Sequestro preventivo e art.2 d.lgs. 74/2000: il profitto del reato oggetto di sequestro preventivo non può eccedere l’imposta effettivamente evasa in ragione della natura oggettivamente inesistente della prestazione dedotta nel documento fiscale

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 18113.2020, resa dalla III Sezione penale della Corte di Cassazione, con la quale il Collegio del diritto, esprimendosi in sede cautelare reale in merito ad un caso di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, enuncia il pacifico principio di diritto secondo il quale, laddove si tratti di operazioni solo parzialmente inesistenti, l’imposta evasa che può formare oggetto della tutela cautelare,  in ossequio al principio di proporzionalità della misura, coincide con il profitto effettivamente conseguito dalla società – anziché con l’imposta aritmeticamente calcolata sulla base degli imponibili esposti nelle fatture.

 

Il reato provvisoriamente contestato e la fase cautelare reale

Nel caso di specie all’imputato, nella qualità di legale rappresentante della società, era provvisoriamente contestato il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture per operazioni inesistenti ex art. 2 D.lgs. 74/2000.

Il Tribunale della Libertà di Milano, nel rigettare l’istanza di riesame avanzata dal prevenuto, confermava il decreto di sequestro preventivo emesso dal GIP in sede, con il quale era stato disposto sequestro diretto e per equivalente rispettivamente nei confronti della società e del legale rappresentante.

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

La difesa del giudicabile interponeva ricorso per cassazione ex art. 310 c.p.p. avverso la decisione del Tribunale di Milano, articolando plurimi motivi di impugnazione.

In particolare, il ricorrente lamentava l’errata determinazione dell’ammontare del risparmio d’imposta conseguito, essendo stati sottoposti a vincolo ablativo non già l’imposta effettivamente evasa, bensì gli importi imponibili risultanti dalle fatture emesse.

I Giudici di legittimità, pur dichiarando inammissibile il ricorso per essere la deduzione difensiva inconferente rispetto alla adeguata motivazione offerta sul punto dal Collegio della cautela reale,   incidentalmente richiamano il principio di diritto secondo il quale il quantum del profitto del reato che può formare oggetto di ablazione provvisoria (sequestro)  tributario in caso di operazioni solo parzialmente inesistenti deve essere effettivamente commisurato alla evasione di imposta conseguente alla operazione fraudolenta.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla parte motiva della pronuncia in commento:

del tutto corretto il riferimento giurisprudenziale operato – per vero non in maniera integrale – dal ricorrente, secondo cui, in tema di utilizzazione di fatture per operazioni solo in parte inesistenti, il giudice che emette il provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente (o, nell’esercizio dei poteri integrativi, il tribunale del riesame), per non violare il principio di proporzionalità, ha l’obbligo di determinare con esattezza l’imposta evasa, che non coincide con l’imposta aritmeticamente calcolata sulla base degli imponibili esposti nelle fatture nel loro intero ammontare, ma corrisponde al profitto effettivamente conseguito dall’operazione parziale inesistente (Sez. 3, n. 1820 del 27/11/2013, dep. 2014, Cleva e altro, Rv. 257918).

In specie, infatti, e a differenza di quanto era avvenuto all’epoca avanti al Tribunale del riesame (allorché le fatture di cui ai capi di imputazione provvisoria erano riferibili, in parte, ad operazioni esistenti ed, in parte, ad operazioni in tutto o parzialmente inesistenti, ma non vi era stato alcuno scorporo dell’effettivo profitto – conseguito dall’operazione parzialmente o in tutto inesistente, con esclusione di quelle realmente esistenti), l’ordinanza impugnata ha ben chiarito che era stato determinato per ciascuna annualità l’importo oggetto di sovrafatturazione, e che rispetto a tale importo era stata calcolata l’imposta evasa, con applicazione dell’aliquota del 27% prevista per la relativa dichiarazione dei redditi. Tramite le modalità all’epoca censurate, ma in questa sede non riprodotte, si vera effettivamente realizzata una violazione del principio di proporzionalità tra la misura cautelare imposta e l’entità del fatto, in quanto la somma sottoposta a sequestro per equivalente non solo non rappresentava la misura esatta del profitto del reato, ma risultava anche sproporzionata rispetto a quanto in futuro avrebbe potuto essere oggetto di confisca (così, in motivazione, Sez. 3, n. 1820 cit.)>.

La norma incriminatrice:

Art. 2 D.lgs. 74/2000 – Dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti

È punito con la reclusione da quattro a otto anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, indica in una delle dichiarazioni [annuali] relative a dette imposte elementi passivi fittizi.

Il fatto si considera commesso avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti quando tali fatture o documenti sono registrati nelle scritture contabili obbligatorie, o sono detenuti a fine di prova nei confronti dell’amministrazione finanziaria.

Se l’ammontare degli elementi passivi fittizi è inferiore a euro centomila, si applica la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni. 

[Se l’ammontare degli elementi passivi fittizi è inferiore a euro 154.937,07, si applica la reclusione da sei mesi a due anni.] 

Quadro giurisprudenziale di riferimento:

Cassazione penale sez. III, 10/05/2019, n.29431

In sede di riesame avverso il decreto di sequestro finalizzato alla confisca per equivalente, fatti salvi i casi di manifesta sproporzione tra il valore dei beni oggetto del provvedimento ablatorio ed il “quantum” del profitto del reato indicato nella richiesta al giudice per le indagini peliminari della pubblica accusa, il tribunale non ha il potere di compiere accertamenti diretti a verificare il rispetto del principio di proporzionalità, essendo tenuto tuttavia a valutare il contenuto dell’eventuale consulenza tecnica presentata dalla parte ricorrente.

 

Cassazione penale sez. III, 27/11/2013, n.1820

In tema di utilizzazione di fatture per operazioni solo in parte inesistenti, il giudice che emette il provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente (o, nell’esercizio dei poteri integrativi, il tribunale del riesame), per non violare il principio di proporzionalità, ha l’obbligo di determinare con esattezza l’imposta evasa, che non coincide con l’imposta aritmeticamente calcolata sulla base degli imponibili esposti nelle fatture nel loro intero ammontare, ma corrisponde al profitto effettivamente conseguito dall’operazione parziale inesistente.

 

Cassazione penale sez. III, 15/10/2013, n.44309

In tema di reati tributari, il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente prevista dall’articolo 1, comma 143, l. 24 dicembre 2007 n. 244 va riferito all’ammontare dell’imposta evasa, che costituisce un indubbio vantaggio patrimoniale direttamente derivante dalla condotta illecita e, in quanto tale, riconducibile alla nozione di “profitto” del reato, costituito dal risparmio economico conseguente alla sottrazione degli importi evasi alla loro destinazione fiscale, di cui certamente beneficia il reo; a tal fine, per la quantificazione di questo risparmio deve tenersi conto anche del mancato pagamento degli interessi e delle sanzioni dovute in seguito all’accertamento del debito tributario. Il sequestro, peraltro, non può riguardare beni di valore eccedente il profitto del reato, onde è necessario che il giudice di merito proceda a una valutazione dei beni sequestrati, al fine di verificare il rispetto del “principio di proporzionalità” tra il credito garantito e il patrimonio assoggettato a vincolo cautelare, così da evitare che la misura cautelare si riveli eccessiva nei confronti del destinatario.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA