Omesso versamento di ritenute certificate: va esclusa la forza maggiore laddove l’inadempimento dell’obbligazione tributaria sia dipeso dalla scelta di politica imprenditoriale volta a fronteggiare la crisi di liquidità

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 13344.2020, resa dalla III Sezione penale della Corte di Cassazione, con la quale il Collegio del diritto, esprimendosi in merito ad un caso di omesso versamento delle ritenute dovute o certificate, si sofferma sul tema della forza maggiore  dedotta dalla difesa come causa di esclusione dell’elemento psicologico del reato in capo all’agente.

La pronuncia in commento si inserisce nell’alveo del costante orientamento giurisprudenziale  secondo il quale all’inadempimento dell’obbligazione tributaria può assumere valore di scriminante esclusivamente laddove esso derivi da fatti non imputabili all’imprenditore, in quanto esulanti dal suo dominio finalistico, con la conseguenza che non può ricondursi all’ambito della forza maggiore l’inadempimento dell’obbligazione tributaria derivante da scelte di politica imprenditoriale volte a fronteggiare la crisi di liquidità.

 

Il reato contestato e il doppio giudizio di merito

Nel caso di specie all’imputato, nella qualità di legale rappresentante della società, veniva contestato il delitto di omesso versamento delle ritenute certificate ex art. 10 bis D.lgs. 74/2000.

La Corte di appello di Milano confermava la pronuncia di primo grado di condanna del prevenuto per il reato ascrittogli, sentenza resa all’esito del giudizio abbreviato instaurato a seguito dell’opposizione al decreto penale di condanna.

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

La difesa del giudicabile proponeva ricorso per cassazione avverso la sentenza di secondo grado, articolando plurimi motivi di impugnazione.

Ai fini del presente commento suscita maggiore interesse la doglianza articolata dalla difesa relativa alla mancata integrazione dell’elemento soggettivo del reato, in ragione della sussistenza di uno stato di necessità, determinato dalla crisi di impresa non imputabile all’imputato e tale da non consentirgli di adempiere all’obbligazione tributaria.

I Giudici di legittimità, nel rigettare il ricorso, validano l’iter motivazionale  seguito dalla Corte territoriale che ha escluso la ricorrenza della causa di non punibilità per le ragioni riportate nei seguenti  passaggi estratti dalla decisione in commento:

Entrambe le prospettazioni, tuttavia, non sono fondate.

Quanto al primo profilo, va richiamato il consolidato principio secondo cui, in tema di reati fiscali omissivi, l’inadempimento della obbligazione tributaria può essere attribuito a forza maggiore solo quando derivi da fatti non imputabili all’imprenditore che non abbia potuto tempestivamente porvi rimedio per cause indipendenti dalla sua volontà e che sfuggono al suo dominio finalistico (Sez. 3, n. 8352/2015 del 24/06/2014, Schirosi, Rv. 263128).

In detta sentenza questa Corte ha escluso che potesse essere ascrivibile a forza maggiore la mancanza della provvista necessaria all’adempimento dell’obbligazione tributaria per effetto di una scelta di politica imprenditoriale volta a fronteggiare una crisi di liquidità. Nel caso di specie, il ricorrente allega di aver optato per la prosecuzione dell’attività aziendale, posticipando il momento di attivazione delle procedure concorsuali, ma – tacendo, peraltro, sulla data di insorgenza della situazione di insolvenza e sulle risorse economiche che la società aveva all’epoca di commissione del reato – non allega elementi di fatto idonei a comprovare che si fosse trovato davanti ad un fatto esterno imprevisto ed imprevedibile al momento della consumazione del reato. Nella motivazione della citata sentenza – che richiama numerosi precedenti conformi e che il Collegio integralmente condivide – si legge che «la forza maggiore postula la individuazione di un fatto imponderabile, imprevisto ed imprevedibile, che esula del tutto dalla condotta dell’agente, sì da rendere ineluttabile il verificarsi dell’evento, non potendo ricollegarsi in alcun modo ad un’azione od omissione cosciente e volontaria dell’agente, sicché questa Suprema Corte ha sempre escluso, quando la specifica questione è stata posta, che le difficoltà economiche in cui versa il soggetto agente possano integrare la forza maggiore penalmente rilevante (Sez. 3, n. 4529 del 04/12/2007, Cairone, Rv. 238986; Sez. 1, n. 18402 del 05/04/2013, Giro, Rv. 255880; Sez 3, n. 24410 del 05/04/2011, Bolognini, Rv. 250805; Sez. 3, n. 9041 del 18/09/1997, Chiappa, Rv. 209232; Sez. 3, n. 643 del 22/10/1984, Bottura, Rv. 167495; Sez. 3, n. 7779 del 07/05/1984, Anderi, Rv. 165822). 5.20. Costituisce corollario di queste affermazioni il fatto che nei reati omissivi integra la causa di forza maggiore l’assoluta impossibilità, non la semplice difficoltà di porre in essere il comportamento omesso (Sez. 6, n. 10116 del 23/03/1990, Iannone, Rv. 184856).

Ne consegue che: a) il margine di scelta esclude sempre la forza maggiore perché non esclude la suitas della condotta; b) la mancanza di provvista necessaria all’adempimento dell’obbligazione tributaria penalmente rilevante non può pertanto essere addotta a sostegno della forza maggiore quando sia comunque il frutto di una scelta/politica imprenditoriale volta a fronteggiare una crisi di liquidità; c) non si può invocare la forza maggiore quando l’inadempimento penalmente sanzionato sia stato con-causato dal mancato pagamento alla singole scadenze mensili e dunque da una situazione di illegittimità; d) l’inadempimento tributario penalmente rilevante può essere attribuito a forza maggiore solo quando derivi da fatti non imputabili all’imprenditore che non ha potuto tempestivamente porvi rimedio per cause indipendenti dalla sua volontà e che sfuggono al suo dominio finalistico» (Sez. 3, n. 8352 del 24/06/2014, dep. 2015, Schirosi)>.

 

La norma incriminatrice:

Art. 10 bis D.lgs. 74/2000 – Omesso versamento di ritenute dovute o certificate

È punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta ritenute dovute sulla base della stessa dichiarazione o risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a centocinquantamila euro per ciascun periodo d’imposta.

 

Quadro giurisprudenziale di riferimento in tema di forza maggiore nei reati tributari omissivi:

Cassazione penale sez. III, 04/10/2019, n.50007

Poiché la forza maggiore (art. 45 c.p.) postula la individuazione di un fatto imponderabile, imprevisto e imprevedibile, che esula del tutto dalla condotta dell’agente, si da rendere ineluttabile il verificarsi dell’evento, non potendo ricollegarsi in alcun modo a un’azione od omissione cosciente e volontaria dell’agente, deve escludersi che le difficoltà economiche in cui versa il soggetto agente possano integrare la forza maggiore penalmente rilevante idonea a escludere il reato di cui all’art. 10-ter d.lg. 10 marzo 2000 n. 74.

 

Cassazione penale sez. III, 12/12/2018, n.9

Per la configurabilità del reato di omesso versamento IVA in capo al legale rappresentante di un’impresa non rileva quale causa di forza maggiore lo stato di crisi finanziaria imputabile alla precedente gestione laddove l’agente, al momento della nomina, sia consapevole della crisi di liquidità.

 

Cassazione penale sez. III, 13/11/2018, n.12906

Il reato di omesso versamento dell’Iva è integrato dalla scelta consapevole di omettere i versamenti dovuti, non rilevando la circostanza che la società attraversi una fase di criticità e destini risorse finanziarie per far fronte al pagamento di debiti ritenuti più urgenti, elemento che rientra nell’ordinario rischio d’impresa e che non può certamente comportare l’inadempimento dell’obbligazione contratta con l’erario. Tale elemento può rilevare come causa di forza maggiore di cui all’articolo 45 del codice penale, solo se siano assolti gli oneri di allegazione idonei a dimostrare non solo l’asserita crisi di liquidità, ma anche che detta crisi non sarebbe stata fronteggiabile tramite il ricorso ad apposite procedure da valutarsi in concreto, non ultimo il ricorso al credito bancario. L’imprenditore, quindi, deve provare, di aver posto in essere, senza successo per causa a lui non imputabile, tutte le misure (anche sfavorevoli per il proprio patrimonio personale) idonee a reperire la liquidità necessaria per adempiere il proprio debito fiscale (nella specie, l’imprenditore imputato si era limitato ad asserire l’esistenza di una pregressa crisi di impresa, senza allegare elementi idonei a dimostrare l’entità della crisi, le incolpevoli cause della stessa e l’impossibilità di superarla tramite il ricorso a idonei strumenti da valutarsi in concreto).

 

Cassazione penale sez. III, 19/09/2018, n.47482

In materia di omesso versamento delle ritenute, la scelta dell’imprenditore di destinare le risorse finanziarie disponibili al pagamento dei dipendenti e fornitori e non alle imposte non integra la causa di forza maggiore idonea a escludere il reato. Lo afferma la Cassazione sottolineando che laddove vi sia un margine di scelta non sussiste la forza maggiore. Per la Corte l’imprenditore, al fine di evitare possibili conseguenze penali in caso di crisi di liquidità, avrebbe dovuto ripartire le risorse esistenti all’atto della corresponsione delle retribuzioni in modo da poter adempiere al proprio obbligo tributario, anche a scapito del pagamento dei compensi ai dipendenti nel loro intero ammontare.

 

Cassazione penale sez. III, 06/07/2018, n.52971

Ai fini del reato di omesso versamento IVA, la decisione dell’imprenditore di garantire il pagamento dei crediti da lavoro dipendenti, omettendo il versamento dell’imposta sul valore aggiunto, è il risultato di una deliberata e consapevole scelta, non riconducibile alla causa di forza maggiore, difettando la necessità assoluta di violare la legge e l’imprevedibile e improvvisa insorgenza di una situazione di oggettiva mancanza di liquidità al momento dell’adempimento dell’obbligazione tributaria.

 

Cassazione penale sez. III, 06/03/2018, n.19671

Nei reati omissivi integra causa di forza maggiore l’assoluta impossibilità, non la semplice difficoltà di porre in essere il comportamento omesso. Sì che: a) il margine di scelta esclude sempre la forza maggiore perché non esclude la suitas della condotta; b) la mancanza di provvista necessaria all’adempimento dell’obbligazione tributaria penalmente rilevante non può pertanto essere addotta a sostegno della forza maggiore quando sia comunque il frutto di una scelta politica imprenditoriale volta a fronteggiare una crisi di liquidità; c) non si può invocare la forza maggiore quando l’inadempimento penalmente sanzionato sia stato con-causato dai mancati accantonamenti e dal mancato pagamento alla singole scadenze mensili e dunque da una situazione di illegittimità; d) l’inadempimento tributario penalmente rilevante può essere attribuito a forza maggiore solo quando derivi da fatti non imputabili all’imprenditore che non ha potuto tempestivamente porvi rimedio per cause indipendenti dalla sua volontà e che sfuggono al suo dominio finalistico. Alla stregua dei rilievi che precedono, l’imprenditore che, per sua scelta, omette di versare tempestivamente quanto già avrebbe dovuto essere accantonato, ed in ogni caso scegliendo i creditori da soddisfare e comunque disegnando la scaletta dei propri impegni economici secondo necessità aziendale e non secondo gli obblighi di legge, si colloca fuori del perimetro della forza maggiore.

 

Cassazione penale sez. III, 23/01/2018, n.38594

Per escludere la punibilità per il reato di cui all’articolo 10-ter del decreto legislativo 10 marzo 2000 n. 7 4 invocando la causa di forza maggiore, questa non può fondarsi sulla semplice difficoltà di porre in essere il comportamento omesso, ma deve sostanziarsi nell’assoluta impossibilità di far fronte al versamento dell’imposta collegata a eventi che sfuggono al dominio finalistico dell’agente. Ne consegue che: a) il margine di scelta esclude sempre la forza maggiore perché non esclude la suitas della condotta; b) la mancanza di provvista necessaria all’adempimento dell’obbligazione tributaria penalmente rilevante non può essere addotta a sostegno della forza maggiore quando sia comunque il frutto di una scelta/politica imprenditoriale volta a fronteggiare una crisi di liquidità; c) non si può invocare la forza maggiore quando l’inadempimento penalmente sanzionato sia stato concausato dai mancati accantonamenti e dal mancato pagamento alle singole scadenze mensili (cfr. articolo 13, comma 1, del decreto legislativo n. 471 del 1997) e quindi da una situazione di illegittimità; d) l’inadempimento tributario penalmente rilevante può essere attribuito a forza maggiore solo quando derivi da fatti non imputabili all’imprenditore che non ha potuto tempestivamente porvi rimedio per cause indipendenti dalla sua volontà e che sfuggono al suo dominio finalistico.

 

Cassazione penale sez. III, 09/11/2017, n.11035

In tema di reati tributari l’omesso versamento dell’Iva può essere attribuito a forza maggiore solo quando derivi da fatti non imputabili all’imprenditore, a cui lo stesso non abbia potuto porvi rimedio per cause estranee alla sua volontà. Pertanto, è irrilevante la cosiddetta “crisi di liquidità” del debitore alla scadenza del termine per operare il versamento dell’Iva, poiché il debitore ha l’obbligo non solo di accantonare le risorse necessarie per l’adempimento dell’obbligazione tributaria, ma anche di adottare tutte le iniziative per provvedere alla corresponsione del tributo. Ad affermarlo è la Cassazione per la quale soltanto la comprovata assoluta impossibilità di adempimento dell’obbligo tributario è idonea a escludere la punibilità del reato di omesso versamento dell’Iva, ma non di certo la mera difficoltà di porre in essere il comportamento omesso.

 

Cassazione penale sez. III, 18/07/2017, n.39072

Il reato di cui all’articolo 2, comma 1 bis, del decreto legge 12 settembre 1983 n. 463, convertito dalla legge 11 novembre 1983 n. 638, che punisce l’omesso versamento da parte del datore di lavoro delle ritenute previdenziali e assistenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti, è reato punito a titolo di dolo generico, integrato dalla coscienza e volontà dell’omissione o della tardività del versamento delle ritenute, non essendo richiesto che il comportamento illecito sia dettato dallo scopo specifico di evasione contributiva: sicché non rileva, sotto il profilo soggettivo, la circostanza che il datore di lavoro attraversi una fase di criticità e destini le risorse finanziarie per far fronte a debiti ritenuti più urgenti. Del resto, le difficoltà economiche in cui versa il soggetto agente non sono in alcun modo riconducibili al concetto di forza maggiore che postulando la individuazione di un fatto imponderabile, imprevisto e imprevedibile, esula del tutto dalla condotta dell’agente, sì da rendere ineluttabile il verificarsi dell’evento, non potendo ricollegarsi in alcun modo a un’azione od omissione cosciente e volontaria dell’agente.

 

Cassazione penale sez. III, 24/06/2014, n.8352

In tema omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto, l’inadempimento della obbligazione tributaria può essere attribuito a forza maggiore solo quando derivi da fatti non imputabili all’imprenditore che non abbia potuto tempestivamente porvi rimedio per cause indipendenti dalla sua volontà e che sfuggono al suo dominio finalistico. (Fattispecie, nella quale la Corte ha escluso che potesse essere ascrivibile a forza maggiore la mancanza della provvista necessaria all’adempimento dell’obbligazione tributaria per effetto di una scelta di politica imprenditoriale volta a fronteggiare una crisi di liquidità).

 

Cassazione penale sez. III, 12/06/2013, n.37528

Nel reato di omesso versamento delle ritenute certificate, la situazione di difficoltà finanziaria dell’imprenditore non costituisce causa di forza maggiore che esclude la responsabilità prevista dall’art.10 bis d.lg.. n. 74 del 2000.

 

Cassazione penale sez. III, 19/01/2011, n.13100

Il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti (art. 2 d.l. 12 settembre 1983 n. 463, conv., con modificazioni in l. 11 novembre 1983 n. 638) è integrato, siccome è a dolo generico, dalla consapevole scelta di omettere i versamenti dovuti, non rilevando la circostanza che il datore di lavoro attraversi una fase di criticità e destini risorse finanziarie per far fronte a debiti ritenuti più urgenti.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA