Scatta il reato di sottrazione fraudolenta dal pagamento delle imposte se l’alienazione dell’immobile al coniuge è realizzata in frode dell’Erario.

Si segnala ai lettori del blog la recente sentenza di legittimità numero 23176.2020 resa dalla Corte di Cassazione nel caso di specie chiamata a scrutinare un’ipotesi di sottrazione fraudolenta dal pagamento delle imposte.

Il reato previsto e punito dall’art.11 d.lgs 74/2000 era stato contestato dalla locale Procura della Repubblica ad uno degli imputati assumendo che il negozio giuridico – effettivamente posto in essere con regolare atto notarile – in realtà doveva considerarsi come atto simulato il cui scopo era solo quello di disperdere le garanzie in danno dell’Ente riscossore, visto che il prevenuto al momento del rogito era ben consapevole dell’azione esecutiva intrapresa dall’Erario.

Il reato per il quale l’imputato ha riportato condanna nel doppio grado di merito è stato ritenuto consumato anche all’esito della disamina della Suprema Corte che sul tema della mancanza di colpevolezza lamentato dalla difesa dell’imputato, ha così statuito:

“  ….La terza doglianza – riferita all’insussistenza dell’elemento psicologico del reato di cui all’art.11 del d.lgs n. 74 del 2000 – è inammissibile per analoghe ragioni.

La difesa si limita a contrapporre generiche affermazioni alla corretta ricostruzione operata dalla Corte territoriale, la quale ha bene evidenziato che la sequenza cronologica degli atti compiuti dall’imputato può avere quale unico fine la sottrazione della garanzia del pagamento del debito tributario.

Si ribadisce difatti, nella sentenza impugnata, che l’imputato era consapevole della pretesa tributaria nei suoi confronti, perché – come confermato dalla sua stessa prospettazione – nel periodo antecedente alla stipula del contratto di compravendita immobiliare, lo stesso aveva omesso di presentare la dichiarazione fiscale riferita all’anno d’imposta 2007 e aveva in posto in essere i ricordati atti fraudolenti con la collaborazione di [omissis].

Trova dunque applicazione il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui il delitto previsto all’art. 11 del d.lgs. n. 74 del 2000, è reato di pericolo, integrato dal compimento di atti simulati o fraudolenti, volti a occultare i propri o altrui beni, idonei – secondo un giudizio “ex ante” che valuti  la sufficienza della consistenza patrimoniale del contribuente rispetto alla pretesa dell’Erario –  a pregiudicare l’attività recuperatoria dell’amministrazione finanziaria la sufficienza della consistenza patrimoniale del contribuente rispetto alla pretesa dell’Erario – a pregiudicare l’attività recuperatoria dell’amministrazione finanziaria (Sez. 3, n. 46975 del 24/05/2018, Rv. 274066; Sez. 3, n. 13233 del 24/02/2016, Rv. 266771).

Altresì, gli atti dispositivi compiuti dall’obbligato, oggettivamente idonei ad eludere l’esecuzione esattoriale, hanno natura fraudolenta allorquando, pur determinando un trasferimento effettivo del bene, siano connotati da elementi di inganno o di artificio, cioè da uno stratagemma tendente a sottrarre le garanzie patrimoniali all’esecuzione (Sez. 3, n. 29636 del 02/03/2018, Rv. 273493; Sez. 3, n. 10161 del 16/05/2017, dep. 2018, Rv. 272547)”.

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La norma incriminatrice:

Art. 11 D.lgs. 74/2000 – Sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte

 “E’ punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto ovvero di interessi o sanzioni amministrative relativi a dette imposte di ammontare complessivo superiore ad euro cinquantamila, aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti sui propri o su altrui beni idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva. Se l’ammontare delle imposte, sanzioni ed interessi è superiore ad euro duecentomila si applica la reclusione da un anno a sei anni.

E’ punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, al fine di ottenere per sé o per altri un pagamento parziale dei tributi e relativi accessori, indica nella documentazione presentata ai fini della procedura di transazione fiscale elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi fittizi per un ammontare complessivo superiore ad euro cinquantamila. Se l’ammontare di cui al periodo precedente è superiore ad euro duecentomila si applica la reclusione da un anno a sei anni”

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Quadro giurisprudenziale di riferimento:

Cassazione penale sez. III, 24/05/2018, n.46975

Il delitto previsto dall’art. 11 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, è reato di pericolo, integrato dal compimento di atti simulati o fraudolenti volti a occultare i propri o altrui beni, idonei – secondo un giudizio “ex ante” che valuti la sufficienza della consistenza patrimoniale del contribuente rispetto alla pretesa dell’Erario – a pregiudicare l’attività recuperatoria dell’amministrazione finanziaria. (Fattispecie di aumento del capitale sociale effettuato per consentire ad una società di acquistare l’unico cespite immobiliare di proprietà del contribuente in modo da far apparire, contrariamente al vero, che i beni del contribuente non potessero formare oggetto di soddisfazione della pretesa creditoria).

Cassazione penale sez. III, 02/03/2018, n.29636

In tema di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, gli atti dispositivi compiuti dall’obbligato, oggettivamente idonei ad eludere l’esecuzione esattoriale, hanno natura fraudolenta, ai sensi dell’art. 11 del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, allorquando, pur determinando un trasferimento effettivo del bene, siano connotati da elementi di inganno o di artificio, cioè da uno stratagemma tendente a sottrarre le garanzie patrimoniali all’esecuzione.

Cassazione penale sez. III, 02/03/2018, n.29636

Nella nozione di ‘atti fraudolenti’, rilevante ai fini della configurabilità del delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, rientrano tutti quei comportamenti, anche se formalmente leciti, che siano connotati da elementi di inganno o di artificio dovendosi cioè ravvisare l’esistenza di uno stratagemma tendente a sottrarre le garanzie patrimoniali all’esecuzione.

Cassazione penale sez. III, 07/11/2017, n.20862

Integra il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte anche la stipulazione di un negozio giuridico simulato, poichè la necessità della declaratoria giudiziale per superare l’effetto segregativo dell’atto dispositivo rende più difficoltoso il recupero del credito erariale. (Fattispecie relativa al conferimento da parte dell’imputato dei beni in un trust cd. autodichiarato o “shame trust”, che ricorre quando il disponente mantiene il controllo del fondo oppure quando ne dispone come cosa propria, nella quale la Corte ha affermato la sussistenza del reato anche ove si ritenga l’atto non simulato, ma nullo o inesistente, precisando, inoltre, che il negozio compiuto al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto è da considerarsi comunque nullo, ai sensi dell’art. 1418 cod. civ., per la violazione della norma imperativa rappresentata dall’art. 11 del d.lgs. n. 74 del 2000).

Cassazione penale sez. III, 24/02/2016, n.13233

Il reato previsto dall’art. 11, del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, è reato di pericolo integrato dall’uso di atti simulati o fraudolenti per occultare i propri o altrui beni al fine di sottrarsi al pagamento del debito tributario, delle sanzioni e relativi interessi, che, in base ad un giudizio ex ante, siano idonei a rendere in tutto o in parte inefficace l’attività recuperatoria dell’Amministrazione finanziaria. (Fattispecie in cui è stata ritenuta penalmente rilevante la condotta di colui che aveva realizzato la vendita di una particella immobiliare a società svizzera con soci non identificabili al solo fine di sottrarre il bene dalla procedura esecutiva promossa dall’Agenzia delle entrate).

Cassazione penale sez. III, 09/04/2013, n.39079

Al fine del perfezionamento del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, è sufficiente che la procedura di riscossione, benché ancora non iniziata, sia resa potenzialmente inefficace dal comportamento del contribuente.

Cassazione penale sez. III, 16/05/2012, n.25677

Al fine di potere disporre il sequestro per equivalente nei reati tributari non è sufficiente la configurabilità del reato, essendo altresì necessario che un profitto od un prezzo siano individuabili. Per profitto confiscabile deve intendersi non solo un positivo incremento del patrimonio personale ma qualsiasi vantaggio patrimoniale direttamente derivante dai reato anche se consistente in un risparmio di spesa; e, con riguardo in particolare al reato di cui all’art. 11 d.lg. n. 74/2000, il profitto va individuato nella riduzione simulata o fraudolenta del patrimonio su cui il fisco ha diritto di soddisfarsi e, quindi, nella somma di denaro la cui sottrazione all’Erario viene perseguita, non importa se con esito favorevole o meno, attesa la struttura di pericolo della fattispecie, attraverso l’atto di vendita simulata o gli atti fraudolenti posti in essere.

By ClaudioRamelli© RIPRODUZIONE RISERVATA