Per concorrere nel reato di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture per operazioni inesistenti basta la prova del contributo dell’imputato alla ricezione e contabilizzazione dei documenti fiscali mendaci

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 15411/2020, resa dalla V Sezione penale della Corte di Cassazione, con la quale il Collegio del diritto, esprimendosi in merito ad una fattispecie di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, enuncia il principio di diritto secondo il quale, per ritenere sussistente la prova della consumazione  del reato tributario, è sufficiente che il giudicabile abbia partecipato alla fase di ideazione e realizzazione del meccanismo fraudolento che ha consentito di acquisire la documentazione fiscale, ancorché estraneo alla trasmissione della dichiarazione all’Agenzia delle Entrate.

Il reato contestato e il doppio giudizio di merito

Nel caso di specie all’imputato, nella qualità di amministratore delegato e amministratore unico delle società dichiarate fallite, erano contestati reati fallimentari e tributari.

La Corte di appello di Venezia riformava parzialmente la sentenza di condanna resa dal G.U.P. presso il Tribunale di Treviso in esito al rito abbreviato, dichiarando di non doversi procedere per i reati fallimentari in ragione dell’intervenuta prescrizione e rideterminando la pena per il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture per operazioni inesistenti ex artt. 81, 110 c.p., 2 D.lgs. 74/2000.

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

La difesa del prevenuto proponeva ricorso per cassazione avverso la decisione di secondo grado, articolando plurimi motivi di impugnazione.

Ai fini del presente commento riveste maggiore interesse la deduzione della violazione di legge con riferimento all’affermazione della responsabilità penale dell’imputato a titolo di concorso nel reato tributario, laddove, secondo la tesi difensiva, il concorso non sarebbe configurabile nel caso di specie, poiché il contributo del prevenuto si è limitato alla ricezione e contabilizzazione della fattura, rimanendo estraneo alla fase di deposito della dichiarazione fraudolenta.

La Suprema Corte, nel rigettare il ricorso, ripropone il consolidato orientamento sedimentato nella giurisprudenza di legittimità sulla prova del concorso di persone previsto e punito dall’art. 2 d.lgs. 74/2000.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla parte motiva della pronuncia in commento:

<Come affermato dalla giurisprudenza di legittimità, con costante insegnamento, è configurabile il concorso nel reato di cui all’art. 2 del D.Lgs. n. 74 del 2000 di colui che – pur essendo estraneo e non rivestendo cariche nella società a cui si riferisce la dichiarazione fraudolenta – abbia, in qualsivoglia modo, partecipato a creare il meccanismo fraudolento che ha consentito all’amministratore della società, sottoscrittore della dichiarazione fraudolenta, di avvalersi della documentazione fiscale fittizia (cfr. Cass., Sez. 3, n. 14815 del 30/11/2016 Ud; rv. 269650; Cass., Sez. F., n. 35729 del 1.8.2013, rv. 256579). Pertanto, premesso che i delitti di dichiarazione fraudolenta previsti dagli artt. 2 e 3, D.Lgs. n. 74 del 2000, si consumano nel momento della presentazione della dichiarazione fiscale nella quale sono effettivamente inseriti o esposti elementi contabili fittizi (cfr. Cass., sez. 3, n. 52752 del 20.5.2014, rv. 262358), la circostanza che il [omissis] non abbia partecipato alla fase del deposito della dichiarazione infedele, non esclude la sua responsabilità per i singoli reati di cui si discute, avendo egli concorso, come diffusamente dimostrato dalla corte territoriale, senza che sul punto il ricorrente abbia articolato specifici motivi di ricorso, “nella ideazione e realizzazione della operazione che ha consentito a [omissis] di acquisire documentazione fiscale (le fatture delle ditte cartiere e le fatture delle società di leasing truffate) utilizzata per far risultare elementi passivi fittizi e quindi conseguire beneficio fiscale”.

La norma incriminatrice:

Art. 2 D.lgs. 74/2000 – Dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.

E’ punito con la reclusione da quattro a otto anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, indica in una delle dichiarazioni [annuali] relative a dette imposte elementi passivi fittizi.

Il fatto si considera commesso avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti quando tali fatture o documenti sono registrati nelle scritture contabili obbligatorie, o sono detenuti a fine di prova nei confronti dell’amministrazione finanziaria.

Se l’ammontare degli elementi passivi fittizi è inferiore a euro centomila, si applica la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni. 

[3. Se l’ammontare degli elementi passivi fittizi è inferiore a euro 154.937,07, si applica la reclusione da sei mesi a due anni.] 

Quadro giurisprudenziale di riferimento:

Cassazione penale sez. III, 30/11/2016, n.14815

È configurabile il concorso nel reato di cui all’art. 2 del D.Lgs. n. 74 del 2000 di colui che – pur essendo estraneo e non rivestendo cariche nella società a cui si riferisce la dichiarazione fraudolenta – abbia, in qualsivoglia modo, partecipato a creare il meccanismo fraudolento che ha consentito all’amministratore della società, sottoscrittore della dichiarazione fraudolenta, di avvalersi della documentazione fiscale fittizia. (Fattispecie nella quale risultava che l’imputato, pur non beneficiando direttamente dell’utilizzo delle fatture false, aveva tuttavia dato un decisivo e volontario contributo alla realizzazione dell’illecito, commissionando egli ad una terza persona, che vi aveva provveduto dietro corrispettivo, i documenti da utilizzare nelle dichiarazioni fiscali, indicandone i destinatari e gli importi).

 

Cassazione penale sez. III, 18/10/2016, n.14497

In tema di reati tributari, è configurabile il concorso nel reato di cui all’art. 2 D.Lgs. n. 74 del 2000 di coloro che – pur essendo estranei e non rivestendo cariche nella società a cui si riferisce la dichiarazione fraudolenta – abbiano, in qualsivoglia modo, partecipato a creare il meccanismo fraudolento che ha consentito all’amministratore della società, sottoscrittore della predetta dichiarazione, di avvalersi della documentazione fiscale fittizia, non ostando a ciò la natura istantanea del reato. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva affermato la responsabilità dell’imputato che, seppure cessato dalla carica di amministratore all’atto della presentazione della dichiarazione, era stato comunque coinvolto nell’operazione volta a creare il meccanismo fraudolento, avendo contribuito a predisporre e far approvare il bilancio contemplante fatture relative ad operazioni inesistenti).

 

Cassazione penale sez. III, 04/12/2014, n.21025

Non risponde del reato di cui all’art. 2 d.lg. n. 74 del 2000 (dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti) – nemmeno a titolo di concorso con il successivo amministratore – l’amministratore di società, il quale, dopo aver acquisito e registrato fatture per operazioni inesistenti, sia cessato dalla carica prima della presentazione della dichiarazione fittizia per la cui realizzazione le fatture medesime vengano poi effettivamente utilizzate.

 

Cassazione penale sez. III, 20/05/2014, n.52752

In tema di reati tributari, i delitti di dichiarazione fraudolenta previsti dagli art. 2 e 3, d.lg. n. 74 del 2000, si consumano nel momento della presentazione della dichiarazione fiscale nella quale sono effettivamente inseriti o esposti elementi contabili fittizi, essendo penalmente irrilevanti tutti i comportamenti prodromici tenuti dall’agente, ivi comprese le condotte di acquisizione e registrazione nelle scritture contabili di fatture o documenti contabili falsi o artificiosi ovvero di false rappresentazioni con l’uso di mezzi fraudolenti idonei ad ostacolarne l’accertamento. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato la sentenza impugnata che aveva affermato la responsabilità dell’imputato in ordine al reato di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, per verificare se a seguito dell’annotazione contabile del fittizio acquisto di un immobile tali elementi fossero poi confluiti nella dichiarazione dei redditi).

 

Cassazione penale sez. fer., 01/08/2013, n.35729

È configurabile il concorso nel reato di cui all’art. 2 d.lg. n. 74 del 2000 di coloro che – pur essendo estranei e non rivestendo cariche nella società a cui si riferisce la dichiarazione fraudolenta – abbiano, in qualsivoglia modo, partecipato a creare il meccanismo fraudolento che ha consentito all’amministratore della società, sottoscrittore della dichiarazione fraudolenta, di avvalersi della documentazione fiscale fittizia. (Fattispecie nella quale una società aveva evidenziato nelle dichiarazioni annuali costi per l’acquisto di diritti cinematografici maggiorati rispetto a quelli effettivamente versati al venditore, attraverso il cd sistema della catena societaria, e cioè facendo risultare acquistati i diritti medesimi da più intermediari fittizi e la Corte ha ritenuto configurabile la responsabilità concorsuale sia di coloro che avevano escogitato il sistema fraudolento sia di coloro che avevano gestito le società che avevano funto da fittizie intermediarie).

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA