Bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione: integra condotta distrattiva la conclusione di un contratto di sale and lease back con pagamento parziale del prezzo mediante compensazione di un debito inesistente se ciò produce un effetto depauperativo sul patrimonio della fallita

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 12748.2020, resa dalla V Sezione penale della Corte di Cassazione, con la quale il Collegio del diritto, esprimendosi in merito ad un caso di bancarotta fraudolenta per distrazione realizzata mediante un’operazione di conclusione di un contratto di sale and lease back enuncia il principio di diritto secondo il quale, una volta intervenuta la sentenza dichiarativa di fallimento, i fatti pregiudizievoli per i creditori assumono rilievo in qualsiasi momento siano stati posti in essere e qualsiasi negozio traslativo può tradursi in una distrazione o dissipazione, sia nel caso in cui non si verifichino incrementi patrimoniali o economici a favore del disponente, sia laddove l’operazione sia stata finalizzata a trasferire i beni ad altro soggetto, in previsione del fallimento.

Il reato contestato e il doppio giudizio di merito

Nel caso di specie all’imputato, nella qualità di socio e membro del CDA della società dichiarata fallita, erano contestati i delitti di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione e documentale.

La Corte di appello di Perugia riformava parzialmente la sentenza con la quale il GUP del Tribunale in sede aveva condannato il prevenuto per i reati ascrittigli.

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

La difesa del giudicabile proponeva ricorso per cassazione avverso la pronuncia della Corte territoriale, articolando tre motivi di gravame.

In particolare, il ricorrente deduceva il travisamento della prova in merito alla ricostruzione dell’operazione di sale and lease back posta in essere.

I Giudici di legittimità, nell’annullare con rinvio la sentenza impugnata limitatamente alle pene accessorie e nel rigettare il ricorso per il resto, hanno dato continuità  ai noti  principi di diritto sedimentati sul tema dei negozi giuridici ed operazioni societarie posti in essere in danno del ceto creditorio e come tali integranti condotte distrattive o dissipative.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla parte motiva della sentenza in commento:

<Le conformi sentenze di merito hanno ricostruito l’operazione sottesa alla stipula del contratto di sale and lease back, regolata – quanto al pagamento parziale del prezzo dovuto da A all’alienante B, attraverso l’imputazione di parte del corrispettivo ai canoni dovuti dalla terza società C, concessionaria del bene immobile dato in leasing dall’acquirente, medíante “compensazione” di un debito gravante sull’alienante in favore di C, utilizzatrice del bene alienato.

E ne hanno tratto la conclusione per cui l’inesistenza di una reale obbligazione sottostante, giustificativa della indicata compensazione, abbia determinato un effetto depressivo in danno della fallita, finendo la stessa per rinunciare ad una parte del prezzo della vendita immobiliare esonerando, nel contempo, la utilizzatrice dei beni – collegata alla fallita – dall’effettivo pagamento dei relativi canoni.

Siffatta ricostruzione della complessiva operazione resiste alle critiche formulate nel ricorso, che pretende di ricondurre la “compensazione” all’adempimento di una clausola contrattuale, omettendo di confrontarsi con il profilo di essenziale gratuità della correlativa rinuncia a parte del prezzo che, in quanto tale, assume funzione propriamente dissipativa. La sentenza impugnata ha, difatti, rimarcato l’inesistenza del debito che l’operazione (rectius: l’imputazione di parte del prezzo della vendita alla regolamentazione di rapporti tra l’alienante del bene e la società utilizzatrice) avrebbe dovuto estinguere, come risultato dagli accertamenti svolti dalla Guardia di Finanza sulla contabilità delle due società B e C coinvolte, non contrastati da specifiche deduzioni di travisamento.

Ed invero, al di là della qualificazione di siffatta imputazione come compensazione, in luogo della cessione di credito che avrebbe dovuto, invece, correttamente C operare in favore di A, laddove effettivamente creditrice di B, nondimeno l’assenza del titolo sottostante priva l’operazione di giustificazione causale, risolvendosi nella rinuncia a parte del corrispettivo della vendita, dovuto a B, con conseguente effetto di liberalità nei confronti di C, esonerata dal pagamento dei canoni. L’identità soggettiva delle parti della asserita compensazione rende, peraltro, il senso concreto dell’operazione che ha, da un lato, determinato il depauperamento di B proprio in concomitanza con una consistente perdita patrimoniale e, dall’altra, beneficiato C — riconducibile al medesimo imputato — attraverso un sostanziale accollo dei canoni, avente natura chiaramente dissipativa per la fallita.

Invero, qualunque negozio traslativo (V. da ultimo Sez. 5, n.34464 del 14/05/2018, in tema di cessione di ramo d’azienda; Sez. 5, n.16748 del 13/02/2018, Morelli, Rv. 272841 in materia di affitto di beni aziendali) e qualunque operazione societaria (V. Sez. 5, n. 1984 del 2019, non massimata; Sez. 5, n.20370 del 10/04/2015, Piscedda, Rv. 264078 in materia di scissione) può assumere valenza distrattiva o dissipativa, e ciò tanto nel caso in cui non si configurino correlativi incrementi patrimoniali o economici in favore della disponente (Sez. 5, n. 44891 del 9 ottobre 2008, P.M. in proc. Quattrocchi, Rv. 241830), quanto in quello in cui l’operazione stessa avvenga al preciso scopo di trasferire la disponibilità dei beni societari ad altro soggetto giuridico in previsione del fallimento (Sez. 5, n. 46508 del 27 novembre 2008, Scirè e altri, Rv. 242614; Sez. 5, n. 3302 del 28 gennaio 1998, Martinel, Rv. 209947; Sez. 5, n. 11207 del 29 ottobre 1993, Locatelli ed altri, Rv. 196456).

Donde l’infondatezza delle proposte censure che, incentrate sul solo tenore testuale dell’atto pubblico di sale and lease back e postulandone il correlativo adempimento, non si confrontano con il complessivo significato economico dell’operazione e con l’effetto depressivo prodotto sulla fallita, in linea con il principio per cui una volta intervenuta la sentenza dichiarativa di fallimento, i fatti pregiudizievoli delle ragioni dei creditori assumono rilievo in qualsiasi momento siano stati posti in essere, quando ne abbiano messo in pericolo la soddisfazione (Sez. U., n. 22474 del 31/03/2016, Passarelli, Rv. 266804)>.

Quadro giurisprudenziale di riferimento:

Cassazione penale sez. V, 14/05/2018, n.34464

Integra il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale la cessione di un ramo di azienda senza corrispettivo o con corrispettivo inferiore al valore reale; nè assume rilievo, al riguardo, il dettato dell’art. 2560, comma 2, cod. civ. in ordine alla responsabilità dell’acquirente rispetto ai pregressi debiti dell’azienda, costituendo tale garanzia un “post factum” della già consumata distrazione.

 

Cassazione penale sez. V, 13/02/2018, n.16748

Integra il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione il contratto di affitto d’azienda stipulato in previsione del fallimento allo scopo di trasferire la disponibilità di tutti o dei principali beni aziendali ad altro soggetto giuridico. (Fattispecie in cui l’imputato risultava coinvolto nella gestione della società fallita e di quella affittuaria ed in cui l’affitto d’azienda aveva determinato la sostanziale inattività della società in decozione).

 

Cassazione penale sez. un., 31/03/2016, n.22474

Ai fini della sussistenza del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale non è necessaria l’esistenza di un nesso causale tra i fatti di distrazione ed il successivo fallimento, essendo sufficiente che l’agente abbia cagionato il depauperamento dell’impresa, destinandone le risorse ad impieghi estranei alla sua attività. (In motivazione, la Corte ha precisato che i fatti di distrazione, una volta intervenuta la dichiarazione di fallimento, assumono rilievo in qualsiasi momento siano stati commessi e, quindi, anche se la condotta si è realizzata quando ancora l’impresa non versava in condizioni di insolvenza).

 

Cassazione penale sez. V, 10/04/2015, n.20370

Integra il fumus del reato di bancarotta per distrazione l’operazione di scissione di una società, successivamente dichiarata fallita, a favore di altra società alla quale siano conferiti beni di rilevante valore, qualora tale operazione – astrattamente lecita – sulla base di una valutazione in concreto che tenga conto della effettiva situazione debitoria in cui operi la società poi fallita al momento della scissione, nonché di ulteriori operazioni poste in essere a danno della società poi fallita, si riveli volutamente depauperatoria del patrimonio aziendale e pregiudizievole per i creditori nella prospettiva della procedura concorsuale, non essendo le tutele previste dagli artt. 2506 ss. c.c. di per sé idonee ad escludere ogni danno o pericolo per le ragioni creditorie. (Fattispecie in cui la società, poi fallita al momento della scissione era stata oggetto di una verifica tributaria, si trovava in stato di insolvenza ed a suo danno erano state effettuate ulteriori operazioni depauperatorie, quali l’affitto di azienda a favore di una terza società per una somma insignificante, mentre la società beneficiaria era ascrivibile ai congiunti dell’amministratore della società poi fallita).

 

Cassazione penale sez. V, 09/10/2008, n.44891

Il distacco del bene dal patrimonio dell’imprenditore poi fallito (con conseguente depauperamento in danno dei creditori), in cui si concreta l’elemento oggettivo del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, può realizzarsi in qualsiasi forma e con qualsiasi modalità, non avendo incidenza su di esso la natura dell’atto negoziale con cui tale distacco si compie, né la possibilità di recupero del bene attraverso l’esperimento delle azioni apprestate a favore della curatela. Ne consegue che costituisce condotta idonea ad integrare un fatto distrattivo riconducibile all’area d’operatività dell’art. 216, comma 1, n. 1, l. fall., l’affitto dei beni aziendali per un canone incongruo (nella specie, peraltro, il complesso dei beni affittati esauriva il compendio aziendale dell’impresa, per cui n’era derivata l’impossibilità per l’impresa stessa di proseguire nella propria attività economica).

 

Cassazione penale sez. V, 27/11/2008, n.46508

In tema di reati fallimentari, integra gli estremi del delitto di bancarotta per distrazione il contratto di locazione dell’azienda stipulato in previsione del fallimento ed allo scopo di trasferire la disponibilità di tutti o dei principali beni aziendali ad altro soggetto giuridico.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA