Omesso versamento di ritenute dovute o certificate: la Suprema Corte fa il punto sull’incidenza della crisi di liquidità sulla punibilità del contribuente

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 21158.2020, resa dalla III Sezione penale della Corte di Cassazione, con la quale il Collegio del diritto, esprimendosi in merito ad un caso di omesso versamento di ritenute certificate, conferma il rigoroso orientamento di legittimità secondo il quale la crisi di liquidità dell’impresa assurge a causa di esclusione della colpevolezza laddove il contribuente dimostri la non imputabilità della crisi al proprio operato e l’impossibilità di fronteggiarla tramite azioni, anche sfavorevoli per il patrimonio personale, volte a reperire le risorse necessarie ad adempiere alle obbligazioni tributarie.

 

Il reato contestato e la doppia conforme di merito

Nel caso di specie all’imputato era contestato il delitto di omesso versamento delle ritenute dovute o certificate ex art. 10 bis D.lgs. 74/2000.

La Corte di appello di Trieste confermava la sentenza di condanna di primo grado.

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

La difesa del prevenuto proponeva ricorso per cassazione avverso la decisione resa dalla Corte territoriale, articolando due motivi di impugnazione.

In particolare, il ricorrente deduceva il vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento della esimente della causa di forza maggiore determinata dalla impossibilità ad adempiere per carenza di liquidità.

La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso perché fondato su argomentazioni contrarie alla corrente interpretazione giurisprudenziale sui presupposti della causa di non punibilità che impone alla difesa del giudicabile di fornire prova rigorosa della esimente, non ricorrente nel caso oggetto di scrutinio.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dal compendio motivazionale della pronuncia in commento:

<Sviluppando e riprendendo il tema della “crisi di liquidità” di impresa quale fattore in grado di escludere la colpevolezza, è necessario che siano assolti, sul punto, precisi oneri di allegazione che devono investire non solo l’aspetto della non imputabilità al contribuente della crisi economica che improvvisamente avrebbe investito l’azienda, ma anche la circostanza che detta crisi non potesse essere adeguatamente fronteggiata tramite il ricorso ad idonee misure da valutarsi in concreto.

Occorre cioè la prova che non sia stato altrimenti possibile per il contribuente reperire le risorse economiche e finanziarie necessarie a consentirgli il corretto e puntuale adempimento delle obbligazioni tributarie, pur avendo posto in essere tutte le possibili azioni, anche sfavorevoli per il suo patrimonio personale, dirette a consentirgli di recuperare, in presenza di un’improvvisa crisi di liquidità, quelle somme necessarie ad assolvere il debito erariale, senza esservi riuscito per cause indipendenti dalla sua volontà e ad egli non imputabili (Sez.. 3, 9 ottobre 2013, n. 5905/2014; Sez. 3, n. 15416 del 08/01/2014, Tonti Sauro; Sez. 3, n. 5467 del 05/12/2013, Mercutello, Rv. 258055).

Occorre però sgombrare definitivamente il campo da un equivoco di fondo che rischia di alterare la corretta impostazione dogmatica del problema: per la sussistenza del reato in questione non è richiesto il fine di evasione, tantomeno l’intima adesione del soggetto alla volontà di violare il precetto.

Il dolo del reato in questione è integrato, dunque, dalla condotta omissiva posta in essere nella consapevolezza della sua illiceità, non richiedendo la norma, quale ulteriore requisito, un atteggiamento antidoveroso di volontario contrasto con il precetto violato.

Costituisce corollario di queste affermazioni il fatto che nei reati omissivi integra la causa di forza maggiore l’assoluta impossibilità, non la semplice difficoltà di porre in essere il comportamento omesso (Sez. 6, n. 10116 del 23/03/1990, Iannone, rv. 184856), che deve sussistere al momento della consumazione del reato (che si perfeziona con la inutile scadenza del termine), non un attimo prima, né un attimo dopo.

Ne consegue che: a) il margine di scelta esclude sempre la forza maggiore perché non esclude la suitas della condotta; b) la mancanza di provvista necessaria all’adempimento dell’obbligazione tributaria penalmente rilevante non può pertanto essere addotta a sostegno della forza maggiore quando sia comunque il frutto di una scelta/politica imprenditoriale volta a fronteggiare una crisi di liquidità; c) non si può invocare la forza maggiore quando l’inadempimento penalmente sanzionato sia stato con-causato dal mancato pagamento alla singole scadenze mensili e dunque da una situazione di illegittimità; d) l’inadempimento tributario penalmente rilevante può essere attribuito a forza maggiore solo quando derivi da fatti non imputabili all’imprenditore che non ha potuto tempestivamente porvi rimedio per cause indipendenti dalla sua volontà e che sfuggono al suo dominio finalistico>.

La norma incriminatrice:

Art. 10 bis D.lgs. 74/2000 – Omesso versamento di ritenute dovute o certificate

È punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta ritenute dovute sulla base della stessa dichiarazione o risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a centocinquantamila euro per ciascun periodo d’imposta.

 

Quadro giurisprudenziale di riferimento in tema di reati tributari omissivi:

Cassazione penale sez. III, 20/06/2019, n.38482

In tema di omesso versamento i.v.a., l’inadempimento della obbligazione tributaria può essere attribuito a forza maggiore solo quando derivi da fatti non imputabili all’imprenditore a cui egli non abbia potuto tempestivamente porvi rimedio per cause indipendenti dalla sua volontà e che sfuggono al suo dominio finalistico. Quindi, se l’omesso versamento è dovuto ad una libera scelta imprenditoriale, non può essere invocata la forza maggiore per escludere la sussistenza del dolo. (Fattispecie in cui l’imputato ha utilizzato il flusso finanziario derivante da una vendita sottocosto di un cespite immobiliare per far fronte alle spese correnti, invece che accantonarlo per il successivo versamento dell’imposta).

 

Cassazione penale sez. III, 13/11/2018, n.12906

Il reato di omesso versamento dell’Iva è integrato dalla scelta consapevole di omettere i versamenti dovuti, non rilevando la circostanza che la società attraversi una fase di criticità e destini risorse finanziarie per far fronte al pagamento di debiti ritenuti più urgenti, elemento che rientra nell’ordinario rischio d’impresa e che non può certamente comportare l’inadempimento dell’obbligazione contratta con l’erario. Tale elemento può rilevare come causa di forza maggiore di cui all’ , solo se siano assolti gli oneri di allegazione idonei a dimostrare non solo l’asserita crisi di liquidità, ma anche che detta crisi non sarebbe stata fronteggiabile tramite il ricorso ad apposite procedure da valutarsi in concreto, non ultimo il ricorso al credito bancario. L’imprenditore, quindi, deve provare, di aver posto in essere, senza successo per causa a lui non imputabile, tutte le misure (anche sfavorevoli per il proprio patrimonio personale) idonee a reperire la liquidità necessaria per adempiere il proprio debito fiscale (nella specie, l’imprenditore imputato si era limitato ad asserire l’esistenza di una pregressa crisi di impresa, senza allegare elementi idonei a dimostrare l’entità della crisi, le incolpevoli cause della stessa e l’impossibilità di superarla tramite il ricorso a idonei strumenti da valutarsi in concreto).

 

Cassazione penale sez. III, 06/03/2018, n.19671

Nei reati omissivi integra causa di forza maggiore l’assoluta impossibilità, non la semplice difficoltà di porre in essere il comportamento omesso. Sì che: a) il margine di scelta esclude sempre la forza maggiore perché non esclude la suitas della condotta; b) la mancanza di provvista necessaria all’adempimento dell’obbligazione tributaria penalmente rilevante non può pertanto essere addotta a sostegno della forza maggiore quando sia comunque il frutto di una scelta politica imprenditoriale volta a fronteggiare una crisi di liquidità; c) non si può invocare la forza maggiore quando l’inadempimento penalmente sanzionato sia stato con-causato dai mancati accantonamenti e dal mancato pagamento alla singole scadenze mensili e dunque da una situazione di illegittimità; d) l’inadempimento tributario penalmente rilevante può essere attribuito a forza maggiore solo quando derivi da fatti non imputabili all’imprenditore che non ha potuto tempestivamente porvi rimedio per cause indipendenti dalla sua volontà e che sfuggono al suo dominio finalistico. Alla stregua dei rilievi che precedono, l’imprenditore che, per sua scelta, omette di versare tempestivamente quanto già avrebbe dovuto essere accantonato, ed in ogni caso scegliendo i creditori da soddisfare e comunque disegnando la scaletta dei propri impegni economici secondo necessità aziendale e non secondo gli obblighi di legge, si colloca fuori del perimetro della forza maggiore.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA