La struttura sanitaria è condannata a risarcire i danni al paziente che contrae infezione batterica a seguito di intervento di chirurgia oculare

Si segnala ai lettori del blog l’ordinanza numero 11599.2020, resa dalla Corte di Cassazione – Sezione III Civile di interesse per gli operatori di diritto che si occupano di responsabilità sanitaria perché affronta con estrema chiarezza il tema centrale della ripartizione dell’onere probatorio tra paziente danneggiato e struttura sanitaria ai fini della prova sul rapporto causale tra inadempimento e danno.

 

La domanda giudiziale ed il doppio grado di merito

Nel caso di specie, dalla lettura della sentenza in commento, si ricava che il paziente, già  sottoposto ad intervento chirurgico all’occhio (intervento di vitrectomia in sindrome da interfacie vitroretina) contraeva una infezione batterica nosocomiale che colpiva l’organo visivo provocando forti dolori e dednoftalmite, fatto illecito per il quale veniva evocata in giudizio la struttura sanitaria responsabile di non aver adottato o efficacemente applicato i protocolli sanitari necessari ad evitare il contagio.

Il Tribunale di Trento adito, rigettava la domanda proposta reputando che l’attrice non avesse allegato un inadempimento qualificato della parte convenuta ed avesse mal connotato la responsabilità della struttura sanitaria configurandola in termini di responsabilità oggettiva.

La sentenza veniva ritualmente impugnata dalla parte soccombente: l’appellante sosteneva di aver correttamente allegato l’inadempimento della struttura, provato il danno e che la stessa non avesse assolto all’onere della prova su di lei gravante dimostrando di non essere stata inadempiente.

La sentenza di primo grado veniva  riformata dalla Corte distrettuale milanese che accoglieva la domanda attrice condannando la convenuta al risarcimento del danno patito.

 

Il giudizio di cassazione ed il principio di diritto

Contro la sentenza di secondo grado la struttura sanitaria soccombente interponeva ricorso per cassazione e la difesa della attrice vittoriosa con il gravame di merito resisteva con controricorso.

La Suprema corte ha rigettato il ricorso ritenendo corretta la decisione impugnata tenuto conto che la Corte di appello di Milano aveva fatto buon governo dei principi dettati in materia di riparto dell’onere della prova osservando quanto segue:

la paziente aveva denunciato una inadempienza qualificata nella struttura sanitaria, consistente nel non essersi attenuta rigidamente alle misure precauzionali dalla stessa indicate nei protocolli post-operatori, ed ha ritenuto, con ragionamento probabilistico basato sulla regola del più probabile che non, che, non avendo la paziente alcuna infezione all’occhio prima del suo accesso in ospedale per l’operazione, avendo subito a causa della operazione il bendaggio dell’occhio che rendeva la zona inaccessibile al contatto, e sulla quale potevano intervenire, per la rimozione delle medicazioni e la loro sostituzione, soltanto i medici e il personale dell’ospedale, l’infezione da stafficolocco faecalis dalla quale era risultata affetta all’uscita dell’ospedale fosse dovuta ragionevolmente, secondo un ragionamento probabilistico, ad una falla nella attuazione dei protocolli di sepsi.

La struttura sanitaria non è stata quindi ritenuta responsabile a titolo di responsabilità oggettiva, ma secondo la regola ordinaria, sulla base di un ragionamento probabilistico con il quale la corte d’appello ha ritenuto che la danneggiata avesse fornito la prova del nesso di causalità materiale tra evento lesivo e comportamento attivo o omissivo della struttura avvalendosi delle presunzioni (avvalendosi delle quali ha dedotto dai fatti noti – assenza dell’infezione all’ingresso in ospedale; accesso alla zona infetta solo da parte dei dipendenti dell’ospedale- il fatto ignoto : comportamento attivo o omissivo di un dipendente dell’ospedale quale causa del contagio), a fronte del quale la semplice produzione dei protocolli previsti in ospedale per le medicazioni in fase post-operatoria è stata ritenuta insufficiente ad integrare la prova liberatoria, da parte della struttura, che il danno subito dalla paziente si fosse verificato per causa a sé non imputabile.

La decisione è conforme al principio di diritto di recente riaffermato da questa Corte: v. Cass. n. 28991 del 2019:

“In tema di inadempimento di obbligazioni di diligenza professionale sanitaria, il danno evento consta della lesione non dell’interesse strumentale alla cui soddisfazione è preposta l’obbligazione (perseguimento delle “leges artis” nella cura dell’interesse del creditore) ma del diritto alla salute (interesse primario presupposto a quello contrattualmente regolato); sicché, ove sia dedotta la responsabilità contrattuale del sanitario per l’inadempimento della prestazione di diligenza professionale e la lesione del diritto alla salute, è onere del danneggiato provare, anche a mezzo di presunzioni, il nesso di causalità fra l’aggravamento della situazione patologica (o l’insorgenza di nuove patologie) e la condotta del sanitario, mentre è onere della parte debitrice provare, ove il creditore abbia assolto il proprio onere probatorio, la causa imprevedibile ed inevitabile dell’impossibilità dell’esatta esecuzione della prestazione.”

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA