La Cassazione definisce i rapporti di diritto sostanziale e processuale tra estinzione del debito tributario e frode fiscale.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 26529.2020, resa dalla III Sezione penale della Corte di Cassazione,  di estremo interesse per gli operatori del diritto che si occupano della materia penale tributaria per la chiarezza con la quale ha definito gli effetti che produce l’estinzione del debito tributario in sede extra penale  sul processo incardinato per il reato previsto e punito dall’art. 2 D.lgs. 74/2000 definendo il perimetro della operatività della causa di non punibilità, la possibilità di accedere al rito alternativo dell’applicazione della pena su richiesta delle parti ovvero il riconoscimento della circostanza attenuante.

 

Il reato contestato e il doppio giudizio di merito

Nel caso di specie all’imputato la locale Procura della Repubblica aveva contestato il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti ex art. 2 D.lgs. 74/2000.

Il Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Cremona applicava all’imputato la pena concordata tra le parti ex art. 444 c.p.p.

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

Il Procuratore Generale presso la Corte di appello di Brescia proponeva ricorso per cassazione avverso la sentenza di patteggiamento, articolando un unico motivo di impugnazione.

In particolare, la Pubblica Accusa deduceva il vizio di legge in riferimento all’art. 13 bis D.lgs. 74/2000 in quanto l’imputato era stato ammesso al rito alternativo malgrado agli non risultasse la prova dell’avvenuto pagamento del debito tributario.

La Suprema Corte accoglie il ricorso del PG e chiarisce l’effetto che produce il pagamento del debito tributario sul processo incardinato per frode fiscale precisando in motivazione i rapporti intercorrenti tra le finestre temporali del pagamento ad effetti solutori e l’incedere del processo penale.

Di seguito si riportano i passaggi della motivazione qui di interesse:

<Questa Corte rileva che una lettura coordinata delle due disposizioni conduce a considerare che l’integrale adempimento tributario viene disciplinato dall’art.13, citato, quale condizione di non punibilità e dal successivo art.13bis quale circostanza attenuante (comma primo) e quale presupposto per l’ammissione alla procedura di applicazione della pena ex art.444 cod. proc. pen. (comma secondo).

Per i reati previsti dall’art.13, co.2 del D.Lvo n.74 del 2000, che ricomprendono l’illecita utilizzazione di fatture come disciplinata dal precedente art.2, co.3, il pagamento integrale del tributo costituisce causa di non punibilità qualora la condotta riparatoria sia realizzata:

  1. a) Entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo, e sempre che:
  2. b) L’autore del reato non abbia ancora notizia formale di accessi, ispezioni, verifiche o di altri accertamenti amministrativi o penali.

Il successivo art.13bis, precede al primo comma che, fuori dai casi di non punibilità, l’integrale pagamento (compresa l’estinzione del debito e delle sanzioni a seguito di conciliazione oppure adesione all’accertamento) che avvenga anteriormente alla dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, ha come conseguenza sul piano sostanziale la diminuzione della pena e l’eliminazione delle pene accessorie.

A sua volta, il comma successivo del medesimo art.13bis prevede che: nei medesimi casi dell’art. 13 bis, co.1, nonché nel caso di ravvedimento operoso, e sempre al di fuori delle cause di non punibilità, l’imputato possa ottenere l’applicazione della pena ex art.444 cod. proc. pen.

La disposizione è inequivoca nell’affermare che in assenza di estinzione del debito tributario nelle forme di legge le parti non possono richiedere il patteggiamento. In sintesi, dunque, il pagamento integrale del debito, nelle sue forme diverse, comporta: La non punibilità del reato, quando effettuato nei limiti temporali previsti dal 13, co.2, e sempre che l’autore non abbia notizia di accertamenti; la riduzione della pena e l’esclusione delle pene accessorie, quando effettuato prima dell’apertura del dibattimento; la possibilità di richiedere applicazione di pena ex art.444 cod. proc. pen. nei casi in cui sono stati superati scaduti i limiti di tempo e di conoscenza che avrebbero reso possibile l’estinzione del reato.

Una conferma di tale lettura delle disposizioni di legge citate si rinviene nell’art.13, co.3, il quale dispone che l’apertura del dibattimento può essere rinviata dal giudice allorché il debito tributario sia stato riconosciuto dall’imputato e già rateizzato, di tal che il rimborso del debito è in corso ma non ancora perfezionato. Tale possibilità opera anche “ai fini dell’applicabilità dell’art.13 bis”: si tratta di richiamo che include indubbiamente il secondo comma di tale disposizione. In sostanza, il rinvio serve a consentire all’imputato che sta usufruendo della rateizzazione del debito di poter godere della riduzione di pena e della facoltà di patteggiare.

Alla luce delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene inequivoco che l’espressione “fatte salve le ipotesi di cui all’art.13, commi 1 e 2”, che chiude il secondo comma dell’art.13bis, vada letta nel senso che la sentenza ex art.444 cod.proc.pen. può essere emessa allorché l’estinzione del debito sia avvenuta con tempi e modalità che non consentono la più radicale e favorevole dichiarazione di non punibilità del fatto ai sensi dell’art.13. La conclusione cui deve giungersi è che il Tribunale di Cremona avrebbe potuto ammettere le parti all’applicazione di pena concordata ex art.444 cod.proc.pen. solo soltanto avere effettuato la verifica positiva dell’avvenuta estinzione dei debiti tributari>.

Quadro giurisprudenziale di riferimento:

Cassazione penale sez. III, 04/02/2020, n.9883

In tema di reati tributari, l’attenuante di cui all’art. 13-bis, comma 1, d.lg. 10 marzo 2000, n. 74, che consegue al pagamento dei debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, richiede il presupposto della esistenza di un debito tributario suscettibile di essere adempiuto sicché non è applicabile in relazione ai reati che sussistono pur in assenza di un’evasione di imposta. (Fattispecie di reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti).

 

Cassazione penale sez. III, 22/10/2019, n.48029

In tema di patteggiamento, non è illegale la pena su accordo delle parti, comminata dal giudice anche senza l’integrale pagamento del debito. Difatti, per i reati di infedele e omessa presentazione della dichiarazione, al pari dei delitti di omesso versamento, si può accedere al patteggiamento anche senza l’estinzione del debito tributario. A sostenerlo è la Cassazione, che cambia opinione rispetto a quanto stabilito in precedenza in casi analoghi. Per i giudici di legittimità, infatti, non vi è distinzione tra le citate fattispecie e quindi per esse non può valere, ai fini del patteggiamento, la regola dell’integrale pagamento, in quanto se l’imputato corrispondesse il dovuto, entro l’apertura del dibattimento, non sarebbe più punibile e non avrebbe senso il patteggiamento.

 

Cassazione penale sez. III, 02/10/2019, n.47287

In tema di reati tributari, per i delitti di dichiarazione infedele e di omessa dichiarazione previsti dagli artt. 4 e 5 d.lg. 10 marzo 2000, n. 74, la richiesta di applicazione della pena è ammissibile solo quando vi sia stato l’integrale pagamento del debito tributario prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado pur se dopo la formale conoscenza, da parte dell’autore del reato, di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali, diversamente operando la causa di non punibilità prevista dall’art. 13, comma 2, del medesimo d.lgs.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA