Per configurare il reato di indebita compensazione è necessaria la presentazione del modello F24 da parte del contribuente infedele

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 20853.2020, resa dalla III Sezione penale della Corte di Cassazione, depositata il 15 luglio 2020, con la quale il Collegio del diritto, esprimendosi in merito ad un caso di indebita compensazione, enuncia il principio di diritto secondo cui il delitto tributario si consuma nel momento della presentazione dell’ultimo modello F24 relativo all’anno interessato.

La prova della avvenuta presentazione del modello F/24 contenente il credito inesistente portato in compensazione è indispensabile per poter dimostrare la consumazione della condotta tipica del reato previsto e punito dall’art. 10 d.lgs. 74/2000 che  richiede la prova della condotta decettiva del contribuente di compensazione di crediti non spettanti.

Il reato contestato e la doppia conforme di merito

Nel caso di specie all’imputato, nella qualità di legale rappresentante della società, era contestato il delitto di indebita compensazione ex art. 10 quater D.lgs. 74/2000, per aver compensato imposte e tributi con crediti IVA non spettanti ed inesistenti.

La Corte di appello di Caltanissetta confermava la sentenza con la quale il Tribunale di Gela aveva condannato il prevenuto per il reato ascrittogli.

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

La difesa del giudicabile interponeva ricorso per cassazione avverso la decisione di secondo grado, articolando due motivi di impugnazione, tra i quali, ai fini del presente commento, riveste maggiore interesse quello relativo alla violazione di legge con riferimento all’art. 10 quater D.lgs. 74/2000.

In particolare, secondo la tesi difensiva, il reato di indebita compensazione ha natura istantanea e si consuma con la presentazione del modello F/24 non provata in sede dibattimentale.

I Giudici di legittimità, nell’annullare senza rinvio la sentenza impugnata essendo il reato estinto per intervenuta prescrizione,  chiariscono la natura ed il perimetro punitivo del reato tributario.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla parte motiva della pronuncia in commento:

<I Giudici di merito hanno accertato che l’imputato aveva indebitamente compensato l’Iva del periodo d’imposta 2009, perché il credito usato in compensazione era inesistente non avendo presentato il modello F24.

Secondo la Corte territoriale era onere del contribuente provare l’esistenza del credito utilizzato in compensazione, mentre, nella specie, non aveva assolto agli obblighi fiscali.

La decisione non è in linea con il consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità (tra le più recenti Cass., Sez. 3, n. 44737 del 20/06/2019, Antonucci, non massimata), secondo cui, ai fini dell’integrazione del reato dell’art. 10-quater d.lgs. n. 74 del 2000, non basta il mancato versamento dell’imposta, ma è necessario che lo stessi risulti giustificato dalla compensazione tra i debiti ed i crediti verso l’Erario, allorché i crediti non spettino o non esistano.

E’ la compensazione che esprime la componente decettiva o di frode insita nella fattispecie e che rappresenta il quid pluris che differenzia il reato dell’art. 10-quater rispetto ad una fattispecie di omesso versamento (Cass., Sez. 3, n. 15236 del 16/01/2015, Chiarolla, Rv. 263051).

Il delitto di indebita compensazione si consuma, di conseguenza, al momento della presentazione dell’ultimo modello F24 relativo all’anno interessato e non in quello della successiva dichiarazione dei redditi, dal momento che, con l’utilizzo del modello indicato, si perfeziona la condotta decettiva del contribuente, realizzandosi il mancato versamento per effetto dell’indebita compensazione di crediti in realtà non spettanti in base alla normativa fiscale (Cass, Sez. 3, n. 4958 del 11/10/2018, dep. 2019, Cappello, Rv. 274854). L’indebita compensazione deve pertanto risultare dal modello F24, mentre, nella specie, il modello non è stato presentato e non sono stati rappresentati nella motivazione elementi idonei a ricostruire con precisione la fattispecie delittuosa>.

La norma incriminatrice:

Art. 10 quater – Indebita compensazione

E’ punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa le somme dovute, utilizzando in compensazione, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, crediti non spettanti, per un importo annuo superiore a cinquantamila euro.

E’ punito con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni chiunque non versa le somme dovute, utilizzando in compensazione, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, crediti inesistenti per un importo annuo superiore ai cinquantamila euro. 

 

Quadro giurisprudenziale di riferimento:

Cassazione penale sez. III, 03/03/2020, n.13149

La compensazione di cui al reato ex art. 10-quater d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, ricomprende sia quella c.d. verticale, riguardante crediti e debiti per tributi di natura omogenea, sia quella c.d. orizzontale, concernente crediti e debiti di imposta di natura diversa, anche non afferenti alle imposte dirette od all’IVA. (In motivazione, la Corte ha precisato che l’art.10-quater, d.lgs. n.74 del 2000, richiamando espressamente l’art.17, d.lgs. 9 luglio 1997, n.241, risulta applicabile anche alle ipotesi di indebita compensazione tra crediti risultanti da dichiarazioni fiscali ed altre imposte, contributi previdenziali ed assistenziali, premi Inail ed altre somme dovute allo Stato, alle Regioni, agli enti locali od altri enti).

 

Cassazione penale sez. III, 09/01/2020, n.18459

La ratio giuridica della norma incriminatrice di cui all’articolo 10 -quater d.lgs. n. 74/2000, è quella di sanzionare quei comportamenti diretti ad evitare il pagamento dell’imposta dovuta attraverso l’indebito ricorso al meccanismo della compensazione. La norma sanziona quelle condotte che, finalizzate ad omettere il pagamento dell’imposta dovuta attraverso il ricorso al meccanismo della compensazione ex art. 17 d.lgs. 241/1997, si sostanzino nella predisposizione e redazione di un documento ideologicamente falso in quanto idoneo a prospettare una compensazione che, in realtà, non avrebbe potuto avere luogo poiché fondata su un credito inesistente o comunque non spettante e, come tale, inevitabilmente indebita, essendo estranea al modello legale dell’istituto previsto dalla legislazione tributaria.

 

Cassazione penale sez. III, 20/06/2019, n.44737

In tema di indebita compensazione, l’illecito si consuma al momento della presentazione dell’ultimo modello F24 relativo all’anno interessato e non in quello della successiva dichiarazione dei redditi, in quanto, con l’utilizzo del modello indicato, si perfeziona la condotta decettiva del contribuente, realizzandosi il mancato versamento per effetto della compensazione, ai sensi dell’art. 17 d.lg. n. 241/1997, di crediti in realtà non spettanti o inesistenti. (Fattispecie in cui la prova dell’esecuzione di compensazioni indebite è stata desunta dalle annotazioni sul libro giornale e dalle dichiarazioni IVA).

 

Cassazione penale sez. III, 11/10/2018, n.4958

In tema di reati tributari, il delitto di indebita compensazione di cui all’art. 10-quater, d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, si consuma al momento della presentazione dell’ultimo modello F24 relativo all’anno interessato e non in quello della successiva dichiarazione dei redditi, in quanto, con l’utilizzo del modello indicato, si perfeziona la condotta decettiva del contribuente, realizzandosi il mancato versamento per effetto dell’indebita compensazione di crediti in realtà non spettanti in base alla normativa fiscale. (In motivazione, la Corte ha precisato che il delitto di indebita compensazione non presuppone la presentazione da parte del contribuente di una dichiarazione annuale a differenza di quello di dichiarazione infedele di cui all’art. 4 del medesimo d.lgs. n. 74 del 2000, in cui il mendacio del contribuente si esprime proprio nella dichiarazione annuale relativa alle imposte sui redditi o all’Iva).

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA