Possono rispondere di bancarotta semplice documentale e non di quella fraudolenta contestata i componenti del CDA se risultano estranei alla gestione dell’attività di impresa perché meri operai impiegati nell’attività lavorativa

Si segnala ai lettori del blog la sentenza 21796.2020, depositata il 21 luglio 2020, resa dalla I Sezione penale della Corte di Cassazione, con la quale il Collegio del diritto, scrutinando una fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale, enuncia il principio di diritto secondo il quale il dipendente inserito nel CDA della società, privo di potere gestorio della persona giuridica, può essere punito a titolo di bancarotta semplice, anziché di bancarotta fraudolenta documentale, essendo ravvisabili nel suo operato profili di colpa e non di dolo specifico richiesto dalla norma incriminatrice.

Il reato contestato, il giudizio di merito e di rinvio

Nel caso di specie agli imputati, nella qualità di amministratori della società dichiarata fallita, era contestato il concorso nel delitto di bancarotta fraudolenta documentale, per sottrazione, distruzione o occultamento delle scritture contabili.

La Corte di appello di Milano riformava parzialmente, in punto di determinazione del trattamento sanzionatorio, la sentenza di condanna resa dal GUP del locale Tribunale ad esito del giudizio abbreviato nei confronti dei prevenuti.

La Corte di Cassazione, alla quale avevano fatto ricorso i giudicabili, annullava la sentenza impugnata con rinvio per un nuovo esame ad altra sezione della Corte territoriale, in ragione del vizio di motivazione della decisione di secondo grado in punto di configurazione del dolo specifico proprio del delitto ascritto agli imputati.

La Corte di appello milanese, in sede di giudizio di rinvio, confermava la precedente affermazione di responsabilità penale degli imputati a titolo di bancarotta fraudolenta documentale, per aver omesso ogni controllo sulle scritture contabili.

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

I difensori dei giudicabili proponevano separatamente ricorso per cassazione avverso la sentenza emessa dalla Corte territoriale in sede di rinvio, articolando plurimi motivi di impugnazione.

In particolare, veniva dedotto nuovamente il vizio di motivazione in ordine alla riconoscimento della sussistenza dell’elemento psicologico del dolo specifico in capo agli imputati, i quali, in ragione della sola attività lavorativa nei cantieri edili prestata a favore della società e della relativa estraneità alla gestione e tenuta della contabilità, tutt’al più potevano essere chiamati a rispondere a titolo di bancarotta semplice documentale.

I Giudici di legittimità, annullando senza rinvio la sentenza impugnata con la formula perché il fatto non costituisce reato, enunciano il principio di diritto secondo cui può risponde della sola bancarotta semplice documentale l’amministratore della società se si dimostra la estraneità alla gestione della stessa – riconducibile ad altri – anche se abbia omesso (con colpa) di esercitare il controllo sulla tenuta dei documenti contabili, in ragione della posizione di garanzia comunque rivestita.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla parte motiva della pronuncia in commento:

<In primo luogo, l’avere riconosciuto l’assunzione solo formale della carica di componente del consiglio di amministrazione da parte dei due imputati, in realtà occupatisi di svolgere attività esecutiva di lavorazioni nei cantieri edili gestiti dalla società, costituisce circostanza che è stata loro addebitata in relazione all’omesso controllo sull’operato dell’altro socio, impegnatosi in concreto della gestione.

Ma in tal modo il giudice di rinvio ha finito per ravvisare nella condotta omissiva e non attiva, non già il necessario dolo specifico, quanto profili di colpa, rappresentati dalla scarsa esperienza nell’attività di amministrazione e nell’affidamento ad altro soggetto per l’espletamento degli adempimenti contabili.

Ha quindi fatto riferimento ad orientamenti interpretativi della giurisprudenza di legittimità,non pertinenti al caso, perché riguardanti la diversa situazione del prestanome, che occulti la presenza e l’operato del vero imprenditore o amministratore, mentre, nel caso specifico, al di fuori di un meccanismo di interposizione fittizia, gli imputati secondo la stessa sentenza erano carpentieri, che avevano assegnato al coamministratore i compiti gestionali e contabili.

La sentenza non pare nemmeno consapevole degli orientamenti interpretativi, rinvenibili nella giurisprudenza di questa Corte, per i quali risponde del reato di bancarotta semplice (art. 217 L. fall.), non già di bancarotta fraudolenta documentale, l’amministratore che, sebbene estraneo alla gestione dell’azienda, riconducibile ad altri, abbia omesso, anche per colpa, di esercitare il controllo sulla regolare tenuta dei libri e delle scritture contabili, poiché l’accettazione della carica di amministratore, anche quando si tratti di mero prestanome, comporta l’assunzione dei doveri di vigilanza e di controllo di cui all’art. 2392 cod. civ. (sez. 5, n. 31885 del 23/06/2009, Mazzara e altro, rv. 244497; sez. 5, n. 4791 del 29/10/2015, dep. 2016, Lamanda, rv. 2658029), principi riferiti anche alla posizione del componente del consiglio di amministrazione di una società di capitali che si sia disinteressato della gestione ed abbia omesso ogni controllo sulla regolare tenuta e conservazione dei libri e delle scritture contabili. Ciò nonostante, la considerazione del caso specifico in riferimento a tale linea esegetica non può condurre alla derubricazione dell’addebito, pur sollecitato dalle difese, posto che il fatto contestato attiene, non già alle modalità di tenuta irregolari ed infedeli delle scritture contabili, quanto alla loro sottrazione, distruzione o occultamento, ossia a condotte deliberate di impedito reperimento ed acquisizione da parte degli organi della procedura fallimentare, non punibili a titolo di mera colpa, secondo quanto già riscontrato in termini vincolanti anche nella sentenza rescindente>.

 

Quadro giurisprudenziale di riferimento:

Cassazione penale sez. V, 07/11/2019, n.18320

Integra il reato di bancarotta documentale fraudolenta, e non di quello di bancarotta semplice, l’omessa tenuta della contabilità interna quando lo scopo dell’omissione è quello di recare pregiudizio ai creditori, impedendo la ricostruzione dei fatti gestionali. (Fattispecie relativa all’occultamento ed omessa consegna della documentazione contabile da parte di un soggetto che aveva assunto la gestione di fatto della società dopo aver dismesso la carica formale di amministratore).

 

Cassazione penale sez. V, 22/02/2019, n.26613

È configurabile il reato di bancarotta semplice e non quello di bancarotta fraudolenta in capo all’amministratore della società se le omissioni nelle scritture contabili riguardano periodi limitati e potrebbero essere solo il risultato di trascuratezza e non della volontà di rendere non ricostruibile il patrimonio e il movimento di affari. Inoltre, senza la prova della coscienza del danno ai creditori e delle conseguenze della condotta non può ipotizzarsi la fattispecie più grave della bancarotta fraudolenta. Ad affermarlo è la Cassazione accogliendo il ricorso dell’amministratrice e legale rappresentante di una Srl, condannata in appello per bancarotta fraudolenta documentale, per non aver consentito di ricostruire il patrimonio e il movimento di affari, compilando li libro assemblee senza rispettare l’ordine cronologico, aggiornando il libro bilancio solo parzialmente e il libro giornale in maniera confusa.

 

Cassazione penale sez. V, 19/10/2018, n.53210

La bancarotta semplice documentale è punibile anche a titolo di colpa, a ciò non ostando il tenore dell’art. 42 cod. pen., che esige la previsione espressa della punibilità di un delitto a titolo di colpa, in quanto la nozione di ‘previsione espressa’ non equivale a quella di ‘previsione esplicita’ e, nel caso della bancarotta semplice documentale, la previsione implicita è desumibile dalla definizione come dolosa della bancarotta fraudolenta documentale.

 

Cassazione penale sez. V, 02/10/2018, n.2900

La bancarotta semplice e quella fraudolenta documentale si distinguono in relazione al diverso atteggiarsi dell’elemento soggettivo, che, ai fini dell’integrazione della bancarotta semplice ex art. 217, comma 2, l. fall., può essere indifferentemente costituito dal dolo o dalla colpa, ravvisabili quando l’agente ometta, con coscienza e volontà o per semplice negligenza, di tenere le scritture contabili, mentre per la bancarotta fraudolenta documentale, ex art. 216, comma 1, n. 2), l. fall., l’elemento psicologico deve essere individuato esclusivamente nel dolo generico, costituito dalla coscienza e volontà dell’irregolare tenuta delle scritture, con la consapevolezza che ciò renda impossibile la ricostruzione delle vicende del patrimonio dell’imprenditore.

 

Cassazione penale sez. V, 28/05/2018, n.39009

Il reato di bancarotta semplice documentale è punibile, indifferentemente, a titolo di dolo e a titolo di colpa (ivi compresa quella definibile come lieve o lievissima), da ritenersi, la seconda, configurabile anche sotto il profilo della violazione del dovere di diligenza cui è tenuto, per gli aspetti organizzativi di natura tanto tecnica quanto amministrativa, colui che pretenda di esercitare professionalmente un’attività che sia di impresa, o ad essa equiparabile come (nel caso di specie) l’attività di liquidazione.

 

Cassazione penale sez. V, 29/10/2015, n.4791

Integra il reato di bancarotta semplice (art. 217 l. fall.) la condotta del consigliere di amministrazione di società di capitali che abbia omesso, anche per colpa, di esercitare il controllo sulla regolare tenuta dei libri e delle scritture contabili, essendo irrilevante che sia stato in carica per un breve periodo, che non abbia avuto deleghe operative e che la società fosse dotata di collegio sindacale, in quanto l’accettazione della carica di consigliere di amministrazione comporta comunque l’assunzione dei doveri di vigilanza e di controllo di cui all’art. 2932 c.c..

 

Cassazione penale sez. V, 23/06/2009, n.31885

Integra il reato di bancarotta semplice (art. 217 l. fall.) l’amministratore che, ancorché estraneo alla gestione dell’azienda – esclusivamente riconducibile all’amministratore di fatto – abbia omesso, anche per colpa, di esercitare il controllo sulla regolare tenuta dei libri e delle scritture contabili, poiché l’accettazione della carica di amministratore, anche quando si tratti di mero prestanome, comporta l’assunzione dei doveri di vigilanza e di controllo di cui all’art. 2392 c.c.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA