caso concreto, il consolidato principio di diritto secondo il quale per configurare il reato tributario l’impossibilità di ricostruire il reddito o il volume d’affari, da intendersi questa non è sufficiente che l’azione dell’agente renda difficoltosa l’operazione di ricostruzione (di contro, il reato non risulta configurabile, per mancanza di offensività, laddove sia possibile risalire al risultato economico attraverso altra documentazione conservata dall’imprenditore).
Il reato contestato e il doppio giudizio di merito
Nel caso di specie, all’imputato, nella veste di amministratore di fatto della società, era contestato il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (art. 3 D.lgs. 74/2000) per aver, in concorso con l’amministratore di diritto della società, indicato nella dichiarazione annuale IVA elementi attivi di ammontare inferiore a quello effettivo ed elementi passivi fittizi, nonché il reato di occultamento o distruzione di scritture contabili (art. 10 D.lgs. 74/2000), per non aver consentito la ricostruzione dei redditi e del volume d’affari, al fine di evadere le imposte.
La Corte d’appello di Milano, riformando parzialmente la sentenza di condanna resa dal Tribunale di Lecco, dichiarava di non doversi procedere nei confronti del prevenuto per il delitto di cui all’art. 3 D.lgs. 74/2000, in ragione dell’estinzione per intervenuta prescrizione del reato e confermava nel resto la decisione di primo grado.
Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto
La difesa del giudicabile interponeva ricorso in cassazione avverso la pronuncia resa dalla Corte territoriale, articolando due motivi di impugnazione.
In particolare, ai fini del presente commento, riveste maggiore interesse la doglianza relativa alla ritenuta sussistenza dell’elemento oggettivo della fattispecie incriminatrice, poiché, come dedotto dalla difesa, il mancato reperimento delle sole copie cartacee delle fatture relative alle operazioni contestate ed il loro successivo rinvenimento in formato digitale nei server aziendali sequestrati non permetterebbero di integrare l’elemento costitutivo del delitto dell’impossibilità di ricostruire il reddito e il volume d’affari dell’impresa.
La Suprema Corte, nel rigettare il ricorso, ribadisce il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità in tema di configurazione del delitto di occultamento o distruzione di scritture contabili.
Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dal compendio motivazionale della pronuncia in commento:
in senso ostativo alla configurabilità del reato di cui all’art. 10 del d. lgs. n. 74 del 2000, non appare rilevante né il fatto che la sottrazione dei documenti fiscali sia stata transitoria, né la circostanza che la Guardia di Finanza abbia potuto ricostruire in altro modo il volume di affari relativo all’anno 2010. In tal senso, deve infatti richiamarsi la condivisa affermazione di questa Corte (Sez. 3, n. 41683 del 02/03/2018, Rv. 274862 – 02 e Sez. 3, n. 7051 del 15/01/2019, Rv. 275005), secondo cui, in tema di reati tributari, l’impossibilità di ricostruire il reddito o il volume d’affari derivante dalla distruzione o dall’occultamento di documenti contabili, elemento costitutivo del reato di cui all’art. 10 del d.lgs. n. 74 del 2000, non deve essere intesa in senso assoluto, sussistendo anche quando è necessario procedere all’acquisizione della documentazione mancante presso terzi o aliunde, dovendo il reato essere escluso, per mancanza di offensività, solo nel caso in cui il risultato economico delle operazioni possa essere accertato in base ad altra documentazione conservata dallo stesso imprenditore, il che nella vicenda non è possibile sostenere, atteso che l’indisponibilità delle fatture di vendita del 2010, a prescindere dalla questione, tutta fattuale, dell’esistenza di copie informatiche di alcune fatture, ha complicato non poco il lavoro degli operanti, i quali hanno dovuto compiere varie verifiche aggiuntive, anche alla luce della comprovata falsità delle annotazioni operate nel registro iva e nel libro giornale riferiti all’anno di imposta oggetto di accertamento>.
La norma incriminatrice:
Art. 10 D.lgs. 74/2000 – Occultamento o distruzione di documenti contabili
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da tre a sette anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ovvero di consentire l’evasione a terzi, occulta o distrugge in tutto o in parte le scritture contabili o i documenti di cui è obbligatoria la conservazione, in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume di affari.
Quadro giurisprudenziale di riferimento:
Cassazione penale sez. III, 12/03/2019, n.37348
Il reato di occultamento o distruzione di documenti contabili di cui all’art. 10 d.lg. n. 74 del 2000 è da considerare integrato in tutti i suoi elementi anche nella ipotesi in cui sia stato possibile egualmente ricostruire le operazioni compiute dal contribuente, posto che il legislatore ha inteso sanzionare anche il solo comportamento che abbia reso, sebbene non impossibile, anche soltanto più difficoltosa l’attività di verifica fiscale a causa dell’avvenuta distruzione ovvero occultamento delle scritture contabili obbligatorie (confermata la condanna per il legale rappresentante di una società che aveva trasferito, senza dichiararlo in sede di accertamento, in luogo diverso dalla sede legale della società la documentazione contabile, conservandone solo una parte).
Cassazione penale sez. III, 15/01/2019, n.7051
In tema di reati tributari, l’impossibilità di ricostruire il reddito od il volume d’affari derivante dalla distruzione o dall’occultamento di documenti contabili non deve essere intesa in senso assoluto, sussistendo anche quando è necessario procedere all’acquisizione presso terzi della documentazione mancante.
Cassazione penale sez. III, 02/03/2018, n.41683
In tema di reati tributari, l’impossibilità di ricostruire il reddito od il volume d’affari derivante dalla distruzione o dall’occultamento di documenti contabili, elemento costitutivo del reato di cui all’art. 10 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 non deve essere intesa in senso assoluto, sussistendo anche quando è necessario procedere all’acquisizione della documentazione mancante presso terzi o aliunde. (In motivazione la Corte ha precisato che il reato deve essere escluso, per mancanza di offensività, solo nel caso in cui il risultato economico delle operazioni possa essere accertato in base ad altra documentazione conservata dallo stesso imprenditore).
Cassazione penale sez. III, 28/03/2018, n.46049
In tema di reati tributari, il delitto di occultamento o distruzione di documenti contabili di cui all’art. 10 d.lg n. 74 del 2000 costituisce un reato di pericolo concreto, che è integrato, nel caso della distruzione, dall’eliminazione della documentazione o dalla sua alterazione con cancellature o abrasioni, e, nel caso dell’occultamento, dalla temporanea o definitiva indisponibilità dei documenti, realizzata mediante il loro materiale nascondimento, configurandosi, in tale ultima ipotesi, un reato permanente.
By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA