Va annullata la sentenza di condanna per il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali se la Corte di appello non si confronta con la crisi di liquidità accertata con la sentenza assolutoria relativa al medesimo arco temporale emessa per il delitto p. e p. dall’art. 10 bis d.lgs 74/2000

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 26519.2020, resa dalla III Sezione penale della Corte di Cassazione, che ha annullato la sentenza impugnata per vizio di motivazione connesso all’incompleto scrutinio del motivo di appello con il quale la difesa del giudicabile chiedeva il riconoscimento della scriminante della forza maggiore, deducendo che l’assenza della indefettibile componente psicologica in capo all’imputato era stata accertata da altro giudice con sentenza assolutoria passata in cosa giudicata per il reato previsto e punito dall’art. 10 bis D.lgs 74/2000 contestato in quel processo per il medesimo segmento temporale.

 

Il reato contestato e il doppio giudizio di merito

Nel caso di specie all’imputato, nella qualità di legale rappresentante della società, era contestato il delitto di omesso versamento delle ritenute previdenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori ex art. 2 d.l. 463/1983.

La Corte di appello di Perugia, in parziale riforma, dal punto di vista sanzionatorio, della sentenza di primo grado, confermava la condanna del prevenuto per il reato ascrittogli.

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

La difesa del giudicabile proponeva ricorso per cassazione avverso la decisione della Corte territoriale, articolando tre motivi di impugnazione.

In particolare, il ricorrente, deduceva la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine alla configurazione dell’elemento soggettivo del reato (in ragione della grave esposizione debitoria dell’imputato che determinava una crisi di liquidità tale da rendere impossibile l’adempimento delle obbligazioni), nonché il travisamento della prova con riferimento all’omessa valutazione della sentenza di assoluzione del prevenuto dall’imputazione di omesso versamento delle ritenute ex art. 10 bis D.lgs. 74/2000 afferente al medesimo periodo.

La Suprema Corte, nell’annullare la sentenza impugnata con rinvio per un nuovo esame alla Corte di appello di Ancona, accoglie la doglianza del ricorrente relativa all’omessa valutazione della suddetta prova da parte dei Giudici di merito ed espone il consolidato principio di diritto relativo all’esclusione del dolo del reato in caso di forza maggiore.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla parte motiva della pronuncia in commento:

<Ancorché si tratti di una fattispecie criminosa diversa da quella di cui al presente giudizio, si tratta pur sempre di un reato omissivo avente ad oggetto somme di danaro, afferente allo stesso arco temporale (risultando dall’imputazione commesso il 19.12.2011) del delitto in contestazione che copre il periodo dall’ottobre 2011 all’ottobre 2012.

Avendo il Tribunale di Terni con la suddetta sentenza, passata in giudicato al momento della sua produzione in giudizio, ritenuto che l’improvvisa perdita delle commesse e degli appalti su cui la società aveva sempre fino ad allora potuto fare affidamento costituisse una causa di forza maggiore rispetto al venir meno della liquidità necessaria all’adempimento (in tal caso nei confronti dell’erario) idonea ad escludere l’elemento soggettivo del reato per avere l’imputato al contempo profuso ogni possibile sforzo economico per fronteggiare il debito, finanche esponendo la sua stessa casa di abitazione, risultata poi assoggettata a pignoramento immobiliare, si imponeva per la Corte perugina la doverosa disamina di tale pronuncia al fine di aderirvi ovvero di disattenderla, senza tuttavia creare un contrasto tra questioni similari.

Invero, l’identità del periodo interessato dalla crisi di liquidità aziendale, così come della natura dei due reati non consentiva ai giudici del gravame di ignorare la suddetta sentenza, così come è accaduto, ma richiedeva, al contrario, ove avesse ritenuto di confermare la pronuncia di condanna resa all’esito del primo grado del medesimo giudizio, una sorta di “motivazione rafforzata” volta non solo ad illustrare le linee portanti del proprio, alternativo, ragionamento, ma altresì a confutare i più rilevanti argomenti della pronuncia assolutoria, dando conto delle ragioni loro della relativa incompletezza od incoerenza, tali da giustificare le opposte conclusioni raggiunte in termini di esclusione della causa di forza maggiore>.

 

Quadro giurisprudenziale di riferimento:

Cassazione penale sez. VI, 24/06/2020, n.21218

La valenza probatoria della separata sentenza è riferita all’accertamento del fatto, mentre la diversa valutazione dello stesso non incide in modo da condizionare l’esito di un separato procedimento, così come non potrebbe dare luogo a conflitto insanabile tra giudicati.

La valenza di tale principio risulta ulteriormente confermata da quanto rilevato con riferimento ad una sentenza di applicazione della pena, essendo stato escluso che possa invocarsi contrasto di giudicati sul solo presupposto dell’intervenuta successiva sentenza di assoluzione all’esito di giudizio ordinario nei confronti del coimputato non patteggiante, diverso essendo il criterio di valutazione proprio dei due riti, di per sé tale da condurre fisiologicamente ad esiti opposti.

D’altro canto, la sentenza con cui è stata dichiarata l’estinzione del reato per esito favorevole della messa alla prova non implica un giudicato sfavorevole di virtuale colpevolezza, essendo fondata solo sulla delibazione dell’inesistenza di cause di proscioglimento, tanto che coerentemente è stato escluso che i provvedimenti in materia di messa alla prova comportino l’incompatibilità del giudice al giudizio nei confronti di eventuali coimputati.

 

Cassazione penale sez. III, 20/06/2019, n.38482

In tema di omesso versamento i.v.a., l’inadempimento della obbligazione tributaria può essere attribuito a forza maggiore solo quando derivi da fatti non imputabili all’imprenditore a cui egli non abbia potuto tempestivamente porvi rimedio per cause indipendenti dalla sua volontà e che sfuggono al suo dominio finalistico. Quindi, se l’omesso versamento è dovuto ad una libera scelta imprenditoriale, non può essere invocata la forza maggiore per escludere la sussistenza del dolo. (Fattispecie in cui l’imputato ha utilizzato il flusso finanziario derivante da una vendita sottocosto di un cespite immobiliare per far fronte alle spese correnti, invece che accantonarlo per il successivo versamento dell’imposta).

 

Cassazione penale sez. III, 13/11/2018, n.12906

Il reato di omesso versamento dell’Iva è integrato dalla scelta consapevole di omettere i versamenti dovuti, non rilevando la circostanza che la società attraversi una fase di criticità e destini risorse finanziarie per far fronte al pagamento di debiti ritenuti più urgenti, elemento che rientra nell’ordinario rischio d’impresa e che non può certamente comportare l’inadempimento dell’obbligazione contratta con l’erario. Tale elemento può rilevare come causa di forza maggiore di cui all’articolo 45 del codice penale, solo se siano assolti gli oneri di allegazione idonei a dimostrare non solo l’asserita crisi di liquidità, ma anche che detta crisi non sarebbe stata fronteggiabile tramite il ricorso ad apposite procedure da valutarsi in concreto, non ultimo il ricorso al credito bancario. L’imprenditore, quindi, deve provare, di aver posto in essere, senza successo per causa a lui non imputabile, tutte le misure (anche sfavorevoli per il proprio patrimonio personale) idonee a reperire la liquidità necessaria per adempiere il proprio debito fiscale (nella specie, l’imprenditore imputato si era limitato ad asserire l’esistenza di una pregressa crisi di impresa, senza allegare elementi idonei a dimostrare l’entità della crisi, le incolpevoli cause della stessa e l’impossibilità di superarla tramite il ricorso a idonei strumenti da valutarsi in concreto).

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA