Detenzione per la vendita di supporti informatici e ricettazione: la condanna per il delitto contro il patrimonio può essere evitata solo se l’imputato prova nel processo la autonoma duplicazione dei supporti audiovisivi
Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 24975.2020, resa dalla III Sezione penale della Corte di Cassazione, pronunciatasi in merito ad un caso di detenzione per la vendita di supporti magnetici in violazione del diritto d’autore e di ricettazione dei medesimi, che ha chiarito come l’astratta possibilità di operare duplicazioni abusive dei supporti magnetici (grazie alla facile reperibilità sul mercato di masterizzatori) sostenuta dalla difesa, non assume efficacia liberatoria ai fini dell’affermazione della responsabilità penale a titolo di ricettazione.
La sussistenza del delitto contro il patrimonio può, quindi, essere esclusa solo se la difesa dell’imputato alleghi la circostanza e riesca a dimostrare nel processo la effettiva, autonoma, duplicazione abusiva dei supporti audiovisivi, rispondendo del solo reato contro il diritto di autore.
Il reato contestato e il doppio giudizio di merito.
Nel caso di specie all’imputato erano contestati i delitti di detenzione per la vendita di supporti magnetici relativi a brani musicali, film e materiale pornografico in violazione del diritto di autore ex art. 171-ter, lett. d), legge n. 633 del 1941 e di ricettazione dei medesimi ex art. 648 co. 2 c.p.
La Corte di appello di Catania, riformando parzialmente, in punto di determinazione della pena, la sentenza con la quale il locale Tribunale aveva condannato il prevenuto per i reati ascrittigli.
Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto.
La difesa del giudicabile proponeva ricorso per cassazione avverso la decisione di secondo grado, articolando plurimi motivi di gravame.
Ai fini del presente commento riveste maggiore interesse la deduzione relativa alla violazione di legge in ordine al riconoscimento della responsabilità penale dell’imputato a titolo di ricettazione.
In particolare, il ricorrente, lamentava che la Corte territoriale avesse escluso che l’imputato avesse provveduto alla duplicazione dei supporti informatici, sulla base del mancato rinvenimento dei macchinari idonei a tale scopo nonostante gli stessi fossero facilmente reperibili sul mercato.
In tal modo, secondo la tesi difensiva, i giudici di merito avrebbero operato un’inversione dell’onere della prova, giungendo illegittimamente a ritenere configurato il delitto di ricettazione.
La Suprema Corte, nell’annullare la sentenza impugnata limitatamente alla sostituzione della pena detentiva, con rinvio ad altra Sezione della Corte territoriale per un nuovo giudizio, dopo aver riproposto il consolidato principio di diritto in materia di elemento psicologico del reato di ricettazione, nega che nel caso di specie si sia verificata un’inversione dell’onere probatorio e che possa attribuirsi efficacia liberatoria alla mera ed astratta possibilità di provvedere personalmente alla duplicazione abusiva dei supporti informatici.
Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla parte motiva della pronuncia in commento:
<La sentenza impugnata ha ravvisato la sussistenza del reato di ricettazione, osservando che i supporti sequestrati al ricorrente erano di quantità significativa ed erano quasi tutti diversi tra di loro, che non è stato rinvenuto alcun macchinario utile per la riproduzione degli stessi, e nemmeno supporti vergini, e che l’imputato non ha mai allegato di aver provveduto personalmente alla abusiva duplicazione. Le riferite conclusioni sono correttamente motivate, perché fondate su inferenze che non possono ritenersi manifestamente illogiche. In particolare, deve escludersi che il giudice abbia invertito indebitamente l’onere della prova a carico dell’imputato.
Costituisce, infatti, principio assolutamente consolidato nella giurisprudenza di legittimità quello secondo cui, ai fini della configurabilità del reato di ricettazione, la prova dell’elemento soggettivo può essere raggiunta da qualsiasi elemento, anche indiretto, e quindi anche dall’omessa o non attendibile indicazione della provenienza della cosa ricevuta da parte del soggetto agente (cfr., tra le tantissime, Sez. 2, n. 20193 del 19/04/2017 e Sez. 2, n. 53017 del 22/11/2016).
Per completezza, deve rilevarsi che, secondo due non recentissimi precedenti, l’ampia disponibilità a prezzi contenuti di masterizzatori e ad altri apparecchi di duplicazione non rende sostenibile la presunzione che il venditore di supporti abusivi li abbia acquistati da un terzo e non invece, lui stesso, personalmente duplicati (così Sez. 3, n. 7880 del 10/01/2012, nonché Sez. 3, n. 7879 del 10/01/2012,). Si tratta, però, di decisioni che valorizzano anche la qualifica di «esperto» nel ramo attribuita all’imputato, ed hanno ad oggetto quantitativi ridotti di supporti abusivamente duplicati (Sez. 3 n. 7880 del 2012,). Inoltre, la successiva elaborazione della giurisprudenza ha condivisibilmente sottolineato che non può attribuirsi efficacia liberatoria alla mera astratta possibilità di operare duplicazioni abusive di supporti informatici grazie alla diffusione sul mercato di masterizzatori e altri prodotti similari a prezzi ragionevolmente accessibili, in assenza di elementi specifici ai caso di specie (così, tra le tante: Sez. 3, n. 40385 del 05/07/2019; Sez. 3, n. 28380 del 17/04/2019; Sez. 3, n. 39427 del 12/06/2018; Sez. 2, n. 35188 del 22/05/2018). Ciò posto, nella vicenda in esame, come sottolineato dalla Corte d’appello, non è emerso alcun elemento favorevole alla tesi dell’abusiva duplicazione in proprio>.
Quadro giurisprudenziale di riferimento:
Cassazione penale sez. III, 05/07/2019, n.40385
In tema di delitti contro il patrimonio, integra il reato di ricettazione la detenzione di prodotti audio-video contraffatti in caso di omessa o non attendibile indicazione della provenienza delle cose ricevute. (Fattispecie di detenzione di 105 CD in assenza di rinvenimento di macchinari utili alla loro riproduzione).
Cassazione penale sez. II, 19/04/2017, n.20193
Risponde di ricettazione l’imputato, che, trovato nella disponibilità di refurtiva di qualsiasi natura, e quindi anche di telefoni cellulari, in assenza di elementi probatori indicativi della riconducibilità del possesso alla commissione del furto, non fornisca una spiegazione attendibile dell’origine del possesso. Ciò perché, ai fini della configurabilità della ricettazione, la prova dell’elemento soggettivo può essere raggiunta da qualsiasi elemento, anche indiretto, e quindi anche dall’omessa o non attendibile indicazione della provenienza della cosa ricevuta – quale che ne sia la natura, e quindi anche se si tratti di telefoni cellulari – da parte del soggetto agente.
Cassazione penale sez. II, 22/11/2016, n.53017
Ai fini della configurabilità del reato di ricettazione, la prova dell’elemento soggettivo può essere raggiunta da qualsiasi elemento, anche indiretto, e quindi anche dall’omessa o non attendibile indicazione della provenienza della cosa ricevuta da parte del soggetto agente. (In motivazione, la S. C. ha precisato che ciò non costituisce una deroga ai principi in tema di onere della prova, e nemmeno un “vulnus” alle guarentigie difensive, in quanto è la stessa struttura della fattispecie incriminatrice che richiede, ai fini dell’indagine sulla consapevolezza circa la provenienza illecita della “res”, il necessario accertamento sulle modalità acquisitive della stessa).
Cassazione penale sez. III, 10/01/2012, n.7880
Ai fini della configurabilità, in capo a colui che detenga per la vendita prodotti contraffatti (nella specie supporti audiovisivi illecitamente riprodotti), del reato di ricettazione, è necessario che la contraffazione sia opera di terzi. (In motivazione la Corte, annullando senza rinvio la sentenza che aveva condannato l’imputato sulla base della sola contumacia dello stesso, ha precisato che l’ampia disponibilità a prezzi contenuti di masterizzatori e ad altri apparecchi di duplicazione non rende sostenibile la presunzione che il venditore di supporti abusivi li abbia acquistati da un terzo e non invece, lui stesso, personalmente duplicati).
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