Risponde di omicidio colposo il medico di Pronto Soccorso che abbia omesso di ricoverare nel reparto di cardiologia il paziente affetto da dissecazione acuta dell’aorta

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 14511.2020, resa dalla IV Sezione penale della Corte di Cassazione, con la quale il Collegio del diritto, esprimendosi in merito ad un caso di responsabilità penale del medico a titolo di omicidio colposo, fa il punto sulle regole che governano il giudizio controfattuale volto ad accertare la sussistenza del nesso di causalità tra la condotta omissiva colposa posta in essere dal professionista sanitario e l’exitus infausto.

Vieni quindi  applicato nel caso concreto il principio di diritto nto agli operatori giuridici che si occupano della materia secondo il quale ai fini delle determinazione del decorso causale  la condizione che ha determinato l’evento deve essere individuata con elevato grado di credibilità razionale sulla base della valutazione delle circostanze del caso concreto e previa esclusione dell’efficienza causale di fattori alternativi.

 

Il caso clinico e il doppio giudizio di merito

Nel caso di specie il paziente, lamentando forte dolore in sede toracica e toraco-addominale si recava in Pronto Soccorso, dal quale veniva dimesso dal medico in servizio, il quale ometteva di effettuare una RX al torace, che avrebbe evidenziato una dissecazione acuta dell’aorta, che determinava emorragia toracica, cui seguiva il decesso del paziente per shock emorragico irreversibile.

All’imputato, nella qualità di medico in servizio presso il Pronto soccorso dell’ospedale, veniva, quindi, contestato il delitto di omicidio colposo per aver cagionato la morte del paziente con negligenza, imprudenza ed imperizia nell’esercizio della professione sanitaria.

Segnatamente, al prevenuto era addebitato di aver omesso di eseguire una RX al torace, dalla quale sarebbe emersa la dissecazione acuta dell’aorta in atto e che avrebbe avuto portata salvifica rispetto all’exitus infausto.

La Corte di appello di Palermo, riformando parzialmente la sentenza di condanna resa dal locale Tribunale, dichiarava di non doversi procedere nei confronti del giudicabile, in ragione dell’estinzione del reato per intervenuta prescrizione e condannava l’imputato ed il responsabile civile, in solido, al risarcimento del danno in favore delle costituite parti civili.

La Corte territoriale in punto di responsabilità dell’imputato ne certificava la colpa efficiente rispetto all’evento morte  sulla base di una ricostruzione del fatto diversa da quella operata dai Giudici di primo grado, rimproverando al prevenuto di non aver provveduto a disporre il ricovero del paziente nel reparto di cardiologia, che avrebbe assicurato la corretta diagnosi della patologia, con effetto salvifico.

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

La difesa del prevenuto interponeva ricorso per cassazione avverso la decisione di secondo grado, articolando plurimi motivi di impugnazione.

In particolare, il ricorrente deduceva violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’affermazione della responsabilità penale dell’imputato con riferimento ai profili di colpa ravvisati nel relativo comportamento e alla potenzialità salvifica della condotta doverosa omessa.

La Suprema Corte, nel rigettare il ricorso ai fini della responsabilità civile, riconosce la correttezza delle argomentazioni svolte dalla Corte territoriale e ripropone il consolidato orientamento sedimentato nella giurisprudenza di legittimità a partire dalla nota sentenza Franzese, in materia di accertamento dell’esistenza del nesso causale tra condotta omissiva colposa ed evento lesivo.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla parte motiva della decisione in commento:

<A tal proposito merita di essere richiamato l’indirizzo di questa Corte, in base al quale il rapporto di causalità tra omissione ed evento non può ritenersi sussistente sulla base del solo coefficiente di probabilità statistica, ma deve essere verificato alla stregua di un giudizio di elevata probabilità logica, che, a sua volta, deve essere fondato, oltre che su un ragionamento deduttivo basato sulle generalizzazioni scientifiche, anche su un giudizio di tipo induttivo circa il ruolo salvifico della condotta omessa, elaborato sull’analisi della caratterizzazione del fatto storico e focalizzato sulle particolarità del caso concreto (così ex multis Sez. 4, Sentenza n. 26491 del 11/05/2016, Ceglie, Rv. 267734). Tale impostazione, frutto della elaborazione di principi sviluppatisi a partire dalla nota sentenza a Sezioni unite Franzese (Sez. U, Sentenza n. 30328 del 10/07/2002, Rv. 222139 – 01) impone che, ai fini della determinazione del decorso causale, la condizione che ha determinato l’evento debba essere individuata con elevato grado di credibilità razionale sulla base della valutazione delle circostanze del caso e previa esclusione dell’efficienza causale di alternativi meccanismi eziologici.

Ebbene, nel percorso argomentativo seguìto dalla Corte distrettuale, siffatta indagine è stata adeguatamente condotta, avendo i Giudici di merito evidenziato che il comportamento serbato dal ricorrente si è posto quale condizione necessaria dell’evento, tenuto conto di tutte le circostanze concrete del fatto enunciate nella motivazione (età anagrafica non elevata del paziente; assenza di significative patologie pregresse; stadio della patologia, che era ancora in una fase di insorgenza al momento dell’ingresso del paziente al Pronto soccorso). Non si individuano pertanto le incongruenze evidenziate nel ricorso con riferimento alla complessiva ricostruzione del rilievo causale del comportamento addebitato al [omissis], sia in relazione agli addebiti di colpa elevati a suo carico in relazione all’evento verificatosi, sia in relazione all’accertamento della portata salvifica della condotta che egli avrebbe dovuto tenere nell’occorso.

Deve evidenziarsi, a questo proposito, che il Giudice non è tenuto a prevedere e descrivere tutte le circostanze che si inseriscono nella concatenazione causale a cui è legato un determinato evento nella fenomenologia umana, dovendo offrire una risposta che valga correttamente, sul piano logico, ad escludere decorsi eziologici alternativi suscettibili di provocare in via autonoma quell’evento (art. 41 cod. pen.).

Ritornando al caso che occupa, nella sentenza impugnata si riconosce una disamina del percorso causale (e di ciò che esso sarebbe stato ove fosse stato adottato il comportamento alternativo diligente, ossia nella specie il ricovero ospedaliero nel reparto di cardiologia del paziente) che conduce a conclusioni che sono ragionevoli e che rendono conto, in modo soddisfacente, della esistenza di una elevata probabilità logica di sopravvivenza della persona offesa>.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA