Sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte: la Suprema Corte chiarisce quando l’atto negoziale diviene punibile perché fraudolento
Si segnala ai lettori del blog la sentenza 19989.2020, resa dalla III Sezione penale della Corte di Cassazione, con la quale il Collegio del diritto, esprimendosi in merito ad un caso di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, chiarisce la ratio, la natura ed il perimetro punitivo del reato tributario.
Il reato contestato e la fase cautelare reale
Nel caso di specie agli indagati, rispettivamente nella qualità di amministratore e socio di due società, era provvisoriamente contestato il delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte ex art. 11 D.lgs. 74/2000, per aver simulato l’alienazione e l’acquisto delle quote di una società e per aver compiuto altri atti fraudolenti sui propri beni in modo da rendere inefficace la procedura di riscossione coattiva.
Il Tribunale della Libertà di Napoli rigettava la richiesta di riesame del decreto con il quale il GIP in sede aveva disposto il sequestro delle quote e dei beni aziendali delle società, ritenuti strumenti di realizzazione del reato tributario perché oggetto di alienazione simulata.
Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto
I prevenuti proponevano ricorso per cassazione avverso la predetta ordinanza, articolando tre motivi di impugnazione.
In particolare, i ricorrenti contestavano violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza del fumus commissi delicti del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte
La Suprema Corte, nel dichiarare inammissibili i ricorsi, fa il punto sulla fattispecie incriminatrice prevista e punita dall’art. 11 D.lgs. 74/2000 e sui consolidati orientamenti giurisprudenziali di legittimità sedimentati in materia.
Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dal compendio motivazionale della decisione in commento:
<L’intero d.lgs. n. 74 del 2000 codifica condotte ciascuna potenzialmente idonea a ledere, da angolazioni diverse, il medesimo ed unico bene giuridico, individuato, come detto, nel dovere di concorrere alle spese pubbliche Attraverso l’incriminazione della condotta da esso prevista il legislatore ha inteso evitare che il contribuente si sottragga al suo dovere di concorrere alle spese pubbliche creando una situazione di apparenza tale da consentirgli di rimanere nel possesso dei propri beni fraudolentemente sottratti alle ragioni dell’Erario (cfr., sul punto, Sez. 3, n. 36290 del 18/05/2011, Cualbu, Rv. 251077).
Per il concetto di “alienazione simulata” non è necessario ricorrere all’armamentario definitorio previsto dall’art. 1, comma 1, lett. g-bis, d.lgs. n. 74 del 2000, introdotto successivamente all’art. 11, stesso decreto. E’ sufficiente attingere alle comuni definizioni civilistiche, preesistenti alla norma in questione, secondo le quali la simulazione è finalizzata a creare una situazione giuridica apparente diversa da quella reale. Sicché, l’alienazione è simulata quando il programma contrattuale non corrisponde deliberatamente in tutto (simulazione assoluta) o in parte (simulazione relativa) alla effettiva volontà dei contraenti. V’è piuttosto da dire che nell’ambito della alienazione simulata rientra anche quella a titolo gratuito, non ponendo la norma limiti definitori al titolo (oneroso o meno) della “alienazione” e non essendovi motivo alcuno per escludere la donazione dall’ambito di applicabilità della norma. In ossequio al principio di stretta legalità e tassatività della fattispecie penale, deve però trattarsi di alienazione “simulata”.
Ove il trasferimento sia effettivo la relativa condotta non può essere considerata alla stregua di un atto simulato ma deve essere valutata esclusivamente quale possibile atto fraudolento, dovendosi intendere per tale l’atto idoneo a rappresentare una realtà non corrispondente al vero e a mettere a repentaglio o comunque ostacolare l’azione di recupero del bene da parte dell’Erario (Sez. 3, n. 3011 del 05/07/2016, Rv. 268798). Come spiegato in motivazione, «in conformità alla “ratio” della norma, per “atto fraudolento” deve intendersi qualsiasi atto che, non diversamente dalla alienazione simulata, sia idoneo a rappresentare ai terzi una realtà (la riduzione del patrimonio del debitore) non corrispondente al vero, mettendo a repentaglio o comunque rendendo più difficoltosa l’azione di recupero del bene in tal modo sottratto alle ragioni dell’Erario. La fraudolenza deve qualificare l’atto sul piano oggettivo, senza che sia necessario attingere a fatti o comportamenti ad esso estrinseci per escluderne la natura. Inoltre, poiché la fraudolenza qualifica l’atto sul piano oggettivo, essa preesiste al dolo specifico dell’azione e non ne può essere contaminato a fini qualificatori; il fine di sottrazione qualifica il dolo specifico non la natura fraudolenta dell’atto mediante il quale l’agente persegue lo scopo, sicché non è corretto qualificare la natura fraudolenta dell’atto in considerazione (e a causa) dello scopo perseguito dal suo autore. I piani devono rimanere distinti se si vuole evitare che il disvalore dall’azione si tramuti in disvalore della volontà e, soprattutto, se si vuole evitare l’allargamento della fattispecie a condotte non tipiche.
E’ piuttosto importante precisare (e ribadire) in questa sede che oggetto di immediata tutela dell’incriminazione della condotta non è il patrimonio in sé del contribuente, che costituisce garanzia (generica) del debito erariale contratto (art. 2740 cod. civ.), quanto, piuttosto, la necessità di preservare la riscossione del credito erariale da qualsiasi attività volta a depauperare in modo fraudolento tale garanzia così da ostacolare l’attività di riscossione coattiva del credito.
L’interpretazione della norma non dà adito a dubbi posto che la natura simulata ovvero fraudolenta, rispettivamente della vendita o dell’atto, qualifica l’azione sotto il profilo della sua offensività. Occorre, cioè, che per effetto della condotta si determini una situazione tale per la quale il bene simulatamente alienato o in relazione al quale sono stati compiuti atti fraudolenti appaia all’Erario effettivamente uscito dal patrimonio del debitore sì da rendere impossibile o comunque più difficile il recupero. Non rilevano, dunque, i fisiologici atti di disposizione del proprio patrimonio che il contribuente può liberamente compiere (si veda, sul punto, Sez. 3, n. 25677 del 2012, citata dai ricorrenti e di cui oltre sì dirà); rileva la disposizione fraudolenta, quella cioè oggettivamente idonea a ingannare il terzo sulla reale consistenza del patrimonio stesso>.
La norma incriminatrice:
Art. 11 D.lgs. 74/2000 – Sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte
E’ punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto ovvero di interessi o sanzioni amministrative relativi a dette imposte di ammontare complessivo superiore ad euro cinquantamila, aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti sui propri o su altrui beni idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva. Se l’ammontare delle imposte, sanzioni ed interessi è superiore ad euro duecentomila si applica la reclusione da un anno a sei anni.
E’ punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, al fine di ottenere per sé o per altri un pagamento parziale dei tributi e relativi accessori, indica nella documentazione presentata ai fini della procedura di transazione fiscale elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi fittizi per un ammontare complessivo superiore ad euro cinquantamila. Se l’ammontare di cui al periodo precedente è superiore ad euro duecentomila si applica la reclusione da un anno a sei anni.
Quadro giurisprudenziale di riferimento:
Cassazione penale sez. III, 20/11/2019, n.5711
Il profitto, confiscabile anche per equivalente, del delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, va individuato nel valore dei beni idonei a fungere da garanzia nei confronti dell’Amministrazione finanziaria che agisce per il recupero delle somme evase, con la conseguenza che lo stesso non è configurabile, e non è quindi possibile disporre o mantenere il sequestro funzionale all’ablazione, in caso di annullamento della cartella esattoriale da parte della commissione tributaria, con sentenza anche non definitiva, e di correlato provvedimento di “sgravio” da parte dell’Amministrazione finanziaria.
Cassazione penale sez. III, 12/03/2019, n.42569
Il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, previsto dall’art. 11 d.lgs. 10 marzo 2000, n.74, è configurabile anche quando l’attività fraudolenta, finalizzata a sottrarre al pagamento debiti tributari relativi alle imposte sui redditi o sul valore aggiunto ovvero ad interessi o sanzioni relativi a dette imposte, consiste nel trasferimento all’estero di fondi e, pertanto, nel loro occultamento all’azione di accertamento svolta dagli organi dell’amministrazione fiscale.
Cassazione penale sez. III, 24/05/2018, n.46975
Il delitto previsto dall’art. 11 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, è reato di pericolo, integrato dal compimento di atti simulati o fraudolenti volti a occultare i propri o altrui beni, idonei – secondo un giudizio “ex ante” che valuti la sufficienza della consistenza patrimoniale del contribuente rispetto alla pretesa dell’Erario – a pregiudicare l’attività recuperatoria dell’amministrazione finanziaria. (Fattispecie di aumento del capitale sociale effettuato per consentire ad una società di acquistare l’unico cespite immobiliare di proprietà del contribuente in modo da far apparire, contrariamente al vero, che i beni del contribuente non potessero formare oggetto di soddisfazione della pretesa creditoria).
Cassazione penale sez. III, 08/05/2018, n.41704
Il conferimento nel fondo patrimoniale della nuda proprietà di due immobili può concretizzare il reato ex art. 11 d.lgs. 74/2000. La disposizionde citata sanziona chiunque, al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ovvero interessi o sanzioni amministrative relativi a dette imposte, per un ammontare superiore a 50mila euro, aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti sui propri o altrui beni, idonei a rendere inefficace la procedura di riscossione coattiva.
Cassazione penale sez. III, 02/03/2018, n.29636
Nella nozione di ‘atti fraudolenti’, rilevante ai fini della configurabilità del delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, rientrano tutti quei comportamenti, anche se formalmente leciti, che siano connotati da elementi di inganno o di artificio dovendosi cioè ravvisare l’esistenza di uno stratagemma tendente a sottrarre le garanzie patrimoniali all’esecuzione.
Cassazione penale sez. III, 04/12/2017, n.32504
In tema di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, è configurabile il reato di cui all’art. 11 del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, anche nel caso di trasferimento a titolo gratuito di beni immobili o mobili registrati, suscettibili di espropriazione presso terzi ai sensi dell’art. 2929-bis cod. civ., in quanto tale trasferimento rende più difficoltosa l’azione recuperatoria, potendo il terzo contestare la sussistenza dei presupposti di applicazione della suddetta disposizione civilistica.
Cassazione penale sez. III, 27/09/2017, n.232
In tema di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, anche una singola operazione di scissione societaria può essere idonea, se valutata in relazione non soltanto al momento in cui l’atto di scissione viene posto in essere, ma anche in relazione alle vicende successive alla scisssione, a costituire quell’atto negoziale fraudolento e/o simulato idoneo ad integrare il reato in questione.
Cassazione penale sez. III, 05/07/2016, n.3011
Ai fini della integrazione del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, l’alienazione è “simulata”, ossia finalizzata a creare una situazione giuridica apparente diversa da quella reale, allorquando il programma contrattuale non corrisponde deliberatamente in tutto (simulazione assoluta) o in parte (simulazione relativa) alla effettiva volontà dei contraenti; con la conseguenza che ove invece il trasferimento del bene sia effettivo, la relativa condotta non può essere considerata alla stregua di un atto simulato, ma deve essere valutata esclusivamente quale possibile “atto fraudolento”, idoneo a rappresentare una realtà non corrispondente al vero e a mettere a repentaglio o comunque ostacolare l’azione di recupero del bene da parte dell’Erario.
Cassazione penale sez. III, 19/11/2015, n.9154
Ai fini della integrazione del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, la costituzione di un fondo patrimoniale non esonera dalla necessità di dimostrare, sia sotto il profilo dell’attitudine della condotta che della sussistenza del dolo specifico di frode, che la creazione del patrimonio separato sia idonea a pregiudicare l’esecuzione coattiva e strumentale allo scopo di evitare il pagamento del debito tributario; con la conseguenza che il giudice, ove la difesa prospetti l’esistenza di beni non inclusi nel fondo e di un valore tale da costituire adeguata garanzia, deve motivare sul perchè la segregazione patrimoniale rappresenta, nel caso di specie, uno strumento idoneo a rendere più difficoltoso il recupero del credito erariale.
Cassazione penale sez. III, 16/05/2012, n.25677
Non integra il delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte colui che, pur nella pendenza della procedura esattoriale, si limiti a disporre dei propri beni prelevando integralmente dal conto corrente bancario le somme in precedenza ivi depositate.
Cassazione penale sez. III, 18/05/2011, n.36290
L’oggetto giuridico del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte non è il diritto di credito del fisco, bensì la garanzia generica data dai beni dell’obbligato, potendo quindi il reato configurarsi anche qualora, dopo il compimento degli atti fraudolenti, avvenga comunque il pagamento dell’imposta e dei relativi accessori.
Cassazione penale sez. III, 09/02/2011, n.19595
Integra la condotta, rilevante come sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte dovute da società, la messa in atto, da parte degli amministratori, di più operazioni di cessioni di aziende e di scissioni societarie simulate finalizzate a conferire ai nuovi soggetti societari immobili, dal momento che nella fattispecie criminosa indicata rientra qualsiasi stratagemma artificioso del contribuente tendente a sottrarre, in tutto o in parte, le garanzie patrimoniali alla riscossione coattiva del debito tributario.
By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA