Responsabilità della struttura sanitaria: l’incompletezza della cartella clinica non porta automaticamente a ritenere assolto dal danneggiato l’onere della prova sul nesso causale tra inadempimento contrattuale ed evento infausto.
Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 14261.2020, resa dalla III Sezione civile della Corte di Cassazione, con la quale il Collegio del diritto, esprimendosi in merito ad un caso di responsabilità contrattuale della struttura sanitaria evocata in giudizio per aver cagionato con colpa il decesso della paziente, enuncia il principio di diritto secondo il quale la carente tenuta della cartella clinica da parte del nosocomio non porta automaticamente a ritenere provata da parte del soggetto danneggiato l’esistenza del nesso di causalità materiale tra condotta colposa e danno.
L’onere della prova sul nesso causale può ritenersi assolto esclusivamente laddove l’incompletezza della cartella clinica abbia reso impossibile l’accertamento del nesso di causa e la condotta posta in essere dal professionista sanitario risulti astrattamente idonea a provocare il danno.
Il caso clinico, la domanda risarcitoria e il doppio giudizio di merito
Nel caso di specie l’evento dannoso è rappresentato dal decesso della paziente la quale, lamentando forti dolori addominali, veniva sottoposta a ripetuti ricoveri, esami diagnostici e ad un intervento di emicolectomia, prima che le venisse diagnosticata una neoplasia.
Il Tribunale di Ancona, dinanzi al quale gli attori hanno convenuto in giudizio l’Azienda unica sanitaria regionale ed il sanitario che aveva avuto in cura la paziente, riconosceva la responsabilità contrattuale dei convenuti e accoglieva parzialmente la domanda di risarcimento proposta nei loro confronti.
La Corte di appello di Ancona adita dagli originari attori con l’appello principale, decidendo sulla impugnazione principale promossa dai danneggiati che lamentavano il diritto al riconoscimento del maggior danno e sull’appello incidentale interposto dai convenuti che chiedevano la riforma in loro riformava la sentenza di primo grado che li aveva visti parzialmente soccombenti, riformava la sentenza impugnata rigettando le domande attoree in ragione del mancato riconoscimento della prova sulla esistenza del nesso causale tra le omissioni addebitate ai convenuti ed il decesso della vittima.
Il ricorso in cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto
I ricorrenti proponevano ricorso per cassazione avverso la decisione resa dalla Corte territoriale, articolando plurimi motivi di impugnazione.
In particolare, ai fini del presente commento, riveste maggiore interesse la deduzione della violazione di legge, per non aver i giudici del merito ritenuto che gli attori avessero provato il nesso causale tra la condotta colposa e l’evento dannoso, soprattutto tenuto conto che anche il C.T.U. aveva stigmatizzato l’incompletezza della cartella clinica che deponeva a favore della loro posizione processuale facendo applicazione del principio della vicinanza della prova.
La Suprema Corte, nel rigettare il ricorso, in relazione al tema della incompletezza della cartella clinica richiama, facendone applicazione al caso di specie, i principi di legittimità già elaborati sul riparto dell’onere probatorio tra danneggiati e responsabili civili nell’ambito della responsabilità contrattuale della struttura sanitaria.
Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla parte motiva della pronuncia in commento:
<E’ vero che il CTU non è stato in grado di individuare la causa del decesso della paziente e che, in risposta al quesito specificamente postogli dal giudice circa se la causa della morte fosse da imputarsi alla neoplasia o all’intervento chirurgico mal eseguito, ha attribuito tale incertezza “sia all’assenza di riscontro diagnostico che ne potesse definire con certezza i momenti patogenetici sia per l’assenza nella cartella clinica di un diario cui potersi riferire circa le ipotesi diagnostiche avanzate dai professionisti ed il percorso che li aveva portati ad un intervento chirurgico”.
La Corte d’Appello, tuttavia, non ha errato nel collocare sui ricorrenti tale incertezza eziologica.
In primo luogo, occorre partire dalla premessa che nell’ambito della responsabilità contrattuale spetta a chi si assume danneggiato fornire la prova del nesso di causa fra l’inadempimento ed il pregiudizio alla salute, giacché se così non fosse dalla fattispecie costitutiva del diritto verrebbe espunto l’elemento della causalità materiale (così Cass. 11/11/2019, n. 28991), con la conseguenza che se la causa dell’evento di danno, in termini di aggravamento della situazione patologica o di insorgenza di nuove patologie, resta ignota, in applicazione delle regole del riparto dell’onus probandi, le conseguenze sfavorevoli ai fini del giudizio ricadono sul creditore della prestazione professionale (Cass. 11/11/2019, n. 28992).
E quanto al rilievo da attribuirsi alle omissioni della cartella clinica sull’impossibilità di individuare il nesso di causalità materiale, deve precisarsi che le omissioni della cartella clinica non conducono automaticamente a ritenere adempiuto l’onere probatorio da parte di chi adduce di essere danneggiato, pur dovendosene tener conto, perché diversamente l’incompletezza verrebbe a giovare proprio a colui che inadempimento al proprio obbligo di diligenza. Il rilievo della difettosa tenuta della cartella clinica è tale da far ritenere provato il nesso di causalità materiale solo quando proprio l’incompletezza della cartella clinica abbia reso impossibile l’accertamento del relativo nesso eziologico e il professionista abbia comunque posto in essere una condotta astrattamente idonea a provocare il danno (così Cass. 14/11/2019, n.29498)>.
Quadro giurisprudenziale di riferimento:
Cassazione civile sez. III, 14/11/2019, n.29498
Per la ricostruzione delle vicende sanitarie ai fini di evincere la sussistenza o meno di responsabilità dei sanitari o della struttura, la cartella clinica ha un’incidenza che tuttavia non conduce automaticamente all’adempimento dell’onere probatorio da parte di chi adduce essere danneggiato, dovendosi al riguardo ritenere che l’eventuale incompletezza della cartella clinica è circostanza di fatto che il Giudice può utilizzare per ritenere dimostrata l’esistenza di un valido nesso causale tra l’operato del medico e il danno patito dal paziente soltanto quando proprio tale incompletezza abbia reso impossibile l’accertamento del relativo nesso eziologico e il professionista abbia comunque posto in essere una condotta astrattamente idonea a provocare il danno; il che significa che l’incompletezza della cartella incide soltanto se va ad innestarsi in un contesto specifico che è proprio la fonte della sua rilevanza e che va escluso ogni qual volta difetti l’astratta idoneità della condotta del sanitario alla causazione dell’evento dannoso, con conseguente inutilità di alcuna ulteriore ricostruzione fattuale.
Cassazione civile sez. III, 11/11/2019, n.28994
In tema di responsabilità professionale sanitaria, l’eventuale incompletezza della cartella clinica è circostanza di fatto che il giudice può utilizzare per ritenere dimostrata l’esistenza di un valido legame causale tra l’operato del medico e il danno patito dal paziente soltanto quando proprio tale Incompletezza abbia reso impossibile l’accertamento del relativo nesso eziologico e il professionista abbia comunque posto in essere una condotta astrattamente idonea a provocare la lesione.
Cassazione civile sez. III, 11/11/2019, n.28992
Ove sia dedotta la responsabilità contrattuale del sanitario per l’inadempimento della prestazione di diligenza professionale, il fatto sopravvenuto all’intervento chirurgico può essere considerato caso fortuito se resta ignota anche mediante l’utilizzo di presunzioni la causa dell’evento di danno; le conseguenze sfavorevoli ricadono sul debitore, invece, se resta ignota la causa di impossibilità sopravvenuta della prestazione di diligenza professionale, ovvero resta indimostrata l’imprevedibilità e inevitabilità di tale causa.
Cassazione civile sez. III, 11/11/2019, n.28991
Ove sia dedotta la responsabilità contrattuale del sanitario per l’inadempimento della prestazione di diligenza professionale e la lesione del diritto alla salute, è onere del danneggiato provare, anche a mezzo di presunzioni, il nesso di causalità fra l’aggravamento della situazione patologica, o l’insorgenza di nuove patologie, e la condotta del sanitario, mentre è onere della parte debitrice provare, ove il creditore abbia assolto il proprio onere probatorio, che una causa imprevedibile ed inevitabile ha reso impossibile l’esatta esecuzione della prestazione.
Cassazione civile sez. III, 19/07/2018, n.19190
In tema di responsabilità professionale del medico, l’incompletezza della cartella clinica, in considerazione anche del principio della prossimità della prova, cioè dell’effettiva possibilità per l’una o per l’altra parte di offrirla, integra il presupposto affinché operi la prova presuntiva del nesso causale a sfavore del medico, sempre che la sua condotta sia astrattamente idonea a cagionare il danno occorso; né quindi l’imperfetta compilazione della cartella può ripercuotersi a danno dell’avente diritto alla prestazione sanitaria, posto che, in presenza di un’omissione, la prova positiva del fatto idoneo ad escludere il nesso di causalità grava sui sanitari e non sul paziente.
Cassazione civile sez. III, 19/07/2018, n.19190
L’incompletezza della cartella clinica non può ripercuotersi a danno dell’avente diritto alla prestazione sanitaria, posto che, in presenza di un’omissione, la prova positiva del fatto idoneo ad escludere il nesso di causalità grava sui sanitari e non sul paziente.
Cassazione civile sez. III, 23/03/2018, n.7250
La difettosa tenuta della cartella clinica non solo non vale ad escludere la sussistenza del nesso eziologico tra la condotta colposa del medico e la patologia accertata, ma consente il ricorso alle presunzioni, come nel caso in cui la prova non possa essere data per un comportamento ascrivibile alla stessa parte; in tale prospettiva, l’incompletezza è una circostanza di fatto che il Giudice di merito può utilizzare per ritenere dimostrata l’esistenza del nesso causale e ciò sempre che, da un lato, quest’ultima non possa essere accertata proprio in ragione della predetta incompletezza e, dall’altro, che il medico abbia comunque posto in essere una condotta astrattamente idonea a causare il danno, gravando sullo stesso medico e sulla struttura dimostrare l’assenza di proprie responsabilità ed incombendo sui medesimi il rischio della mancata prova.
Cassazione civile sez. III, 21/11/2017, n.27561
In tema di responsabilità professionale sanitaria, l’eventuale incompletezza della cartella clinica è circostanza di fatto che il giudice può utilizzare per ritenere dimostrata l’esistenza di un valido nesso causale tra l’operato del medico e il danno patito dal paziente soltanto quando proprio tale incompletezza abbia reso impossibile l’accertamento del relativo nesso eziologico e il professionista abbia comunque posto in essere una condotta astrattamente idonea a provocare il danno.(Nella specie, la S.C., in applicazione del principio, ha confermato la sentenza impugnata che aveva negato rilevanza causale all’incompletezza della cartella clinica in quanto la documentazione agli atti, anche prodotta dall’attore, era sufficiente ad escludere la responsabilità del medico).
Cassazione civile sez. III, 08/11/2016, n.22639
È fondamentale, da parte del medico, la corretta tenuta della cartella clinica, in modo completo e non lacunoso, al fine di evitare la presunzione del nesso causale in suo sfavore, in un eventuale giudizio promosso dal paziente nei suoi confronti e teso a ottenere il risarcimento del danno dallo stesso lamentato. Non è inoltre possibile modificare, ex post, il contenuto della cartella clinica senza commettere il reato di falso materiale in atto pubblico.
By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA