Risponde di tentata truffa ed indebito utilizzo di carta di credito il soggetto che si sostituisce ad altra persona ed utilizza indebitamente per l’acquisto del telefono cellulare i dati di una carta di credito della quale non è titolare

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 17565.2020, resa dalla II Sezione penale della Corte di Cassazione, con la quale il Collegio del diritto, esprimendosi in merito ad un caso di truffa e indebito utilizzo di una carta di credito altrui, chiarisce la struttura ed il perimetro punitivo di quest’ultima fattispecie incriminatrice e riporta gli orientamenti giurisprudenziali elaborati in tema di configurabilità del concorso di tali reati.

I reati contestati e la doppia conforme di merito

Nel caso di specie, all’imputato erano contestati i delitti di sostituzione di persona, tentata truffa e indebito utilizzo di carta di credito, per aver fatto credere di essere altra persona e per aver utilizzato i dati di una carta di credito altrui, al fine di acquistare un telefono cellulare.

La Corte di appello di Ancona, in esito a giudizio abbreviato, confermava la sentenza con la quale il G.U.P. del Tribunale di Pesaro aveva condannato il prevenuto per i reati ascrittigli.

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

La difesa del giudicabile proponeva ricorso in cassazione avverso la decisione resa dalla Corte territoriale, deducendo la violazione di legge con riferimento alla ritenuta configurazione del concorso formale tra i reati di tentata truffa e indebito utilizzo di carta di credito (laddove, secondo la tesi difensiva, tale ultimo reato, assorbirebbe quello di truffa in virtù del criterio di specialità) e alla sussistenza del delitto di indebito utilizzo della carta di credito, non risultando questo consumato, in ragione del mancato conseguimento del profitto perseguito dall’agente.

La Suprema Corte, nel rigettare il ricorso, valida l’iter argomentativo dei giudici distrettuali soffermandosi sulla struttura del delitto di indebito utilizzo di carta di credito e sull’istituto del concorso formale di reati del quale è stata fatta applicazione nel caso di specie.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla parte motiva della in commento:

l’oramai pacifica giurisprudenza di legittimità secondo cui, l’indebita utilizzazione, a fini di profitto, di una carta di credito da parte di chi non ne sia titolare, integra il delitto di cui all’art. 55, comma 9, d.lgs. 21 novembre 2007, n. 231 (ora art. 493-ter cod. pen.), indipendentemente dall’effettivo conseguimento di un profitto o dal verificarsi di un danno, non essendo richiesto dalla norma che la transazione giunga a buon fine (Sez. 5, n. 5692 del 11/12/2018, dep. 2019, S., Rv. 275109.Massime precedenti Conformi: N. 16572 del 2006 Rv. 234460, N. 17923 del 2018 Rv. 273033).

In ordine alla questione del concorso tra tale reato e la truffa, deve rilevarsi che la giurisprudenza di legittimità ha più volte ritenuto che il reato di truffa rimane assorbito da quello di indebito utilizzo di carte di credito (Sez. 2, n. 48044 del 09/09/2015, Atene, Rv. 265363: Massime precedenti Conformi: N. 6695 del 2006 Rv. 233889, N. 26865 del 2013 Rv. 256612).

Tuttavia, tale assorbimento avviene solo nell’ipotesi di concorso formale, quando, ai sensi dell’art. 81, comma 1, cod. pen., con una sola azione od omissione, l’agente viola diverse disposizioni di legge o commette più violazioni della medesima disposizione di legge. E, cioè, quando gli artifici e raggiri sono il mezzo con il quale si estrinseca la stessa condotta di indebito utilizzo della carta di credito. Ma, nel caso in esame, come hanno sottolineato entrambe le sentenze di merito – i cui contenuti si fondono stante l’omogeneità del giudizio di condanna – il ricorrente, per ottenere il telefonino acquistato via internet, aveva posto in essere una serie di condotte decettive, distinte tra loro anche nel tempo e nello spazio e non soltanto rispetto a quella relativa all’indebito utilizzo della carta di credito di un terzo, pure commessa ed inserita nel piano delinquenziale.

In particolare, l’imputato si era spacciato per un tale [omissis]all’atto di ricevere il cellulare, ancora facendo credere di così chiamarsi in una conversazione telefonica con la persona che doveva vendergli il cellulare (tale [omissis]) e aveva fornito un indirizzo mail a lui non riferibile. Tali condotte, integranti artifici e raggiri penalmente rilevanti ex art. 640 cod. pen. – peraltro incontestate, avendo il ricorrente ammesso i fatti – non possono ritenersi assorbite in quel segmento dell’azione consistente nell’utilizzo della carta di credito altrui, che aveva rappresentato solo una delle tante modalità attraverso le quali era stata commessa la truffa (in proposito, Sez. 2, n. 1667 del 21/06/2017 (n.33526 del 2017), non massimata)>.

 

Le norme incriminatrici:

Art. 493 ter c.p. – Indebito utilizzo e falsificazione di carte di credito e di pagamento

Chiunque al fine di trarne profitto per sé o per altri, indebitamente utilizza, non essendone titolare, carte di credito o di pagamento, ovvero qualsiasi altro documento analogo che abiliti al prelievo di denaro contante o all’acquisto di beni o alla prestazione di servizi, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da 310 euro a 1.550 euro. Alla stessa pena soggiace chi, al fine di trarne profitto per sé o per altri, falsifica o altera carte di credito o di pagamento o qualsiasi altro documento analogo che abiliti al prelievo di denaro contante o all’acquisto di beni o alla prestazione di servizi, ovvero possiede, cede o acquisisce tali carte o documenti di provenienza illecita o comunque falsificati o alterati, nonché ordini di pagamento prodotti con essi.

In caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale per il delitto di cui al primo comma è ordinata la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato, nonché del profitto o del prodotto, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero quando essa non è possibile, la confisca di beni, somme di denaro e altre utilità di cui il reo ha la disponibilità per un valore corrispondente a tale profitto o prodotto.

Gli strumenti sequestrati ai fini della confisca di cui al secondo comma, nel corso delle operazioni di polizia giudiziaria, sono affidati dall’autorità giudiziaria agli organi di polizia che ne facciano richiesta. 

Art. 494 c.p. – Sostituzione di persona

Chiunque, al fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno, induce taluno in errore, sostituendo illegittimamente la propria all’altrui persona, o attribuendo a sé o ad altri un falso nome, o un falso stato, ovvero una qualità a cui la legge attribuisce effetti giuridici, è punito, se il fatto non costituisce un altro delitto contro la fede pubblica, con la reclusione fino ad un anno [496; 1133 c. nav.].

Art. 640 c.p. – Truffa

Chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 51 euro a 1.032 euro [3812i, 3, 4 c.p.p.].

La pena è della reclusione da uno a cinque anni e della multa da 309 euro a 1.549 euro [3812i, 3, 4 c.p.p.]:

1) se il fatto è commesso a danno dello Stato o di un altro ente pubblico (1) o col pretesto di far esonerare taluno dal servizio militare [162c.p.m.p.];

2) se il fatto è commesso ingenerando nella persona offesa il timore di un pericolo immaginario o l’erroneo convincimento di dovere eseguire un ordine dell’Autorità [649].

2-bis) se il fatto è commesso in presenza della circostanza di cui all’articolo 61, numero 5).

Il delitto è punibile a querela della persona offesa [120], salvo che ricorra taluna delle circostanze previste dal capoverso precedente o la circostanza aggravante prevista dall’articolo 61, primo comma, numero 7.

 Quadro giurisprudenziale di riferimento:

Cassazione penale sez. V, 11/12/2018, n.5692

L’indebita utilizzazione ai fini di profitto, di una carta di credito da parte di chi non ne sia titolare, integra il delitto di cui all’art. 55, comma 9, d.lg. 21 novembre 2007, n. 231 (ora art. 493-ter c.p.), indipendentemente dall’effettivo conseguimento di un profitto o dal verificarsi di un danno, non essendo richiesto dalla norma che la transazione giunga a buon fine. (Fattispecie nella quale l’imputato aveva introdotto la carta di credito di provenienza illecita nello sportello bancomat, senza digitare il PIN di cui non era a conoscenza).

 

Cassazione penale sez. V, 12/01/2018, n.17923

Il reato di indebita utilizzazione a fini di profitto di una carta di credito di cui all’art. 55, comma 9, d.lgs. 21 novembre 2007, n. 231 si consuma anche nell’ipotesi in cui l’utilizzazione di una carta ‘bancomat’, di provenienza furtiva da parte di chi non è in possesso del codice PIN, è effettuata mediante la digitazione casuale di sequenze numeriche presso uno sportello di prelievo automatico di denaro, senza ottenere alcun prelievo di denaro.

 

Cassazione penale sez. II, 09/09/2015, n.48044

L’indebita utilizzazione, a fine di profitto proprio o altrui, da parte di chi non ne sia titolare, di una carta di credito integra il reato di cui all’art. 55, comma nono, D.Lgs. 21 novembre 2007, n. 231 e non il reato di truffa, che resta assorbito in quanto l’adozione di artifici o raggiri è uno dei possibili modi in cui si estrinseca l’uso indebito di una carta di credito.

 

Cassazione penale sez. II, 04/06/2013, n.26865

L’indebita utilizzazione, a fine di profitto proprio o altrui, da parte di chi non ne sia titolare, di carte di credito o analoghi strumenti di prelievo o pagamento, integra il reato previsto dall’art. 55 comma 9 d.lg. n. 231 del 2007 e non quello di truffa, che resta assorbito.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA