Risponde di lesioni colpose il datore di lavoro che abbia mancato di adempiere agli obblighi di individuazione e prevenzione dei rischi nella fase di manutenzione delle attrezzature di lavoro

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 26618.2020, resa dalla IV Sezione penale della Corte di Cassazione, con la quale il Collegio del diritto, esprimendosi in merito ad un caso di lesioni colpose connesse alla violazione della normativa a tutela della sicurezza sul lavoro, richiama, facendone applicazione al caso di specie, il consolidato orientamento secondo il quale il datore di lavoro è garante della sicurezza in cantiere e come tale è gravato dell’obbligo di prevedere ed individuare i fattori di rischio inerenti all’attività lavorativa, verificando anche la idoneità delle attrezzature messe a disposizione dei lavoratori.

L’infortunio sul lavoro, il reato contestato e la doppia conforme di merito

Nel caso di specie il lavoratore, impegnato nell’estrazione di una pedana mobile dalla banchina dell’officina, nella fase di sollevamento della stessa veniva colpito al volto da una forca del carrello elevatore manovrato da un altro dipendente e riportava una frattura scomposta alla mandibola.

All’imputato, nella qualità di presidente del consiglio di amministrazione della società, era contestato il delitto di lesioni colpose commesso in violazione delle norme a tutela della sicurezza sul lavoro, segnatamente per aver omesso di individuare i rischi inerenti all’attività lavorativa, da compiere nella fase di manutenzione delle pedane e per aver mancato di adottare le misure tecniche idonee a prevenire tali rischi.

La Corte di appello di Milano confermava la sentenza con la quale il Tribunale di Busto Arsizio aveva condannato il prevenuto per il reato ascrittogli.

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

Il difensore del giudicabile proponeva ricorso per cassazione avverso la decisione resa dalla Corte territoriale, articolando tre motivi di impugnazione.

Ai fini del presente commento rivestono maggiore interesse le deduzioni relative al vizio di motivazione in ordine agli obblighi di prevenzione dei rischi gravanti sul datore di lavoro nella fase della manutenzione, nonché all’insussistenza dell’elemento psicologico in capo all’imputato, in ragione della non prevedibilità dell’evento.

La Suprema Corte, nel rigettare il ricorso, richiama i noti principi di diritto sedimentati nella giurisprudenza di legittimità in merito ai temi della posizione di garanzia rivestita dal datore di lavoro e dei profili di colpa configurabili a suo carico nei reati omissivi di evento (lesini colpose ed omicidio colposo).

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla parte motiva della pronuncia in commento:

 <Come adeguatamente rappresentato dai Giudici di merito, la fase della manutenzione delle pedane doveva essere disciplinata nel documento di valutazione dei rischi, essendo preciso obbligo del datore dì lavoro, ai sensi dell’art. 28 d.lgs. n. 81 del 2008, prevedere e indicare in modo specifico i fattori di pericolo concretamente presenti all’interno dell’azienda in relazione alle singole lavorazioni da compiersi.

In relazione a tale obbligo è del tutto ininfluente il carattere non quotidiano dell’attività di manutenzione delle pedane da operarsi presso l’officina, essendo essa afferente ad un aspetto strutturale e comunque permanente del processo lavorativo dell’azienda. Per altro verso, il fatto che il ricorrente abbia affermato di non avere avuto conoscenza della modalità rischiosa con cui erano sollevate le pedane non può costituire causa di esonero da responsabilità, incombendo sul datare di lavoro il compito di vigilare, anche mediante la nomina di un preposto, sulle modalità di svolgimento del lavoro in modo da garantire la corretta osservanza delle disposizioni atte a prevenire infortuni sul lavoro>.

<Acclarata la necessità della previsione dei rischi esistenti in relazione all’attività di manutenzione delle pedane e la doverosità dell’adozione di una procedura idonea a scongiurare tali rischi, nel caso di interventi che richiedevano lo spostamento delle pedane presso l’officina, sarebbe stato preciso obbligo del datore di lavoro mettere a disposizione dei dipendenti attrezzature adeguate in relazione ai rischi derivanti dal loro impiego [in argomento si veda Sez. 3, n, 46784 del 10/11/2011, Rv. 251620 – 01: «L’obbligo di “ridurre al minimo” il rischio di infortuni sul lavoro (art. 71, D.Lys. 9 aprile 2008, n. 81) impone al datore di lavoro di verificare e garantire la persistenza nel tempo dei requisiti di sicurezza delle attrezzature di lavoro messe a disposizione dei propri dipendenti (art. 71, D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81), non essendo sufficiente, per ritenere adempiuto l’obbligo di legge, il rilascio, da parte di un organismo certificatore munito di autorizzazione ministeriale, della certificazione di rispondenza ai requisiti essenziali di sicurezza»]. In ordine alla prevedibilità dell’evento, non può fondatamente sostenersi che il ricorrente non fosse in grado, sulla base sulla base degli elementi conoscitivi in suo possesso, di stabilire la necessità di individuare una procedura che mettesse ai riparo il lavoratore dal rischio collegato allo spostamento delle pedane. Come adeguatamente motivato dai giudici di merito, l’attività di manutenzione era necessità di costante rilevanza: un’accorta valutazione delle esigenze collegate alla fase lavorativa in questione avrebbe imposto la introduzione di procedimenti sicuri per la rimozione della pedana.

L’evento imprevedibile, quale causa di esonero della responsabilità del datore di lavoro in caso di infortunio, ai sensi dell’art. 41, comma 2, cod. .pen., secondo giurisprudenza consolidata di questa Corte, deve essere esorbitante rispetto al procedimento lavorativo e, pertanto, collocarsi al di fuori di ogni aspettativa di governo del rischio spettante al datore di lavoro>.

Quadro giurisprudenziale di riferimento:

Cassazione penale sez. IV, 15/01/2020, n.10123

In tema di prevenzione di infortuni sul lavoro, il datore di lavoro deve vigilare per impedire l’instaurazione di prassi “contra legem” foriere di pericoli per i lavoratori, con la conseguenza che, in caso di infortunio del dipendente, la condotta del datore di lavoro che abbia omesso ogni forma di sorveglianza circa la pericolosa prassi operativa instauratasi, integra il reato di omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme antinfortunistiche. (Nella fattispecie, relativa al decesso di un lavoratore colpito da una macchina escavatrice perché, in violazione dell’art. 12, comma 3, d.P.R. 7 gennaio 1956, n. 164, si trovava nel campo di azione di tale mezzo, la Corte ha annullato con rinvio la sentenza di assoluzione del datore di lavoro che aveva escluso l’obbligo giuridico del datore di lavoro di impedire la presenza dei lavoratori nello scavo, secondo la prassi instauratasi in contrasto con la legge).

 

Cassazione penale sez. IV, 20/03/2019, n.27871

In tema di infortuni sul lavoro, perché possa ritenersi che il comportamento negligente, imprudente, imperito del lavoratore, pur tenuto in esplicazione delle mansioni affidategli, costituisce concretizzazione di un “rischio eccentrico”, con esclusione della responsabilità del garante, è necessario che questi abbia posto in essere le cautele che proprio al governo del rischio di comportamento imprudente del garantito sono finalizzate. Allora, l’evento che pure si sarà verificato, potrà essere ricondotto alla negligenza del lavoratore piuttosto che al comportamento – del tutto osservante – del (non più) garante.

 

Cassazione penale sez. IV, 17/01/2017, n.10265

Non è configurabile la responsabilità ovvero la corresponsabilità del lavoratore per l’infortunio occorsogli allorquando il sistema di sicurezza approntato dal datore di lavoro presenti delle evidenti criticità, atteso che le disposizioni antinfortunistiche perseguano il fine di tutelare il lavoratore anche dagli infortuni derivanti da sua colpa, dovendo il datore di lavoro dominare ed evitare l’instaurarsi da parte degli stessi destinatari delle direttive di sicurezza di prassi di lavoro non corrette e, per tale ragione, foriere di pericoli. (Fattispecie relativa all’omessa adeguata valutazione, da parte del datore di lavoro, dei rischi di trascinamento – già manifestati in precedenza – derivanti dall’utilizzo di uno straccio per le operazioni di pulitura e rifinitura delle calzature in produzione eseguite dal lavoratore in prossimità di una macchina spazzolatrice dotata di albero rotante. In applicazione del principio, la S.C. ha escluso che il lavoratore potesse ritenersi edotto della situazione di rischio alla luce di un incidente verificatosi alcuni giorni prima).

 

Cassazione penale sez. IV, 10/03/2016, n.20129

In tema di prevenzione degli infortuni, il datore di lavoro ha l’obbligo di analizzare e individuare con il massimo grado di specificità, secondo la propria esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all’interno dell’azienda, avuto riguardo alla casistica concretamente verificabile in relazione alla singola lavorazione o all’ambiente di lavoro, e, all’esito, deve redigere e sottoporre periodicamente ad aggiornamento il documento di valutazione dei rischi previsto dall’art. 28 del D.Lgs. n. 81 del 2008, all’interno del quale è tenuto a indicare le misure precauzionali e i dispositivi di protezione adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori.

 

Cassazione penale sez. III, 10/11/2011, n.46784

L’obbligo di “ridurre al minimo” il rischio di infortuni sul lavoro (art. 71, D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81) impone al datore di lavoro di verificare e garantire la persistenza nel tempo dei requisiti di sicurezza delle attrezzature di lavoro messe a disposizione dei propri dipendenti (art. 71, D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81), non essendo sufficiente, per ritenere adempiuto l’obbligo di legge, il rilascio, da parte di un organismo certificatore munito di autorizzazione ministeriale, della certificazione di rispondenza ai requisiti essenziali di sicurezza.

 

Cassazione penale sez. IV, 23/01/2007, n.10121

In tema di infortuni sul lavoro, l’eventuale colpa concorrente dei lavoratori non può spiegare alcun effetto esimente per i soggetti aventi l’obbligo di garantire la sicurezza e che si siano resi responsabili di violazioni di prescrizioni in materia antinfortunistica. (Nella fattispecie, la Corte ha ritenuto provata la responsabilità del datore di lavoro che non aveva sufficientemente istruito il lavoratore sull’uso della macchina).

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA