La responsabilità penale del dentista per l’apertura di uno studio odontoiatrico senza l’autorizzazione del prefetto può essere affermata solo se ne vengano accertati l’attuale operatività e la minima organizzazione di mezzi e persone

Si segnala ai lettori del blog l’interessante sentenza numero 20428/2020, resa dalla VII Sezione penale della Corte di Cassazione, che vagliando la legittimità della sentenza impugnata di condanna dell’imputato per il reato previsto e punito dall’art. 8-ter, d.lgs. 209/1999, che sanziona penalmente l’apertura o mantenimento in esercizio di istituti sanitari in assenza dell’autorizzazione del prefetto, ha enunciato il principio di diritto secondo il quale il reato è configurabile solo quando nel corso del dibattimento  ne sia stata accertata la effettiva operatività ed una seppur minima organizzazione di mezzi e persone per l’esercizio dell’attività professionale.

 

Il reato contestato e il giudizio di merito

Nel caso si specie all’imputato era contestata la contravvenzione ex 8-ter, d.lgs. 209/1999, per aver avviato uno studio medico odontoiatrico in assenza della prescritta autorizzazione del prefetto.

Il Tribunale di Palermo condannava il prevenuto alla pena ritenuta di giustizia per il reato ascrittogli.

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

La difesa del giudicabile proponeva ricorso per cassazione avverso la decisione di primo grado, chiedendone l’annullamento.

In particolare, il ricorrente, deduceva vizio di motivazione con riferimento alla mancata valutazione, da parte dei Giudici di merito, della concreta operatività dello studio odontoiatrico ed alla organizzazione di mezzi e persone.

I Giudici di legittimità, nell’annullare senza rinvio la sentenza impugnata, accolgono la tesi difensiva e chiariscono il raggio applicativo della contravvenzione contestata all’odontoiatra.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla parte motiva della pronuncia in commento:

<L’art. 193, r.d. 27 luglio 1934, n. 1265, stabilisce che nessuno può aprire o mantenere in esercizio ambulatori, case o istituti di cura medico-chirurgica o di assistenza ostetrica, gabinetti di analisi per il pubblico a scopo di accertamento diagnostico, case o pensioni per gestanti, senza speciale autorizzazione del prefetto, il quale la concede dopo aver sentito il parere del consiglio provinciale di sanità.

L’autorizzazione predetta è concessa dopo che sia stata assicurata la osservanza delle prescrizioni stabilite nella legge di pubblica sicurezza per l’apertura dei locali ove si dà alloggio per mercede.

La giurisprudenza di questa Corte ha chiarito, al riguardo, che gli istituti sanitari disciplinati dalla norma sono quelli caratterizzati da una minima organizzazione di mezzi e persone diretta al fine di gestire l’attività sanitaria; con la conseguenza che l’autorizzazione non è richiesta, e difetta quindi il reato, se manca quella minima organizzazione strumentale e personale che caratterizza l’istituto sanitario generalmente inteso (ambulatorio, casa di cura privata, gabinetto di analisi) (tra le altre, Sez. 3, n. 1345 del 19/11/1997, Dell’Omo, Rv. 209796).

Tanto premesso, la sentenza impugnata dà atto soltanto dell’esistenza di una struttura allestita per cure dentistiche, ma non chiarisce – alla luce dell’istruttoria svolta – se la stessa fosse effettivamente aperta ed in esercizio, nonostante il rifiuto dell’autorizzazione sanitaria a suo tempo richiesta; verifica invero necessaria, specie considerando – come da sentenza – che lo studio era, per un verso, privo di pazienti o dipendenti al momento del sopralluogo, e, per altro verso, allestito con strumentazione “non di ultima generazione”. In altri termini, non è dato comprendere se successivamente al provvedimento amministrativo di diniego l’attività in esame fosse stata comunque avviata od esercitata, da ciò dipendendo la sussistenza del reato contestato>.

Quadro giurisprudenziale di riferimento:

Cassazione penale sez. III, 03/10/2019, n.3449

La sanzione amministrativa della chiusura degli ambulatori ovvero delle case o degli istituti di cura medico-chirurgica o di assistenza ostetrica ovvero delle case o delle pensioni per gestanti, aperte o esercitate senza l’autorizzazione del prefetto, prevista dall’art. 193, comma 4, r.d. 27 luglio 1934, n.1265, testo unico delle leggi sanitarie, si aggiunge a quella penale prevista nel comma 3 della medesima disposizione, cui può seguire, ai sensi dell’art. 240 cod. pen., anche la confisca dei beni serviti o destinati a commettere il reato, non trovando applicazione, per espressa previsione della norma, il principio di specialità di cui all’art. 9 della legge 24 novembre 1981, n. 689.

 

Cassazione penale sez. V, 22/09/2011, n.48077

È configurabile il reato di cui all’art. 193 R.D. n. 1265 del 1934 (apertura ed esercizio abusivo di case od istituti di cura medico-chirurgica) nella condotta di colui che, pur autorizzato individualmente, gestisca uno studio medico con altri medici non autorizzati, laddove le attività svolte dallo studio abbiano carattere promiscuo e non siano esercitate in modo autonomo da ciascun medico; né a tal fine rileva l’evoluzione normativa concernente il controllo delle attività sanitarie ed in specie la legge n. 833 del 1978 – che ha decentrato alle u.s.l. locali le attribuzioni del consiglio provinciale di sanità in detta materia – in quanto il mutamento del soggetto istituzionalmente investito del potere autorizzatorio – attuatosi con il trasferimento delle relative attribuzioni dal prefetto al sindaco e da questo alle regioni – non ha determinato lo svuotamento o lo snaturamento della funzione di controllo sull’esercizio di attività sanitarie private per le quali resta sempre prescritta l’apposita autorizzazione, necessaria perché possa essere legittimamente gestito un ambulatorio o poliambulatorio medico.

 

Cassazione penale sez. III, 19/11/1997, n.1345

L’installazione in una farmacia di un apparecchio di autoanalisi senza la speciale autorizzazione dell’autorità competente non integra il reato di cui all’art. 193 r.d. n. 1265 del 1934, che prescrive l’autorizzazione del prefetto per l’apertura o il mantenimento in esercizio di istituti sanitari, finalizzati alla diagnosi o alla terapia e come tali caratterizzati da una minima organizzazione qualificata di mezzi e persone.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA